Enciclopedia giuridica del praticante

 

I libri tratti da facebook

Servitù prediali

Poniamo che Caio, proprietario di una fabbrica di vasi di terracotta, abbia bisogno dell’argilla che si trova nel fondo di Sempronio. Egli può, (A) accontentarsi di stipulare con Sempronio un contratto da cui derivi, da una parte, per lui, il diritto (diritto di credito) a prendere l’argilla e, dall’altra, per Sempronio, e solo per Sempronio (non per l’eventuale suo avente causa Mevio) un obbligo di tollerare ciò; oppure può aspirare (B) a un contratto da cui derivi, per lui, il diritto (diritto reale) di prendere l’argilla e, non solo per Sempronio, ma anche per l’eventuale suo avente causa, Mevio, l’obbligo di tollerare ciò.
Noi in questa lezione andremo a studiare gli elementi che il legislatore prende in considerazione per decidere, se concedere a Caio il diritto reale di cui sub B.
E prenderemo come punto di partenza, per le nostre riflessioni e il nostro studio, l’articolo 1027, in cui il legislatore detta le condizioni a che si possa ritenere un diritto reale di servitù, e che recita: “La servitù prediale consiste nel peso imposto sopra un fondo per l’utilità di un altro fondo appartenente a diverso proprietario”.
Prendendo come base il dictum dell’articolo 1027, possiamo dire che le condizioni necessarie, a che il legislatore riconosca un diritto reale di servitù, sono le seguenti:

I- Prima condizione: Nel suo lato attivo, le servitù deve consistere nel potere dato a Caio (così, d’ora in poi, ci riferiremo al titolare di una servitù) di cogliere una “utilità” (ad esempio, la possibilità di arricchire di acqua il suo fondo troppo arido) esercitando una o più facoltà (ad esempio, la facoltà di porre le tubazioni di un acquedotto sul terreno di Sempronio ….)1, rientranti di per sè nel diritto di proprietà2 di Sempronio (con tal nome d’ora in poi ci riferiremo al soggetto passivo di una servitù). Nel suo lato passivo, la servitù deve consistere in un obbligo di Sempronio, ma in un obbligo che deve limitarsi a un pati (consistente, nell’esempio prima fatto, nel tollerare che Caio metta le tubazioni) o in un non facere (ad esempio, nell’astenersi di edificare costruzioni nel suo terreno). E’ escluso che l’obbligo di Sempronio possa consistere in un facere (come potrebbe essere la manutenzione delle tubature dell’acquedotto). Perché questo? Perché qualora Sempronio trasferisse la proprietà del suo fondo B (d’ora in poi indicheremo con la lettera B il “fondo servente” e con la lettera A quello “dominante”), con ciò stesso trasferirebbe (dato il carattere “reale” della servitù) tale obbligo su Mevio (d’ora in poi così ci riferiremo all’avente causa del proprietario del fondo servente). Ora, mentre è ammissibile gravare Mevio, l’avente causa, di un obbligo di pati o di non facere, sarebbe eccessivo gravarlo di un obbligo di un facere; perché? perché tutti sono capaci a “non fare”, ma non tutti sono capaci o hanno il tempo e la possibilità di fare un dato lavoro, nell’esempio, Sempronio potrebbe essere capace di aggiustare una tubazione e Mevio, no).

II- Seconda condizione: l’utilità colta da Caio (esercitando le facoltà da lui ricevute da Sempronio) deve rivelarsi tale, in quanto Caio è proprietario di un (altro) immobile e l’utilità costituisce di questo immobile un arricchimento (per esempio, perché, rendendolo fertile, ne aumenta la produttività, o, altro esempio, perché, evitando che la sua vista sia ostacolata da costruzioni, ne rende più piacevole il soggiorno….). Se, invece, la servitù desse a Caio un’utilità a prescindere dal suo possesso di altro fondo (si pensi, al caso in cui desse solo il diritto di fare equitazione o di fare dei pic-nic sul fondo di Sempronio), non sarebbe…… un diritto di servitù prediale (e probabilmente non potrebbe neanche considerarsi un diritto di usufrutto, dato che questo pretende un diritto esclusivo sulla res, e non, diciamo così, la coabitazione di due diritti: io Caio ho diritto di passeggiare sul fondo di Caio, ma anche questi ha diritto di passeggiarvi): potrebbe essere considerata solo un qualsiasi diritto di credito3.
Che, l’utilità colta da Caio, debba risolversi nell’ arricchimento di un bene immobile (per il concetto di bene immobile, vedi l’art. 812), e non di un bene mobile, risulta dal fatto che il legislatore, nell’art. 1027, riferisce l’utilità, che deriva dal “peso” sul fondo servente, a “un altro fondo appartenente a diverso proprietario” – fondo che però, e va chiarito, può essere sia un fondo agricolo (un campo) sia un fondo edilizio (un appartamento).
Con tutto ciò non si deve credere, che, in teoria, non possa concepirsi una servitù a favore di una cosa mobile; lo si potrebbe benissimo (si pensi al diritto del proprietario di un “camper” di parcheggiarlo sul fondo altrui). Sui motivi che portano, invece, ad escludere, che una servitù possa essere costituita a favore di una cosa mobile, diremo in seguito.

III- Terza condizione- Le facoltà (concesse da Sempronio a Caio)4 debbono, in perfetta simmetria con quanto detto sub II, espletarsi su un immobile; che, però, anche qui, non deve necessariamente essere un fondo agricolo (un campo), ma potrebbe anche essere un fondo edilizio (un appartamento). Questa condizione risulta chiaramente dal fatto che il legislatore, nell’art. 1027, parla dell’aspetto passivo della servitù come di un “peso imposto sopra un fondo”5. Quindi è escluso che una servitù possa avere ad oggetto un bene mobile; cosa, però, che in teoria sarebbe anche possibile: si pensi al diritto di Caio di usare la trebbiatrice di Sempronio per fare la pulitura del grano nel suo campo, si pensi al diritto di Caio di mungere e portarsi via il latte di una mucca della stalla di Sempronio. Il perché di tale esclusione lo vedremo in seguito

IV- Quarta condizione: l’obbligo di Sempronio, si trasferisce, con il trasferimento della proprietà del fondo B, a Mevio (il suo avente causa); e, mutatis mutandis, avviene lo stesso per il diritto di Caio. Ciò risulta dal fatto stesso che il legislatore parli, nell’articolo 1027, di “peso imposto sopra un fondo” per l’utilità “di un altro fondo”: così facendo il legislatore usa, senza dubbio, espressioni improprie, ma le usa con tutta evidenza per far capire che il “peso” e l’utilità”, non vanno solo riferiti a coloro che risultavano proprietari al momento in cui la servitù è sorta, ma anche ai loro aventi causa.

V. Quinta condizione: l’utilità che riceve il fondo dominante dal “peso” imposto a quello servente, non deve essere una utilità qualunque, ma rientrare in certi tipi di utilità (che subito diremo). E con ciò tocchiamo il punto più importante di tutta la problematica sulle servitù. E’ chiaro che non tutte le utilità, che il fondo dominante potrebbe ricavare da un peso imposto al fondo servente, potrebbero giustificare il grave vulnus ai principi (in particolare a quello espresso dal capoverso dell’art. 1372), che si ha ammettendo che, il contratto tra Caio e Sempronio (costitutivo di una servitù), possa pregiudicare un terzo, Mevio.
E’ chiaro che occorre fare una selezione, ed è chiaro che si può ritenere che giustifichino il vulnus, di cui sopra, solo quelle utilità del privato, che corrispondono ad un interesse generale: in breve, solo quelle utilità che determinano un aumento della ricchezza nazionale. Però tenendo presente che questa ricchezza la si aumenta, non solo aumentando la produttività di nuovi beni (come sarebbe, ad esempio, quando l’acqua presa dal fondo B di Sempronio servisse ad aumentare la fertilità e quindi la produttività del fondo A di Caio), ma anche quando si aumentano le utilità, che danno i vari beni costituenti la ricchezza nazionale (così come quando, ad esempio, l’acqua presa dal fondo di Sempronio servisse a rendere più piacevole il soggiorno estivo che Caio vi fa, evitandogli il tormento della sete o dandogli la possibilità di rinfrescarsi con una doccia fresca, quando gli pare e piace)6. Ma certo anche su questo secondo tipo di “utilità” – i commoda a cui alludevano gli antichi giuriconsulti - va fatta una selezione.
Veniamo al dunque: sottraendosi il legislatore al compito di darci i criteri in base a cui selezionare le “utilità-sì” dalle “utilità-no”7; noi riteniamo che siano “uitlità-sì” quelle che corrispondono a una dei due seguenti requisiti.

I- Primo requisito: l’apprezzamento di Caio per la “utilità” (meglio, per quel tipo di utilità), deve essere condiviso da un numero apprezzabile di persone. Si tratta di un criterio, che é in sintonia e condivide la ratio, con quello espresso dall’articolo 1174, almeno come noi l’abbiamo interpretato.
Certo, come quello espresso dall’articolo 1174, il criterio qui proposto è decisamente vago. Per renderlo utilizzabile, pertanto, proponiamo di sostituirlo con un criterio empirico, ma di più facile applicazione: si ha “utilità-si” quando essa determina nel mercato una maggiorazione del prezzo dell’immobile. Pertanto, non sarà considerata “utilità-si” quella di potersi fare una partita di calcio nel fondo servente, perché tale utilità ben difficilmente sarebbe apprezzata da tante persone, da far aumentare nel mercato il prezzo di vendita dell’immobile8. Sarà invece considerata una “utilità-si”, quella di poter giungere, in auto, dalla strada pubblica al fondo (dominante), attraverso il fondo (servente) di Sempronio9.

II- Secondo requisito: l’utilità (ricavabile dal peso imposto al fondo servente) consente un aumento della produttività del fondo dominante. Questo requisito integra quello precedente sub I e rileva – non tanto nei casi in cui il fondo dominante è agricolo (anche se è addirittura frequente che una servitù aumenti la produttività di un fondo agricolo)10 - ma quando il fondo ospita una industria. Ma si può costituire una servitù la cui utilità si riveli solo perché il fondo ospita un’industria e in quanto permette, di tale industria, il funzionamento? Poniamoci in in un caso concreto: può Caio, che intende installare una fabbrica di vasi di argilla sul suo fondo, costituire una servitù di prendere argilla dal fondo di Sempronio?
Certo, lo può. E poco importa che l’esistenza di tale servitù non faccia aumentare il prezzo di vendita del fondo di Caio (e non lo fa aumentare, dato che tale servitù si rivelerebbe utile solo per chi, rarissima avis, fosse come Caio proprietario di una fabbrica di vasi di argilla)11. Quel che importa è che tale servitù produce un aumento della ricchezza nazionale. E qui, per non far perdere la linearità del nostro discorso con una troppo lunga disgressione, rinviamo alla nota dodici12
A questo punto, detti i requisiti positivi che deve avere la “utilità”, per giustificare il peso imposto al fondo servente (meglio, il carattere “reale” del diritto di servitù, con il conseguente obbligo di rispettarla anche per gli aventi causa di Sempronio), dobbiamo aggiungere un requisito negativo, che è il seguente: l’utilità deve essere tale, da non poter essere acquisita da Caio, se non imponendo un “peso” al fondo di Sempronio.
In altre parole, l’imposizione di un “peso” sul fondo di Sempronio e quindi, quel che più conta, l’imposizione di un obbligo di rispettare la servitù sull’eventuale acquirente del fondo di Sempronio, Mevio, dev’essere una extrema ratio: pertanto, quando vi è una ragionevole probabilità che Caio trovi, in altro modo che costituendo la servitù, la utilità che cerca, la servitù va negata (anche nei casi in cui Sempronio sarebbe ben disponibile a concederla, dato che quello che qui è in gioco, non è l’obbligo che deriverebbe a Sempronio dalla servitù, ma quello che verrebbe a gravare, Mevio, il suo avente causa). Ciò spiega perché di massima una servitù abbia ragione di essere costituita solo tra fondi finitimi13. E infatti, più aumenta la lontananza del fondo di Caio da quello di Sempronio, più è ragionevole pensare, che Caio possa trovare l’utilità, che gli dà il fondo di Sempronio, bussando alla porta di proprietari di fondi più vicini. Esempio: Caio, che ha necessità di procurarsi dell’argilla, stipula un contratto, che nei suoi pensieri, dovrebbe essere costitutivo di una servitù di cavare argilla, nel fondo B di Sempronio, che sta lontano da lui cento chilometri, ma che gli fa prezzi vantaggiosi (“Non cento, ma settanta a quintale da me pagherai l’argilla” gli ha detto). Sì, ma non sarebbe ragionevole pensare, che Caio – qualora gli venisse a mancare la possibilità di cavare dal fondo di Sempronio l’argilla, perché il fondo B è stato venduto a Mevio, che l’argilla vuole usarla per sè - potrebbe facilmente trovare altro fondo, anche più vicino, disposto a lasciargliela cavare? Forse solo a un prezzo maggiorato. Ma questo che rileverebbe? è forse giusto far gravare su Mevio un obbligo assunto, non da lui, ma da un terzo, il suo dante causa, solo per evitare a Caio di tirar fuori qualche soldo in più dal suo portafoglio? La risposta deve essere, no; ed in base a tale risposta, la servitù va negata.

Ed é probabilmente in base a considerazioni analoghe a quelle ora fatte, che il legislatore non ammette la costituzione di servitù a favore o contro cose mobili. E infatti, è difficile pensare che, se Mevio, succeduto a Sempronio nella proprietà del fondo B, rifiuta a Caio quella trebbiatrice, che invece Sempronio gli dava, Caio non riesca a trovare altra persona, che gli dia una trebbiatrice. Non la troverà, a due passi dal suo fondo, come prima, ma certamente la troverà; e se la troverà lontano, poco male, la trebbiatrice ha le ruote e un motore e senza difficoltà arriverà, per rendere i suoi preziosi servigi, nel campo di Caio.

Facciamo ora un esempio un po' diverso da quelli ora fatti, ma sempre per dimostrare, che la costituzione di una servitù deve essere una extrema ratio, in altre parole, una soluzione da evitare ogniqualvolta Caio potrebbe trovare l’utilità cercata in modi diversi (dalla costituzione di una servitù); veniamo all’esempio: Caio è titolare di una rivendita di libri e vorrebbe stipulare con Sempronio, che ha la casa vicino alla sua rivendita, un contratto che fosse costitutivo di questa servitù: tu, Sempronio, e i tuoi eventuali aventi causa, sarete obbligati a tollerare un cartello che pubblicizzi la mia rivendita e io vi darò tot: ecco il contratto che Caio propone a Sempronio. Ma tale contratto sarebbe valido? La risposta è, no. No, perché Caio per pubblicizzare la sua rivendita non ha bisogno di mettere il cappio al collo agli eventuali aventi causa di Sempronio. Se questi gli negassero il potere di mantenere affisso il cartello, forse che gli sarebbe difficile trovare altra casa su cui affiggerlo?14

Abbiamo detto che il legislatore cerca di limitare al massimo che un fondo subisca il peso di una servitù. A questo ora dobbiamo aggiungere che, una volta che la costituzione di una servitù si dimostra giusta e necessaria, il legislatore cerca di limitare al massimo la sua gravosità. Questo risulta da varie norme. Esemplifichiamo.

I- L’articolo 1068, commi due e tre, riconosce il diritto del proprietario del fondo servente di trasferire la servitù di passo in altro luogo del suo fondo, se ciò non è di danno al proprietario del fondo dominante.

II- L’articolo 1051 co 2 dispone che il passaggio coattivo vada costituito nel luogo in cui “riesce di minor danno al fondo sul quale è consentito”. 

Sempre questa cautela e ritrosia del legislatore nell’ammettere la costituzione di servitù spiega:

I- l’articolo 1055, che, a proposito delle servitù di passaggio dispone, che “se il passaggio cessa di essere necessario può essere soppresso in qualunque tempo”.

II- L’articolo 1037, che, a proposito dell’acquedotto coattivo, impone a “chi vuol far passare le acque sul fondo altrui di dimostrare che può disporre delle acque”.

III - L’articolo 1073, che prevede la prescrizione per non uso della servitù

IV- L’articolo 1074, da cui si argomenta a contrario, che la prescrizione decorre anche nel tempo in cui vi è una” impossibilità di fatto” ad usarne.

1Ecco un elenco di possibili diritti di servitù (elenco da cui implicitamente risultano alcune delle utilità che un proprietario può trarre da un fondo altrui): diritto di attraversare il terreno altrui (servitù di passo), diritto di impedire costruzioni sul terreno altrui (servitus non aedificandi), diritto di impedire l’innalzamento di costruzioni altrui (servitus altius non tollendi), diritto di aprire una finestra a distanza minore di quella legale (servitù di veduta), diritto di attingere acqua nel fondo altrui o di attraversarlo con acqua attinta in altri fondi (servitus acquae haustus o di acquaeductus), diritto di impedire anche quelle “immissioni” che, ai sensi dell’art.884, dovrebbero essere considerate “tollerabili”, diritto che il vicino rispetti “distanze” maggiori di quelle legali (nel piantar alberi, nel costruire…).

2Tenga presente lo studioso che, se noi partiamo sempre, nei nostri esempi, dal presupposto che, i titolari del lato attivo e del lato passivo della servitù, siano i proprietari del fondo dominante e del fondo servente, ciò facciamo solo per semplificare il nostro discorso: già risulta da quanto da noi detto, parlando degli altri iura in re aliena, che in realtà tali titolari potrebbero anche essere, un superficiario, un enfiteuta, un usufruttuario.

3Nel Digesto (D.8.1.8) si precisa che cogliere frutta, passeggiare, pranzare nel terreno altrui, non possono essere il contenuto di una servitù

4Né più né meno che se Sempronio, togliesse dal fascio di facoltà in cui consiste il suo diritto di proprietà, una facoltà (non, si badi, per privarsene, ma, e la cosa è interessante) per condividerla con Caio.

5“Appartenente a diverso proprietario”, aggiunge il legislatore; ma questa è un’aggiunta superflua, dato che nessuno mai potrebbe pensare, che Caio si diverta a porre un “peso” sul suo fondo a favore del …..suo fondo. Non val la pena di dire che le espressioni usate dal legislatore - “peso imposto sopra un fondo” “ utilità di un altro fondo” - espressioni che peraltro noi pure talvolta adotteremo, per non creare troppa confusione in chi ci legge, sanno molto….di “licenza poetica”: un fondo, essendo una cosa inanimata, non può risentire nessun “peso” e ricevere nessuna utilità dall’imposizione della servitù: coloro che possono, sentire quello e ricevere questa, sono i proprietari dei due fondi, dominante e servente, e i loro aventi causa.

6L’articolo 1028 recita (sotto la rubrica “Nozione di utilità”): “L’utilità può consistere anche nella maggiore comodità o amenità del fondo dominante. Può del pari essere inerente alla destinazione industriale del fondo”.

7Ma è già tanto che il Legislatore evidenzi, che il “peso”, imposto a un fondo, dal diritto reale di servitù, è giustificato da una utilità. Trattando degli altri iura in re aliena, il Legislatore si astiene anche da ciò.

8Ma, come sempre, va distinto caso da caso. Se, ad esempio, nel fondo vicino a un hotel, ci fosse un campo di calcio, l’hotel potrebbe benissimo costituire una servitù, a carico del fondo vicino, avente ad oggetto l’uso del campo dalla sua clientela (dato che tale servitù ne aumenterebbe il numero). Il Branca (Servitù prediali, editori, Zanichelli e Foro italiano, 1967, p.297) ritiene ammissibile la servitù “quando c’è un sanatorio o un albergo, a vantaggio dei quali sono stai assicurati i diritti di camminare, passeggiare, ecc., in alieno”.

9Ma, a che l’interesse di Caio sia tutelato, non solo verso Sempronio (che si è obbligato ad astenersi da comportamenti che lo ledano, ma anche) verso il suo avente causa, Mevio (quindi venga tutelato, non come un semplice diritto di credito, ma come un diritto reale) - oltre alla condizione detta nel testo (e cioè che tale interesse, o meglio tale tipo di interesse, sia condiviso ecc.) - necessita anche la condizione che tale interesse abbia una certa durata? Certo è pacifico che, per l’esistenza di un diritto reale, non occorra la cc.dd. perpetua causa,e che, quindi, un diritto reale possa essere costituito ad tempus (metti, per soli 30,40 anni); ma un diritto reale può essere costituito anche per un brevissimo tempo, anche per meno di quei nove anni, a cui l’art. 2643 subordina la trascrizione di un contratto di locazione? può essere costituito addirittura per due, tre anni?
Sembrerebbe di sì, dal momento che, anche in tale breve lasso di tempo, Sempronio potrebbe alienare il suo fondo a Mevio; che potrebbe rifiutarsi a quell’obbligo di astensione, invece accettato dal suo dante causa, Sempronio. Cosa che potrebbe danneggiare anche in modo grave Caio: si pensi al caso che Caio avesse bisogno, per costruire un grattacielo nel suo fondo, che in quello finitimo, per due o tre anni, potessero passare gli autocarri con i materiali necessari per la costruzione. E val la pena di dire che i giuristi romani ammettevano, che una servitù avesse una ridottissima durata, una durata non superiore al tempo necessario al titolare di un fondo per trasportarvi il materiale necessario a costruirvi la sua villa, “tegulae ad villam aedificandam” (D.8,3,6).

10Questo perché, la utilità che aumenta la produttività di un fondo agricolo (ad esempio, il poter trarre acqua dal fondo vicino), è di solito apprezzata dalla generalità delle persone (anche da quelle che non sono agricoltori: l’acqua che serve per innaffiare il campo serve anche per rinfrescarsi); e ciò, per i fondi agricoli, rende di solito superfluo il requisito di cui stiamo parlando.

11Il Branca (Le servitù, cit.,pag. 298) osserva come “ l’aumento stesso del valore d un fondo come conseguenza dell’attribuzione di un diritto al proprietario di questo, non è un criterio universalmente sicuro per concludere che si tratti di servitù”.

12L’art.1028 chiarisce che l’utilità di cui si parla nell’art. 1027, “può essere inerente alla destinazione industriale del fondo”. E con ciò ammette, cosa di cui invece si era dubitato in passato, le così dette “servitù industriali”.
Perché era legittimo dubitare della legittimità di queste servitù? Per i motivi che, nel testo verremo a dire sub III, riferendoci alle cose mobili: l’esistenza di un’industria non è di per sé legata ad un dato fondo: una fabbrica di scarpe costituita nel comune di Bargagli può produrre le sue scarpe anche nel comune di Recco (forse con una maggiore spesa, ma la maggior spesa, che fa risparmiare la costituzione di una servitù, se non è veramente eccessiva, non rileva, lo abbiamo già detto, per stabilire la ammissibilità della servitù stessa). E ciò può far sembrare non necessaria una tutela del proprietario dell’industria, Caio, contro la possibilità che, Mevio, l’avente causa di Sempronio, non voglia assumere quell’obbligo (invece dal suo dante causa, Sempronio, assunto) di astenersi dal comportamento lesivo di quel dato interesse (che la costituzione della servitù dovrebbe tutelare). Vien infatti naturale dire: “Se Mevio non vuole obbligarsi, pazienza, tu, Caio, trasferisci la tua industria in un altro comune e lì continui a fabbricare le tue scarpe - non ti trovi, infatti, nella stessa situazione di Cornelio, che se Mevio non gli fornisce l’acqua di cui ha bisogno il suo fondo, questo non gli dà più frutto e diventa per lui un bene senza valore, perché non può….trasportarlo dove c’é l’acqua.
Però una più matura riflessione impone dei distinguo. Certo, Caio potrebbe sempre trasferire la sua attività industriale da un posto all’altro, ma tale spostamento potrebbe avere un costo notevolissimo (si pensi al caso che la produzione a cui si dedica l’industria di Caio richieda numerosi macchinari, la costruzione di capannoni, eccetera). Diventa naturale allora che Caio voglia tutelarsi contro l’eventualità, che a un “si” di Sempronio a un certo “pati” (“Io, Sempornio, non impedirò a te, Caio, di estrarre dal mio fondo il materiale necessario per fabbricare le tue scarpe”, oppure “Non impedirò lo scolo delle acque luride che produce la fabbricazione delle tue scarpe”) non segua un “no” di Mevio, il suo avente causa. In altre parole diventa naturale che Caio pretenda tutelare un interesse, vitale per la sua industria, con la costituzione di un diritto reale di servitù e che lo Stato tale costituzione ritenga legittima.
E’ chiaro poi che nulla potrebbe rilevare il fatto (a cui, invece, la Relazione al Re, fatta riguardo al Codice civile, sembra dare importanza) che lo stabilimento industriale, al momento in cui si vuole costituire la servitù, sia, come nell’esempio fatto nel testo, ancora da costruire: forse che l’articolo 1029 non ammette la costituzione di una servitù per un “vantaggio futuro” e a “favore di un edificio da costruire o di un fondo da acquistare”? Quel che veramente importa verificare (per decidere sull’ammissibilità di una servitù a vantaggio di una industria) è se la sua mancata costituzione faccia sorgere il pericolo della lesione di un interesse “vitale” dell’industria, di un interesse, cioè, la cui lesione non renderebbe più conveniente l’esercizio dell’industria stessa. L’esempio di un interesse non vitale? Eccolo: Caio ha un’industria di marmellate, di vario tipo (di mele, pesche, ciliegie…) e vorrebbe costituire a carico del fondo di Sempronio la servitù di tollerare la raccolta di quelle ciliegie a lui necessarie per fare il relativo tipo di marmellata: non può costituirla: infatti, se anche Mevio, l’avente causa da Sempronio, gli rifiutasse tale raccolta delle ciliegie, egli per ciò non sarebbe costretto a chiudere la fabbrica: continuerebbe a fabbricare marmellate con gli altri tipi di frutta. Un altro esempio di interesse non vitale: Caio ha una fabbrica artigianale di aquiloni, che abbisogna per funzionare di un solo macchinario, e vorrebbe costituire una servitù sul fondo di Sempronio, che gli assicuri la raccolta di quei bambù, che, nel fondo di Sempronio, abbondano: non la può costituire: infatti, anche se Mevio, avente causa di Sempronio, gli negasse la raccolta di tali bambù, potrebbe, senza soverchia spesa, caricare il macchinario, che serve alla sua fabbrichetta, in un autocarro e trasferirsi in un altro fondo. Potrebbe Caio costituire una servitù, che vieti, a Sempronio e ai suoi aventi causa, di svolgere un’attività in concorrenza con la sua? A questa vexata quaestio a noi pare si debba dare risposta positiva. E per convincersi della giustezza di tale risposta, si pensi a questo caso: Caio vorrebbe costruire un albergo in quel dato punto del litorale in cui la spiaggia è magnifica e il mare limpidissimo. Sì, ma prima di fare la grossa spesa relativa, vuole essere sicuro che, nel limitrofo fondo, non si venga a costruire un concorrenziale albergo: forse che non è interesse dell’economia nazionale dare a Caio tale sicurezza, permettendogli la costituzione di una servitù, che la paventata concorrenza escluda? Io riterrei di sì (dato che, senza la tranquillità datagli da tale servitù, Caio si terrebbe i suoi soldi in banca e si asterrebbe dal costruire l’albergo).
Per terminare l’argomento delle servitù industriali, dirò che il Perlingieri nel suo Codice civ annotato, sub art. 1028, così sintetizza il prevalente orientamento giurisprudenziale e dottrinale sul punto: “ Per destinazione industriale si intende l’esistenza o la predisposizione nel fondo dominante di quei mezzi particolari che consentono l’esercizio dell’industria”. Quindi, mi pare di poter dire, che, il prevalente orientamento dottrinale e giurisprudenziale in subiecta materia, anche se non coincide con la tesi da me sostenuta, vi si avvicina, dato che la presenza nel fondo dominante di opere destinate a “consentire l’esercizio della servitù” (io invece direi, di “opere destinate all’esercizio dell’industria”), fa pensare al danno economico conseguente alla loro rimozione e quindi alla necessità del proprietario dell’industria di cautelarsi contro tale eventualità.
Mi lascia invece veramente perplessa la distinzione, fatta dalla giurisprudenza e dalla dottrina, tra servitù industriali e servitù aziendali, le prime ammesse, le seconde, no, e soprattutto il criterio che servirebbe a distinguere le une dalle altre e che consisterebbe nel fatto, che, nelle servitù aziendali, il vantaggio andrebbe “esclusivamente all’industria e non al fondo”: a me tale criterio, lungi dal chiarire qualcosa, sembra…..un vero rompicapo.

13Ma la propinquitas non è un requisito necessario per l’ammissibilità di una servitù. Ciò è pacifico, ed è naturale che così sia: Caio ha bisogno per il suo fondo di acqua, e non può prenderla dal vicino fondo di Sempronio, che ne manca come il suo: non sarebbe assurdo negargli il diritto di far passare un acquedotto sul fondo di questi, che porti l’acqua a lui necessaria dal fondo di Cornelio?

14Altri esempi fatti dal Branca (Le servitù, cit., p. 27): “Se il proprietario d’un edificio consente l’appoggio d’una insegna luminosa a vantaggio di un negozio vicino, questa non è servitù, ma obbligazione: infatti l’utilità, che procura quell’insegna, è meramente aziendale, va a esclusivo vantaggio dell’attività commerciale svolta nel negozio e non ha a che fare col godimento del fondo adibito a negozio. Altrettanto si dica del diritto, che abbia un fotografo, di esporre fotografie sul muro altrui”.
L’esclusione della servitù negli esempi riportati dal Branca ci trova concordi; non altrettanto la motivazione della esclusione, che ci pare un po' semplicistica.