Enciclopedia giuridica del praticante

 

Lezioni tratte dal libro III di "diritto civile ragionato"

Lezione 15. Gli effetti della risoluzione del contratto

Disc.- Quali effetti produce la risoluzione di un contratto ?
Doc.- Te lo dice l’art. 1458, che ( sotto la rubrica “Effetti della risoluzione” ) recita:
“La risoluzione del contratto per inadempimento ha effetto retroattivo tra le parti, salvo il caso di contratti ad esecuzione continuata o periodica, riguardo ai quali l’effetto della risoluzione non si estende alle prestazioni già eseguite.
La risoluzione, anche se è stata espressamente pattuita, non pregiudica i diritti acqui-stati dai terzi, salvi gli effetti della trascrizione della domanda di risoluzione”.
Disc.- Cominciamo a studiare il primo comma dell’articolo.
A me sembra che il legislatore si dimentichi di dire, proprio quello che, nella rubrica dell’articolo, aveva promesso…di dire : cioè quali sono gli effetti della risoluzione del contratto.

Doc.- E’ così. Ma questa lacuna è facilmente eliminabile dall’interprete : questi, per regolare i rapporti tra le parti, per stabilire i loro reciproci diritti e obblighi dopo la risoluzione del contratto, deve partire dall’idea che questo non abbia mai avuto esi-stenza giuridica. Mi spiego con un esempio: Tizio ha venduto la casa colonica A con annesso frutteto a Sempronio per centomila euro. Questi ha pagato i centomila euro, ma poi ha chiesto e ottenuta la risoluzione del contratto per inadempimento di Tizio, il suo dante causa ( metti, questi, al momento della stipula, gli aveva nascosto che il vicino aveva sull’orto una servitù di passo – quindi applicazione dell’art. 1489 ). A questo punto tu, giurista, devi partire dalla fictio che il contratto non abbia mai avuta esistenza giuridica ( ciò che, bada, non esclude che, invece, abbia avuta piena esi-stenza storica – e vedremo che ciò ha rilevanza, nello stabilire la buona o mala fede delle parti nel tenere certi comportamenti ). Quindi la situazione che ti si presenta è questa : Sempronio ha dato centomila euro a Tizio senza esservi obbligato ; e ha abi-tato nella casa colonica e colti i frutti dell’orto contiguo, senza averne diritto.
Disc. E con ciò mi hai mostrato quali sono gli effetti della risoluzione di un contratto. Capisco. Però capisco anche che la risoluzione di un contratto lascia al giurista una….bella matassa da sbrogliare.
Doc.- Purtroppo è così. E per renderci meglio conto della cosa, vogliamo fare il ten-tativo di sbrogliare la matassa, che ha lasciato la risoluzione del contratto di cui all’esempio ? Comincia tu.
Disc. Io cercherei di sbrogliarla partendo dal problema, che mi pare più facile a ri-solvere: quello di Sempronio che ha dato centomila euro a Tizio senza esservi obbli-gato: egli ha senz’altro diritto a ripetere da Tizio, ai sensi dell’articolo 2033, la som-ma indebitamente data.
Doc. E’ così, ma ora ti complico un po' il problema, che era effettivamente troppo fa-cile. Metti che, tra il pagamento effettuato da Sempronio e la sua domanda di ripeti-zione, siano passati parecchi anni e l’euro si sia catastroficamente svalutato, i cento-mila euro del momento del pagamento, equivalgono a cinquemila euro del momento in cui è proposta la ripetizione dell’indebito: Sempronio potrà chiedere a Tizio sem-plicemente centomila euro o potrà chiedere centomila euro rivalutati rispetto alla in-tervenuta svalutazione ?

Disc.- Veramente non saprei.
Doc.- E ne sei scusato, dato che la questione non è facile da risolversi. Comunque la Corte di Cassazione ritiene che, per dare risposta a tale questione, bisogna individua-re quale parte, col suo inadempimento, ha dato causa alla risoluzione del contratto: se è la parte percipiente l’indebito, questo dovrà essere restituito rivalutato, se, invece, la parte inadempiente è quella che chiede la ripetizione della somma indebitamente data, questa andrà restituita senza essere rivalutata. E a me pare che la Corte abbia sostanzialmente ragione : la svalutazione della somma data in pagamento è un danno, ed è giusto che tale danno ricada su chi, col suo comportamento colposo, l’ha causa-to.
Passa ora a risolvere i problemi che nascono per Sempronio per aver percepito i frutti dell’orto, che aveva acquistato da Sempronio.
Disc.- Io direi che, dal momento che la risoluzione del contratto ha effetto retroattivo e Sempronio deve essere considerato possessore in mala fede ( art. 1147 ), egli debba restituire tutti i frutti da lui percepiti durante il periodo in cui ha posseduto l‘orto di Tizio (così argomentando dall’art. 1148,comma primo ).
Doc.- No, ti sbagli, non tieni conto che il contratto che, dal punto di vista giuridico, dopo la risoluzione, va considerato tamquam non esset, dal punto storico, è, invece, indubbiamente esistito e finché è esistito Sempronio aveva tutto il diritto, perdonami il bisticcio di parole, di credersi in diritto di prendere i frutti: insomma deve essere considerato in buona fede e deve restituire i frutti negli stessi limiti in cui, per l’art. 1148, li deve restituire il possessore in buona fede.
Ma la soluzione del problema cambierebbe, se la risoluzione del contratto fosse av-venuta per inadempimento di Sempronio ( l’acquirente dell’immobile ) e non di Tizio ( il venditore dell’immobile ). In tal caso andrebbe ripetuto il ragionamento prima fatto per la ripetizione del pagamento indebitamente pagato: il fatto che Tizio ( la parte che ora ci piace considerare come la parte fedele ) non abbia potuto raccogliere i frutti naturali e civili , è senza dubbio per lui un danno e questo danno, dato che a colpa di Sempronio è imputabile, Sempronio deve essere costretto ( in forza degli artt. 1218 e 1453 ) a risarcirlo ( come ? se vogliamo adottare i metodi un po' sbrigati-vi della Corte di Cassazione, obbligandolo a restituire i frutti naturali e civili , come se avesse posseduto in mala fede; se vogliamo ,invece, essere giuristi precisi, acco-gliendo la domanda di risarcimento di Tizio, la parte fedele – e se questa ha omesso di proporre tale domanda nella comparsa di risposta? se si è dei giudici di buon senso pratico, si provvederà nei modi sbrigativi adottati dalla Corte ).
Disc.- Sempre per renderci meglio conto dei problemi non lievi, che può generare la risoluzione di un contratto, porta un altro caso pratico di applicazione dell’articolo 1158.
Doc.- Tizio ha dato a Sempronio l’appalto della costruzione di una palazzina. Ma a metà dell’opera, il contratto viene risolto, metti, per inadempimento di Sempronio, l’appaltatore ( questi si è discostato dal progetto e il committente ha chiesto e ottenu-ta, ai sensi del comma due art 1662 , la risoluzione ). Il contratto, dunque, è risolto, ma un piano della palazzina è stato costruito : l’appaltatore, può vantare al proposito dei diritti ? Dillo tu.
Disc. Io applicherei l’art. 936, e dal momento che l’appaltatore, per i ragionamenti da noi prima fatti, deve considerarsi in buona fede e, quindi, per il penultimo comma del citato art. 936, non può essere obbligato a demolire il primo piano della palazzina asportandone poi i detriti, farei applicazione del secondo comma sempre dell’art.936.
Doc. Ma come, ti sembra giusto obbligare il committente a tenersi un’opera che non gli serve e, in più, a pagare quanto gli impone di pagare il secondo comma da te cita-to?
Non l’articolo 936 devi applicare, ma tout court gli artt. 1218 e 1453 ; di conseguen-za, ritenendo obbligato Sempronio, l’appaltatore, al risarcimento dei danni ( risarci-mento che potrà anche avvenire in”forma specifica” – art. 2058 – cioè con la rimo-zione dei materiali a cura e spese della parte inadempiente, l’appaltatore Sempronio ).

Disc. Ma mettiamo che la parte inadempiente, non sia l’appaltatore, ma il commit-tente. In tal caso, io penso che l’appaltatore , non solo non dovrà preoccuparsi di ri-muovere le opere da lui già eseguite, ma potrà chiedere il risarcimento. In che cosa consisterà questo ?
Doc. Te lo dice l’art.1223 che ( sotto la rubrica “Risarcimento del danno “ ) recita : “Il risarcimento del danno per l’inadempimento o per il ritardo deve comprendere co-sì la perdita subita dal creditore come il mancato guadagno, in quanto ne siano con-seguenza immediata e diretta”.
Applicando tale articolo alla fattispecie in esame, si avrà che Sempronio, l’appaltatore, potrà chiedere, a titolo di risarcimento della “perdita subita” ( danno emergente ) il rimborso delle spese da lui fatte per materiali e mano d’opera e, a titolo di risarcimento del “mancato guadagno” ( lucro cessante ), il guadagno che aveva di-ritto di aspettarsi dall’esecuzione del contratto ( il corrispettivo pattuito per la esecu-zione del contratto era diecimila ? le spese a lui incombenti erano prevedibilmente seimila? egli avrà diritto a quattromila ) o, alternativamente, le occasioni di maggior guadagno (il corrispettivo di appalti per lui più lucrosi ) che ha perso per tenere fede all’impegno preso con Tizio, il committente .
Disc. Potrà chiedere il quantum di cui si è arricchito il committente in seguito alle opere da lui eseguire ( ancorché parziali ) ?
Doc.- Io direi di no, dal momento che egli ha già diritto al guadagno che avrebbe ot-tenuto se il contratto fosse stato eseguito ( forse che, se il contratto avesse avuta ese-cuzione, egli avrebbe avuto diritto all’arricchimento conseguito con ciò dal commit-tente ?!).
Disc. -Quante complicazioni derivano dalla risoluzione di un contratto!

Doc.- E’ per questo che il legislatore il legislatore stabilisce che “ nel caso di contratti ad esecuzione continuata o periodica” “ l’effetto della risoluzione non si estende alle prestazioni già eseguite”.
Disc.- Ma quando si ha un contratto ad esecuzione continuata o periodica ai sensi dell’articolo 1458 ? si ha quando una parte si obbliga ad eseguire continuativamente o periodicamente una prestazione ?
Doc.- No, a che l’articolo 1458 possa applicarsi, occorre che, non solo le parti del contratto si siano vicendevolmente obbligate a prestazioni periodiche o continuative, ma che, a fronte di ogni prestazione di una parte, ci sia una prestazione della contro-parte; prestazione che, secondo l’accordo, esplicito o implicito, delle parti, dovrebbe costituire il corrispettivo, più chiaramente, il compenso della prestazione frontistante.
Ad esempio : Tizio e Sempronio convengono che ogni mese Tizio consegni a Caio un sacco di grano e che Caio, per ogni sacco ricevuto, paghi in cambio cento.
Esempio di altro contratto con prestazioni periodiche ( da una parte, e continuative, dall’altra ) che ricade nella previsione dell’art. 1458, è il contratto di locazione.
Esempio, invece di un contratto con prestazioni periodiche, che non ricade nella pre-visione dell’articolo 1458, è quello di “vendita con riserva di proprietà” ( art. 1523 e ss ). In tale tipo di contratto, Tizio, si obbliga, sì, a pagare periodicamente, metti ogni mese, una somma, metti mille euro, per acquistare quel dato mobile, avendone anti-cipatamente il godimento ; ma tali mille euro non rappresentano il corrispettivo del godimento mensile del mobile, ma il corrispettivo rateizzato dell’acquisto del mobile. Ecco perché il legislatore stabilisce che, in caso di risoluzione del contratto, i paga-menti prima effettuati dall’acquirente, vadano a lui restituiti ( in parte – vedi meglio l’articolo 1526 ).
Disc.- Quanto abbiamo detto sul primo comma è abbastanza, passiamo al secondo.
Dunque se Caio vende una cosa a Tizio, il quale la rivende a un terzo, Sempronio, e poi il contratto viene risolto, il terzo mantiene la proprietà sulla cosa acquistata – po-co importando che l’acquisto sia avvenuto prima o dopo la risoluzione.

Doc. E poco importando che la risoluzione sia avvenuta, non per accordo delle parti o comunque in base a un accordo delle parti o a una dichiarazione di volontà di una delle parti (come vedremo accadere quando studieremo gli artt. 1454, 1456 e 1457 ), ma in forza di una sentenza del giudice.
Bisogna aggiungere, però, che, se chi domanda la risoluzione del contratto ha l’avvertenza di trascrivere la sua domanda, non solo gli acquisti di terzi effettuati do-po tale trascrizione non hanno efficacia contro il trascrivente (e naturalmente i suoi aventi causa ), ma non hanno efficacia contro questi, neanche gli acquisti effettuati prima della trascrizione della sua domanda, se tali acquisti ( di terzi ) non sono stati trascritti prima della trascrizione di tale domanda. Quindi il terzo Sempronio, che ha acquistato da chi è parte di un contratto , se non ha la prudenza di trascrivere il suo acquisto, rischia che una parte domandi la risoluzione, abbia, al contrario di lui, l’avvertenza di trascrivere tale domanda e quindi renda inefficace il suo acquisto.
Disc. Vogliamo leggere l’articolo che dispone tutto questo?
Doc.- E’ l’articolo 2652, che recita : “Si devono trascrivere (….) le domande di riso-luzione dei contratti (….) Le sentenze che accolgono tali domande non pregiudicano i diritti acquistati da terzi in base a un atto trascritto o iscritto anteriormente alla tra-scrizione della domanda”.
Disc.- Tale disposizione si riferisce , non soltanto alle sentenze costitutive della riso-luzione, ma anche a quelle che accertano una risoluzione avvenuta per accordo o in base a un accordo delle parti, come prima detto ?
Doc.- Questa è res dubia.
Disc. Quel che non mi so spiegare é la diversità di disciplina tra i casi di nullità e quelli di risoluzione di un contratto.
Infatti in relazione ai casi di nullità, sempre nell’articolo 2652 ma sotto il numero sei, si stabilisce, che anche gli atti trascritti prima della domanda di nullità vengono falciati via, per così dire, dalla trascrizione di questa ( purché questa non tardi oltre un certo limite, vedi meglio l’art.2652 ).
Doc. Questo maggiore rigore nella difesa degli effetti della nullità, rispetto alla difesa degli effetti della risoluzione, si spiega con la volontà del legislatore di disincentivare la stipula di atti nulli.
Insomma il legislatore è come se facesse a Tizio, intenzionato ad acquistare la pro-prietà sull’immobile A, con un atto nullo, questo discorsetto “ Attento, tu rischi di spendere soldi, tempo e fatica per acquistare la proprietà su un immobile, per cui poi ti sarà difficilissimo trovare un acquirente, dato che ben pochi saranno disposti a stipulare con te un atto di acquisto ( di tale immobile ), dal momento che tale atto di acquisto ha tante probabilità di essere in un domani dichiarato inefficace ( per l’intervento di una domanda di nullità)”.
Ora, questa esigenza, di dissuadere le parti dallo stipulare il contratto, che esiste per il contratto nullo, non esiste con tutta evidenza per il contratto che è risolubile, se non altro perché ……..tutti i contratti possono essere inadempiuti e quindi tutti sono riso-lubili.
Esiste al contrario una esigenza del legislatore di dissuadere le parti a risolvere il contratto ( ancorché inadempiuto ), essendo per lui preferibile - dati i problemi, prima da noi visti, che fa sorgere la risoluzione di un contratto - che la parte, lesa dall’inadempimento, cerchi di tutelarsi con l’esecuzione coattiva del suo credito