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L'attività propedeutica alla difesa in udienza

Alla porta dell'avvocato Cicero bussa il signor Innocenti: ieri mattina l'ufficiale giudiziario gli ha notificato un decreto, che lo convoca davanti al tribunale di Genova, per rispondere del reato di rapina.

  1. “Ma lei non ha mai saputo nulla del processo?” - gli domanda l'avvocato.

  2. “Nulla” – risponde il cliente.

“Strano” - dice l'avvocato, esaminando l'atto notificato al cliente, che é il decreto con cui il GIP (Giudice dell'udienza preliminare) ha disposto il giudizio (vedi co. 1 art. 425 e art. 429) - “E la richiesta del pubblico ministero (p.m., d'ora in poi) e l'avviso davanti al GIP non le sono mai stati prima notificati?!1 Domani andrò in cancelleria per vedere come stanno le cose”. E congeda il cliente, senza null'altro domandargli. Sì, perché é inutile ch'egli si metta a interrogarlo, fino a che non conosce gli elementi dell'accusa; e questi, da che altro possono risultargli se non dalla attenta lettura dei fascicoli processuali?

Però, attento avvocato! Quando giunto a Palazzo di Giustizia, domanderai di vedere le carte processuali, la prima cosa che ti sentirai chiedere sarà: “La sua nomina risulta già agli atti?”. E sì, perché il dibattimento é pubblico, ma le carte processuali, no, non tutti possono consultarle: il tal dei tali solo perché avvocato non le può, le possono solo consultare il difensore e le parti (vedi artt. 466 e 431 co.2)2.

Dunque, carta e penna, e l'avvocato si fa fare dal cliente una bella “nomina a difensore”, ne fa una fotocopia e si mette l'atto e la sua fotocopia in cartella (insieme al codice!): egli stesso, l'indomani, consegnerà la “nomina” al cancelliere3.

L'indomani il nostro bravo avvocato Cicero se ne va a Palazzo di Giustizia per vedere l'incartamento processuale; anzi, gli “incartamenti processuali”, dato che i fascicoli da vedere sono due: il “fascicolo per il dibattimento”, che si trova presso la cancelleria del tribunale4, e il fascicolo del pubblico ministero, che si trova presso la segreteria della procura5.

Giunto a Palazzo di Giustizia, il nostro bravo avvocato Cicero dove dirigerà i suoi primi passi? Verso la cancelleria del tribunale. Sì, perché é lì che deve consegnare quella “nomina a difensore”, che lo legittima a prendere visione degli incartamenti6.

Peraltro la sua sosta nella cancelleria del tribunale é molto breve: il tempo di consegnare la nomina al cancelliere7 e di dare una rapida occhiata al “fascicolo per il dibattimento”. Rapida occhiata, si ripete, in quanto sono molto pochi gli elementi che questo fascicolo gli dà, che non gli possa dare anche quello del p.m.; se non altro perché il p.m. ha di solito cura di farsi fotocopia della documentazione, di cui verrà spogliato al momento della formazione (v. art. 431) del primo fascicolo (idest, del “fascicolo per il dibattimento”)8. Quel che, in fondo, il “fascicolo per il dibattimento” dà al difensore, in più rispetto a quello che già gli dà il fascicolo del pubblico ministero” é la relazione di notifica del decreto di citazione e il corpo del reato.

Tentare di vedere quest'ultimo é, però - a meno che non si tratti di cosa poco voluminosa (come, ad esempio, una patente falsificata) - un'impresa del tutto improba per il difensore. Infatti di solito esso viene tenuto in una stanza ad hoc – stanza posta, sì, nello stesso Palazzo di Giustizia, ma, spesso e volentieri, lungi da quella in cui si trova il cancelliere, per cui questo ben poca voglia ha di accedervi. Uscito dalla cancelleria, l'avvocato Cicero volge i suoi passi verso i locali della Procura della Repubblica. Individuato l'ufficio in cui i fascicoli sono custoditi, dà il giorno dell'udienza e il nome dell'imputato al segretario addetto (e se questo é persona diffidente che vuol sapere se risulta difensore – ma é raro che ciò sia – gli dà la fotocopia della “nomina”, che si é portata prudentemente dietro). Ricevuto il fascicolo9, il bravo avvocato Cicero (bravo, perché non tutti i difensori, ahimé! si leggono gli atti prima dell'udienza) cerca di trovare un angolo silenzioso della segreteria in cui sgranocchiarselo (ma tale angolo silenzioso raramente lo trova: ecco perché i penalisti quando possono si fanno copie almeno degli atti più importanti, nel fascicolo, contenuti)10.

Dunque l'avvocato Cicero, solerte e diligente difensore, si é letto il fascicolo processuale, ha parlato col cliente, ha meditato bene sopra quel che ha letto nel fascicolo e ha saputo dal cliente e...ha elaborato il teorema difensivo. A questo punto può permettersi il lusso di disinteressarsi della causa fino al giorno dell'udienza (in cui comparirà davanti al giudice per sostenere le sue tesi più o meno brillanti)? Sì, se non intende produrre nessuna prova o solo prove documentali; no, invece, se intende introdurre prove “personali” (cioé prove date dalle dichiarazioni di testi, di “imputati in procedimenti connessi”, di consulenti,....). In questa seconda ipotesi il codice gli impone (art. 468) l'onere di dichiarare, un certo numero di giorni prima dell'udienza, le circostanze su cui, tali prove, verteranno.

Si tratta dell'istituto della discovery. Perché il legislatore impone questa dscovery delle prove? Perché ogni parte in causa ha diritto di contraddire le tesi avversarie, e naturalmente, di contraddirle, non solo con argomentazioni, ma con delle prove. Ora per fare questo le occorre del tempo: se il p.m. sostiene che l'imputato il 3 gennaio era a Genova (intento a versare della stricnina nel café della moglie) e io, difensore, voglio provare che invece era ad Acapulco (a fare i bagni di mare), dovrò, prima di tutto, guardarmi attorno per vedere se ci sono, di ciò, delle prove (“Ma chi potrebbe testimoniare che l'imputato era ad Acapulco? quel Rossi con cui egli ebbe a cenare?...”) e, in secondo luogo, trovatele, dovrò portarle nel processo (contattare il teste Rossi avvisandolo che deve comparire all'udienza tal dei tali, ecc.ecc.): per tutto questo, ben s'intende, mi occorre del tempo. Tempo che, se un legislatore vuole essere rispettoso del principio del contraddittorio, non può negare; ma che non può neanche concedere nel corso dell'istruttoria dibattimentale, se vuole perseguire lo scopo (ambizioso) di concentrarla in un'unica udienza (evitando i nefasti rinvii delle cause) o almeno ottenere che tutti le prove “personali” ex hinc et inde dedotte su una questione di fatto, tutte insieme siano escusse. Come risolvere il dilemma? Con l'imposizione della discovery delle prove e particolarmente del thema probandum11 prima ancora che il “dibattimento” abbia inizio. Ecco perché il nostro avvocato Cicero, se vuole dedurre delle prove “personali”12, dovrà presentare la “lista” di cui all'art. 468” e dovrà presentarla almeno sette giorni prima della data fissata per il dibattimento13. Ma tanto gli basterà? Sì, se é sicuro che le persone indicate nella lista (i testi, i consulenti, il perito...) compariranno davanti al giudice spontaneamente, ma, se di ciò ha qualche dubbio, gli converrà chiedere l'ausilio della forza dello Stato (per costringerle a comparire): chiedere, cioé, al presidente – preferibilmente nel contesto stesso della “lista” - l'autorizzazione a citarle (in nome dello Stato).
Tutto bene, ma in pratica come deve fare l'avvocato per dare attuazione agli incombenti di cui lo grava l'articolo 468?
Prima cosa, deve (naturalmente) redigere (su carta semplice) la lista (vedi “formulario”) Fatto questo deve recarsi nella cancelleria del giudice che procede (tribunale....) e lì depositare la lista (facendo bene attenzione che il cancelliere vi apponga il “depositato”, con relativa data). Lasciato passare il presumibile tempo occorrente al giudice per rilasciare la autorizzazione alla citazione (se, come di solito accade, l'autorizzazione, di cui al comma 2 art.468, ha chiesta), deve tornare in cancelleria per verificare il suo effettivo rilascio. Se la verifica ha esito positivo deve redigere l'atto di citazione del teste (del consulente....), farne copie e...decidere se effettuare la sua notifica ai sensi dell'articolo 152 o tramite ufficiale giudiziario.

Fatto tutto questo, all'avvocato Cicero, non resta veramente altro che recarsi all'udienza (con la prova dell'avvenuta notifica dell'atto di citazione di cui ora si é detto e...il codice) per partecipare al dibattimento.

1E infatti la “richiesta di rinvio a giudizio” ancorché emessa dal p.m. viene notificata dal GIP (insieme all'avviso della data dell'udienza preliminare) - co. 1 art. 419. Invece il decreto di rinvio a giudizio, emesso dal GIP (art. 429) al termine dell'udienza preliminare (co. 1 art. 424), non viene notificato all'imputato, a meno che egli non sia comparso all'udienza (v. meglio co. 4 art. 429). Il decreto di citazione invece verrà sempre notificato in caso di giudizio immediato (e a ciò provvede il GIP ai sensi co. co.3 art, 456) e di giudizio diretto (e a ciò provvede il p.m. stesso ai sensi del co. 3 art.552)

2E se un avvocato difende una parte offesa non ancora costituita parte civile (e si tenga presente che, di solito, le costituzioni si fanno all'udienza), avrà egli diritto di consultare il fascicolo? Sì, risponde Alfonso Chiliberti (in, Azione civile e processo penale, Giuffrè, 1993, p.233), trovando giusto che sia consentito alla parte offesa di di valutare “previo esame del fascicolo” “l'opportunità di una costituzione” e rilevando che tale interpretazione (ancorché estensiva del significato letterale della legge, vedi l'art. 466) si armonizza con l'art. 131 disp. att. (che dà facoltà – non solo alle “parti” - ma anche alla parte offesa e al suo difensore, di consultare il fascicolo processuale “durante il termine per comparire e fino alla conclusione dell'udienza preliminare”).

E, conforme all'opinione espressa dal Chiliberti, é la prassi formatasi nelle nostre aule di giustizia.

Di più, non é raro il caso che un giudice addirittura autorizzi (ai sensi dell'art. 468 co.2) la citazione di testi da parte della “costituenda parte civile” (anche se lo strappo alla legge qui é evidente: l'art. 79 nel suo terzo comma stabilisce che “se la costituzione avviene dopo la scadenza del termine previsto dall'art. 468 comma 1, la parte civile non può avvalersi della facoltà di presentare le liste dei testimoni, periti o consulenti tecnici” e da ciò facilmente si argomenta che la p.o. fino a che non si é costituita parte civile non può presentare nessuna “lista”).

3E infatti per il co. 2 art. 96 la “nomina”, oltre che essere spedita per raccomandata, può essere “consegnata” dal difensore; o anche da persona da lui delegata. In questo secondo caso il cancelliere pretende che la delega risulti da atto scritto? No, se il delegato é un collega di studio, un praticante o, anche, la segretaria del difensore.

4A farlo pervenire lì avrà pensato il cancelliere del GIP; ciò in ossequio all'art. 432, secondo il quale, appunto, “il decreto che dispone il giudizio é trasmesso senza ritardo, con il fascicolo previsto dall'art. 431 (….) alla cancelleria del giudice competente per il giudizio”. Sul fascicolo di cui all'art. 431 diremo tra poco. Disposizione analoga a quella dell'art. 432 é contenuta, per il giudizio immediato, nel nell'art. 457 e, per il giudizio diretto, nell'art. 553.

5Sul contenuto del fascicolo del p.m. vedi l'art. 433 comma 1 e, andando a ritroso (nella procedura), l'art. 416 comma 2 e l'art. 373 comma 5.

6Infatti l'art. 96 (vedi il suo secondo comma) vuole che la nomina sia consegnata “all'autorità procedente” e questa, una volta che il GIP ha emesso il decreto di citazione, é il tribunale (anche, si badi, qualora non gli siano stati ancora spediti gli atti dalla cancelleria del GIP).

7Il quale, non é obbligato a rilasciare ricevuta (arg. a contrario ex art. 582 comma 1, che impone, invece, al cancelliere di rilasciare “se richiesto, attestazione della ricezione” dell'atto di impugnazione).

8I documenti che vengono inseriti nel “fascicolo del dibattimento” risulteranno allo studioso dalla lettura del già citato articolo 431. Stabilire se un dato atto deve essere inserito, o no, nel “fascicolo per il dibattimento” é cosa importante dato che il giudice del dibattimento, mentre può far dare lettura degli atti contenuti nel fascicolo del p.m. solo a richiesta di parte e in presenza di certi presupposti (vedi artt. 512, 512bis, 513), invece, per l'art. 511. co. 1., può “anche d'ufficio, disporre che sia data lettura, integrale o parziale degli atti contenuti nel fascicolo per il dibattimento”. Per tale sua delicatezza la formazione del fascicolo di parte é rimessa al GIP (solo nel giudizio diretto é rimessa al p.m.).

Come risulta dal già citato art. 431 nel fascicolo per il dibattimento c'é assai poco. E ciò non é senza ragione: volendo il legislatore impedire che la “decisione finale del giudice (possa formarsi) in un momento precedente al dibattimento” gli ha “inibita la preventiva conoscenza degli atti del procedimento già acquisiti nella fase delle indagini preliminari e contenuti nel fascicolo del pubblico ministero” (così, E. Turel – G. Buonocore, in Il nuovo rito penale, ed. Missio, 1989, p.408).

9Ma il fascicolo processuale. Oltre che dal difensore, deve essere letto anche dal “sostituto” che dovrà rappresentare il Procuratore della Repubblica in uidenza. Ora può capitare (anzi, capita spessissimo) che il difensore, recatosi nella segreteria della Procura, si senta dire (specie se per far ciò ha aspettato proprio la vigilia dell'udienza) che il fascicolo se l'é portato via il dottor tal dei tali (idest, il sostituto). Quid iuris? Noi crediamo che, tra i due contendenti, il sostituto-procuratore e il difensore, é il secondo che dovrebbe prevalere ed essere posto in grado di consultare il fascicolo: forse che il sostituto non può fare ciò anche fuori dell'orario di segreteria? In tal senso, sotto il vecchio codice, era la Corte di cassazione (Sez. III, 18 dicembre 1958, in Giust. Pen. 1959, II, col. 222). Inutile dire però che nella prassi é tutto il contrario che accade: il facsicolo se l'é preso il p.m.? Pazienza....si tornerà a leggerlo un'altra volta.

10E infatti il difensore ha diritto a ottenere copia sia degli atti contenuti nel fascicolo per il dibattimento sia di quelli contenuti nel fascicolo del p.m. (fatta eccezione per i documenti oggetto di sequestro – su questo punto vedi l'insegnamento, dato da G. Sabatini, in Il codice di procedura penale illustrato art. per art. sotto la guida di U. Conti, Milano 1937, p.41, sotto il vecchio codice, ma da ritenersi valido anche per il nuovo). Lo studioso deve però sapere che richiedere copia di un atto ha un costo (che va pagato con marche giudiziarie da comprarsi da una rivendita di valori bollati). Costo diverso, a seconda che le copie si richiedano con “la urgenza” (cioé si richieda che la copia sia subito rilasciata) o “senza urgenza” (cioé accettando che la copia venga rilasciata tre o più giorni dopo la richiesta). Diverso é ancora il costo, a seconda che la copia la si voglia con la dichiarazione di conformità all'originale oppure “ad uso studio”.

11Ciò che avviene con il deposito della “lista” previsto dall'art. 468.

Naturalmente perché il deposito della lista consenta effettivamente la contro-prova, occorre che il thema probandum non sia indicato in maniera generica. Sul livello di specificità che deve pretendersi, v. Riviello (in Liste testimoniali ed indicazione di circostanze per l'esame, in Giust. Pen. 1993, III.c. 178 ss).

Vero é anche, però, che un eccesso di specificità del thema probandum contrasta con le esigenze della cross-examination, che deve, per la sua efficacia, puntare sull'elemento sorpresa.

Il primo comma dell'art. 468 impone espressamente solo di indicare nella “lista” le circostanze su cui i testi (i consulenti...) dovranno essere esaminati. In realtà l'indicazione dei testi (dei consulenti....) é indirettamente resa necessaria dal fatto che per il comma 3 solo “i testimoni e i consulenti tecnici indicati nella liste possono essere presentati direttamente al dibattimento” Cosa per cui, tu, avvocato, se non indichi nella lista quel dato teste, non potrai giovarti della sua testimonianza, in quanto non potrai portarlo direttamente al dibattimento e, ciò che é lapalissiano, non potrai essere autorizzato a citarlo per il dibattimento.

12Il legislatore non impone la indicazione, nella “lista”, delle prove documentali che la parte intende produrre; eppure anche sul thema probandum di un documento la controparte potrebbe avere delle prove da produrre e la cui produzione richiede del tempo. Per spiegarsi la cosa si può pensare che il legislatore, per escludere che i documenti debbano essere indicati nella lista, si sia basato, da una parte, sul fatto che la loro controprova di solito (ma non sempre!) é costituita da altri documenti e, dall'altra parte, sulla considerazione che di solito (ma non sempre!) tali altri documenti sono nella pronta disponibilità della contro-parte. E che l'idea del legislatore fosse di imporre la indicazione nella lista di tutte le prove la cui controprova si realizza con la deduzione di testi (più in generale, con la deduzione di prove consistenti nell'esame di persone) sembrerebbe confermato dal fatto che, alla regola che le prove documentali non vanno indicate nella lista, il legislatore fa eccezione (nel co. 4bis) per quelle prove documentali che sono costituite dai “verbali di prova di altro procedimento penale” (probabilmente partendo dal presupposto, a dir il vero erroneo, che tali “verbali di prova” raccolgano sempre prove testimoniali, quindi prove che vanno contrastate con la deduzione di altre prove personali).

13E se la parte non indica le sue prove nel termine imposto dall'articolo 468 (addirittura le indica solo al momento contemplato dall'articolo 493, non per la indicazione, ma per la richiesta di ammissione delle prove)? Niente paura, in tal caso il co.2 art. 493 ammette “l'acquisizione” di tali prove indicate tardivamente, basta che la parte dimostri (non di essere stata nell'impossibilità di indicarle nel termine di cui all'art.468, ma semplicemente) “di non averle potute indicare tempestivamente” (il che fa pensare che anche la semplice difficoltà a rispettare il termine di legge – dovuta ad esempio a un viaggio all'estero a cui il difensore sia stato costretto - basti a giustificare e a sanare il ritardo).

Con tutto ciò l'ammissione della prova (tardiva) dipende pur sempre, se non dalla discrezionalità, da una valutazione inevitabilmente soggettiva del giudice, cosa per cui diventa lecita la domanda se sia giusto che anche su chi deduce una controprova penda la spada di Damocle di una valutazione negativa del giudice sulla difficoltà di dedurla, valutazione negativa che impedirebbe l'accettazione della prova (ancorché, risultasse la sua ammissibilità “a norma di quegli articoli 190 comma 1 e 190bis” a cui si riferisce il co. 1 art. 195). A tale domanda a noi pare che si debba dare risposta negativa: chi vuol dedurre una controprova, potrà farlo anche all'udienza dibattimentale e in quel momento che di per sé, dall'art.493, sarebbe riservato alla richiesta della prova - questo senza necessità di domandare di essere rimesso nei termini ai sensi del co.2 art. 493 (e nulla rilevando che la lista in cui era indicata la prova avversa fosse depositata sette o settanta giorni prima dell'udienza dibattimentale). Chiaro però, che inevitabilmente egli (idest, chi vuole dedurre la controprova) dovrà chiedere un termine (per la controdeduzione), nel caso la prova avversa, fosse dedotta solo all'udienza (come può ben accadere quando si tratti di prova documentale).

Ma tale esenzione del termine di cui all'art 468 sussiste anche quando la controprova riguarda “circostanze non indicate nelle liste” (ad esempio il p.m. tende a provare che l'imputato il 15 febbraio in quel di Milano uccise Pinco Pallino e l'imputato vuole dedurre in controprova che l'imputato il 15 febbraio si trovava, non a Milano, ma a Buenos Aires)? Noi riteniamo che così sia giusto e logico, tuttavia porta a dubitare che il legislatore alla logica si sia conformato il co. 4 art. 468.

La parte offesa é legittimata a depositare una “lista”? Sì, dato che l'art.90 la legittima a indicare elementi di prova. Però non é legittima alla richiesta di prove di cui all'art. 493. La parte civile che si costituisce dopo che é già scaduto il termine di cui all'art. 468 non può depositare la “lista”; però potrebbe chiedere l'ammissione delle prove indicate nella lista che lei avesse depositata nella sua qualità di parte offesa. Questo l'insegnamento della Corte di Cassazione. In base a tale insegnamento la parte offesa, che ha in programma di costituirsi parte civile solo all'udienza dibattimentale, dovrà avere l'avvertenza di depositare la lista in termini.
Un'ultima notazione: quando una parte vuole escutere come teste la parte offesa deve indicare questa come teste nella lista. Non la esime da ciò, il fatto che la parte offesa sia contemplata nel decreto di citazione e che questo sia a lei notificato. Vedi anche quanto detto nelle successive note 27 e 41.