Enciclopedia giuridica del praticante

 

Lezioni tratte dal libro III di "diritto civile ragionato"

13 La condizione

Doc. Abbiamo visto (parlando dell’errore come causa di annullamento di un contrat-to) che la Legge non attribuisce nessuna rilevanza giuridica agli eventi, sul cui veri-ficarsi o no, una parte ha basato il suo calcolo di convenienza relativo alla stipula del contratto: Caio ha acquistati da Sempronio cento quintali di grano al fine di venderli in Argentina, calcolando che questo Paese, venga colpito da una siccità che azzeri la raccolta del grano e renda prezioso quello importato dall’estero: il fatto che la siccità non si sia verificata nulla toglie all’efficacia del contratto: Caio dovrà lo stesso pagare a Sempronio il grano.

Disc. Quindi si può dire che Caio stipulando il contratto accettava che l’alea dell’evento “siccità in Argentina” ricadesse su di lui.
Doc. E’ così. Però il Legislatore offre a Caio un modo molto semplice di liberarsi da tale alea.
Disc. Quale?
Doc. Convenire con la controparte che gli effetti del contratto si verificheranno solo se si verificherà l’evento A (“siccità in Argentina”) o anche stabilire che gli effetti del contratto verranno meno se tale evento A non si sarà verificato.

Disc. Da quale articolo risulta questa utilissima possibilità data a Caio?
Doc. Risulta dall’articolo 1353, che (sotto la rubrica “Contratto condizionale”) così recita: ”Le parti possono subordinare l’efficacia o la risoluzione di un contratto o di un singolo patto a un avvenimento futuro o incerto”.
Quando la produzione degli effetti giuridici del contratto é subordinata al verificarsi, o no di un evento, si parla di condizione sospensiva, quando é invece subordinata, al verificarsi (o no) di un evento, la cessazione di tali effetti, si parla di condizione riso-lutiva.
Disc. Però l’articolo 1353 solleva Caio solo dall’alea connessa al verificarsi, o no, di un “avvenimento futuro e incerto”; mentre Caio potrebbe subire l’alea di un avveni-mento passato ma per lui, soggettivamente, incerto (“Io, Caio, avrei la convenienza ad acquistare il grano in Italia per rivenderlo in Argentina, se questo Paese fosse stato colpito dalla siccità, ma purtroppo non so se tale siccità ci sia stata o no realmente”).
Doc. Ma il Legislatore non intende con il disposto dell’articolo 1353 togliere a Caio la possibilità di evitare l’alea, connessa a un evento passato ma per lui incerto, inse-rendo nel contratto una clausola che ne subordini l’efficacia o ne stabilisca la risolu-zione a seconda che si sia verificato, o no, quell’evento. La possibilità di inserire tale clausola a Caio nessuno la contesta. Semplicemente tale clausola non si chiama “condizione” ma “supposizione” o “condizione impropria” e a lei non si applicano alcune norme che, alla “condizione propria”, si applicano – e stando che la individua-zione delle norme che si applicano alla “condizione propria” e non a quella “impro-pria” é intuitiva, io neanche mi preoccuperò di indicartele e proseguirò il mio discor-so con riferimento unicamente alla clausola etichettata “condizione”.
Disc. Limitiamoci allora a parlare solo della condizione propriamente detta: da quel che capisco Caio potrà realizzare il suo scopo pratico di sollevarsi dall’alea connessa all’evento “siccità in Argentina”, sia inserendo nel contratto una condizione sospen-siva (“Il contratto avrà efficacia solo se si sarà verificata la siccità”) che risolutiva (“Il contratto perderà efficacia se la siccità non si sarà verificata”)
Doc. E’ così: la differenza sarà solo che, nel primo caso (condizione sospensiva), Caio potrà aspettare di pagare il prezzo e Sempronio potrà aspettare di dare la merce fino al realizzarsi della condizione; nel secondo (condizione risolutiva), Caio e Sem-pronio dovranno subito adempiere le loro obbligazioni, ma con l’obbligo, nel caso si verifichi la condizione (risolutiva), di dover restituire, il primo (Caio), il grano e, il secondo (Sempronio), i soldi.
Disc. Quindi inserendo la condizione sotto forma risolutiva implicitamente accette-ranno il rischio, il primo (Caio), di...non rivedere più i suoi soldi e, il secondo (Sem-pronio), di non rivedere più i sacchi di grano o di rivederli deteriorati.
Doc. E’ così. Ma sul punto mi riservo di ritornare, se il tempo a mia disposizione mi permetterà di parlare dell’articolo 1361 – articolo che disciplina, sì, solo la sorte spettante agli atti di amministrazione compiuti dalla parte a cui, pendente la condi-zione, é spettata la gestione della cosa (oggetto del contratto), però dà l’occasione all’interprete di dire su quale parte vengono a gravare i danni intervenuti durante tale gestione (su chi viene a gravare il deterioramento del grano acquistato da Caio, per riferirci all’esempio prima fatto).
Disc. Le parti possono convenire che l’efficacia del contratto sia subordinata al veri-ficarsi di qualsiasi tipo di evento?
Doc. A questa tua domanda risponde l’articolo 1354, che (sotto la rubrica “Condizio-ni illecite o impossibili”), nei suoi due primi commi recita: “E’ nullo il contratto al quale é apposta una condizione, sospensiva o risolutiva, contraria a norme imperati-ve, all’ordine pubblico o al buon costume. - La condizione impossibile rende nullo il contratto se é sospensiva; se é risolutiva, si ha come non apposta”.
Potrai meglio comprendere, quando si abbia una condizione contraria all’ordine pub-blico o al buon costume, ricordando quanto detto a proposito di questi concetti par-lando della nullità del contratto dovuta a “causa illecita” (art. 1343) e potrai meglio comprendere, quando si abbia una condizione contraria a norme imperative, tenendo presente che tale é non solo quella condizione, che una norma proibisce di inserire in un contratto, ma altresì quella (condizione) che subordina l’efficacia o la risoluzione di un contratto a un comportamento illecito (insomma, il legislatore, parlando nell’articolo in esame di “condizione contraria a norme imperative”, vuole esprimere un concetto comprensivo sia della “causa illecita in quanto contraria norme imperati-va” di cui parla l’articolo 1343, sia dello “oggetto” illecito del contratto, di cui parla nell’articolo 1346).
Disc. Quindi sarebbe nullo il contratto a cui fosse apposta ad esempio la condizione “Se il capo dello Stato sarà ucciso, io, Caio, mi obbligherò a dare a te, Sempronio, tot, e tu. Sempronio, mi venderei l’immobile A”.
Doc. No, in tal caso il contratto non sarà per niente nullo.
Infatti la ratio dell’articolo 1354 é quella di ritenere inammissibili le condizioni che possano sollecitare una delle parti (quella interessata all’avveramento della condizio-ne) a un comportamento contrario alla legge, all’ordine pubblico o al buon costume.
Disc. La condizione da me portata come esempio, però potrebbe sollecitare a ciò qualora una delle parti fosse un anarchico o comunque una persona interessata all’uccisione del capo dello Stato.
Doc. Giusta correzione: in realtà il giudizio sull’illiceità della condizione va ponde-rato tenendo conto della qualità delle parti e di tutto il contesto in cui il contratto é stipulato.
Disc. Quanto alla condizione impossibile, mi pare chiaro il perché essa renda nullo il contratto, se sospensiva (il contratto in tal caso é come una macchina senza motore che va...rottamata) e il perché vada, invece, considerata come non apposta, se risolu-tiva (“condizione risolutiva che non potrà mai avverarsi” = a macchina che sicura-mente nella sua futura marcia non incontrerà intoppi, e allora perché mettere su tale macchina il cartello “Attenzione: possibilità che non si arrivi al capolinea”, ché tale é il messaggio che viene a dare la condizione risolutiva a chi la legge?)
Pertanto passo a un’altra domanda: dovrebbero considerarsi validi dei contratti così “condizionati”: “Il contratto con cui, io, Caio, compro da te,Sempronio, il fondo A sarà efficace a condizione che io nel futuro tale lo dichiari”, “La compravendita con cui io, Caio, acquisto da te, Sempronio, la casa A, sarà valida a condizione che tu dia il bianco alle sue facciate”?
Doc. No, tali contratti dovrebbero considerarsi invalidi, ai sensi dell’articolo 1355, che (sotto la rubrica “Condizione meramente potestativa”) recita: “E’ nulla l’alienazione di un diritto o l’assunzione di un obbligo subordinata a una condizione sospensiva che la faccia dipendere dalla mera volontà dell’alienante o, rispettiva-mente, da quella del debitore”.
Disc. Quale la spiegazione di ciò?
Doc. La spiegazione che viene più spontanea – in quanto suggerita dal fatto che l’invalidamento del contratto assume la forma, non dell’annullamento, ma della di-chiarazione di nullità – é che questa nullità, dal Legislatore, sia stabilia a tutela dell’interesse, non delle parti, ma di un terzo. E infatti ben potrebbe il contratto sot-toposto a condizione meramente potestativa ledere, di un terzo, gli interessi.
Disc. Perché?
Doc. Perché una parte del contratto, Caio, per la prima parte dell’articolo 1357 (che recita “Chi ha un diritto subordinato a condizione sospensiva o risolutiva può dispor-ne in pendenza di questa”) potrebbe, ancorché sia ancora pendente la condizione, di-sporre dell’immobile A acquistato dalla controparte, Sempronio, vendendolo a Fla-vio; e perché, per la seconda parte dello stesso articolo 1357 (che recita “ma gli effetti di ogni atto di disposizione sono subordinati alla stessa condizione”) la condizione meramente potestativa verrebbe, in tal caso, automaticamente a gravare anche il se-condo contratto (quello stipulato da Caio con Flavio).
Disc. Ma questa possibile lesione degli interessi del terzo si verifica, non solo in caso di condizione meramente potestativa, ma in ogni caso che una condizione venga ap-posta a un contratto: se Caio e Sempronio avessero apposto, al contratto da loro sti-pulato, la condizione semplice, non potestativa, “il contratto diventerà efficace solo se la nave partita dal Brasile toccherà i porti italiani”, ebbene anche in tale caso Fla-vio correrebbe il rischio, comprando l’immobile A da Caio, di vedere il suo contratto gravato da tale clausola. Evidentemente la nullità del contratto non é disposta dal Le-gislatore per tutelare l’eventuale affidamento del terzo, di Flavio; e del resto questi, se vuole tutelarsi contro il pericolo che, il contratto che sta per stipulare con Caio, sia gravato da una condizione (da lui non desiderata), non ha che da andare all’ufficio dei Registri Immobiliari e leggersi il contratto stipulato da Caio con Sempronio.
In conclusione a me sembra più ragionevole spiegare la nullità del contratto sottopo-sto a condizione meramente potestativa, col fatto che il Legislatore ritiene inammis-sibile che la efficacia di un contratto dipenda dalla mera volontà di una parte.
Doc. Neanche questa spiegazione é soddisfacente, perché risulta da alcuni articoli del Codice, che il Legislatore, di fronte ad accordi delle parti che fanno dipendere dalla mera volontà di una parte l’esistenza di un contratto o, più riduttivamente, l’adempimento di una obbligazione nascente da un contratto, non reagisce dichiaran-do la nullità dell’accordo, ma semplicemente si limita a vincolare a un termine l’espressione di tale volontà; e così il legislatore non dichiara la nullità del contratto a

cui sia apposta la clausola cum voluero (art. 1183) e in particolare non dichiara la nullità del patto di opzione, del patto cioè che é disciplinato dall’art. 1331, il quale recita: “Quando le parti convengono che una di esse rimanga vincolata alla propria dichiarazione e l’altra abbia facoltà di accettarla o meno, la dichiarazione della prima si considera quale proposta irrevocabile per gli effetti previsti dall’art. 1329. - Se per l’accettazione non é stato fissato un termine, questo può essere stabilito dal giudice”.
Proprio in considerazione di tutto questo, io ritengo che la migliore spiegazione della nullità del contratto subordinato a condizione meramente potestativa, sia che il Legi-slatore non ritenga ammissibile subordinare l’efficacia di un contratto al verificarsi di un quid (la dichiarazione della volontà di una parte di volere o non volere l’efficacia del contratto) che, potendo (appunto perché dipende dalla mera volontà di una parte), realizzarsi subito o in un determinato e ragionevole lasso di tempo, viene invece la-sciato, nel tempo, indeterminato.
Disc. Però, se il legislatore veramente volesse che un contratto non sottostasse per un tempo indeterminato alla spada di Damocle del verificarsi di un futuro evento, do-vrebbe...eliminare l’istituto della condizione, dato che buona parte delle condizioni, forse la maggior parte di esse, sono incerte, non solo nel an, ma altresì nel quando.
Doc. Ma una persona può rassegnarsi a un inconveniente quando non lo può evitare, e invece evitarlo quando lo può. Voglio dire, il legislatore può rassegnarsi all’inconveniente che l’efficacia del contratto dipenda da un quid il cui verificarsi sia indeterminato nel tempo, se eliminare tale inconveniente non gli é possibile, se non sacrificando l’aspettativa di una parte all’efficacia del contratto (l’aspettativa di Caio all’efficacia della compravendita e quindi all’acquisto dell’immobile A, nell’esempio prima fatto); mentre può decidere di eliminare tale inconveniente, se ciò gli é possi-bile.
Disc. E come gli é possibile eliminare l’inconveniente della mancanza di un termine posto alla parte, del tipo “Tu, Caio, entro tre mesi devi dichiarare se vuoi che il con-tratto sia o no efficace” -?
Doc. Gli é possibile, dichiarando la nullità del contratto e convertendo (ai sensi dell’articolo 1424) il contratto (così reso nullo) in un “patto di opzione” (con la con-seguenza che il termine alla parte, a che dichiari la sua volontà, sarà apposto dal giu-dice ai sensi del secondo comma art. 1331).

Disc. Voltiamo pagina. Parliamo delle condizioni, non meramente potestative, ma potestative semplici (quindi non determinanti la nullità del contratto).Vuoi farne qualche esempio?
Doc. Ti farò due esempi di condizioni ritenute potestative semplici o da questo o da quello Studioso della materia (e poi mi riserverò di dire la mia opinione).
Primo esempio: “Io, Caio, compro da Te, Sempronio, il terreno A, a condizione che tu presenti la domanda di concessione edilizia e il Comune, tale domanda, accetti”.
Va subito notato che, nel caso esemplificato, l’efficacia del contratto dipende, sì, dal-la mera volontà di una parte (dalla mera volontà di Sempronio che può decidere di presentare la domanda oppure no), ma anche da un quid aliud (che sarebbe, nell’esempio, l’accoglimento, da parte del Comune, della domanda presentata da Sempronio).
Va ancora notato che la mancata presentazione della domanda non sarebbe per Sem-pronio indolore: infatti, tale mancata presentazione, venendo a costituire un inadem-pimento a un obbligo imposto dalla c.d. buona fede contrattuale, lo obbligherebbe al risarcimento.
Secondo esempio: “Io, Caio, acquisto la villa A da Te, Sempronio, a condizione che tu, prima, dia il bianco alle sue facciate, restando inteso che se tu non darai il bianco e il contratto di conseguenza diventerà inefficace, tu dovrai pagare una penale”.
Anche a proposito di questo secondo esempio, vi é da notare, che, il non dare il bian-co, optando di conseguenza per l’inefficacia del contratto, avrebbe un costo per Sem-pronio: costo rappresentato evidentemente dal pagamento della penale.
Disc. Tu ritieni validi entrambi gli esempi?
Doc. No, ritengo valido solo il primo. Infatti, solo nel caso del primo esempio, manca quella possibilità di fissare un ben determinato dies entro il quale, la parte interessata all’efficacia del contratto (nell’esempio, Caio), possa finalmente sapere se tale suo interesse ha avuto soddisfazione o no.. Possibilità, che viene ad evitare al legislatore la scelta secca: dichiaro nullo (ma senza conversione in patto di opzione, cioé si sa-rebbe tentati di dire “dichiaro assolutamente nullo”) il contratto, sacrificando le aspettative della parte che sarebbe interessata a che il contratto acquisti i suoi effetti
(tanto interessata da tollerare il peso di una lunga e forse inutile attesa: Caio che nella speranza di acquisire l’immobile A sarebbe disposto anche ad aspettare per un lun-ghissimo tempo le decisioni di Sempronio), oppure, pur di non sacrificare tali aspet-tative della parte, ritengo valido il contratto?

Disc. Scelta secca che, mi pare di capire, il Legislatore non può non risolvere che nel senso della validità del contratto.
Doc. E certo, se il legislatore optasse per la nullità del contratto si comporterebbe come quel medico che, per guarire il paziente dal mal di denti, gli taglia... la testa: meglio per Caio aspettare pazientemente che si risolva il dile,mma “efficacia-sì” / ef-ficacia-no” del contratto, piuttosto che perdere ogni speranza che il contratto diventi efficace. Si potrebbe anche dire: contento Caio, contento il mondo. Il Legislatore al-tro non può fare se non applicare il secondo comma della art. 1331, ben inteso quan-do l’applicazione di tale comma ha senso cioé ha veramente l’effetto di portare a fis-sare quel famoso dies in cui avrà risposta l’interrogativo sulla efficacia del contratto.
Disc. E mi pare di comprendere che, nel caso di cui all’esempio, l’applicazione di tale comma non conseguirebbe tale scopo.
Doc. No, non lo conseguirebbe; ed é chiaro perché: perché il giudice potrebbe porre, sì, un termine a Sempronio perché presenti la domanda di licenza, ma certo non po-trebbe porre un termine al Comune perché decida se concedere o no la licenza.
Disc. E di conseguenza il dubbio sull’efficacia del contratto persisterebbe. Veniamo al secondo esempio.
Doc. Non nego che avendo, la decisione di Sempronio di optare per la inefficacia del contratto, un costo (il costo del pagamento della penale), Sempronio abbia anche del-le remore a prenderla - remore che possono rendere più improbabile e in definitiva più rara tale decisione.
Ciò però non esclude l’inconveniente dell’indeterminatezza, perdurante nel tempo, sulla decisione di Sempronio. E’ quindi l’opportunità di eliminare tale inconveniente (dichiarando la nullità del contratto, convertendo poi questo in patto di opzione ecc.ecc.), cosa che si può fare solo ritenendo, la condizione la condizione de qua, meramente potestativa.
Disc. Un’ultima domanda sull’argomento: una condizione risolutiva può essere me-ramente potestativa?
Doc. La maggior parte degli Studiosi lo nega argomentando, sia dal fatto che l’articolo 1355 si riferisce solo alle condizioni sospensive sia dal fatto che il nostro Ordinamento offre l’esempio di condizioni risolutive meramente potestative, che però non rendono nullo il contratto (e con ciò gli Studiosi si riferiscono soprattutto alla c.d. “caparra penitenziale”, che concede un diritto di recesso per chi la presta – vedi l’articolo 1386).
Disc. Voltiamo pagina. Tu prima hai detto, commentando il primo esempio di condi-zione potestativa semplice, che la c.d. buona fede contrattuale farebbe obbligo a Sempronio di presentare la domanda di licenza. Debbo da ciò dedurre che le parti sono obbligate ad attivarsi per favorire l’avveramento della condizione?
Doc. No. Le parti non sono obbligate a ciò, a meno che un loro attivarsi tenendo un dato comportamento (dato, nell’esempio, dalla presentazione della domanda di licen-za da parte di Sempronio) sia conditio sine qua non per il realizzarsi della condizione.
Così vanno secondo me interpretati gli articoli 1358 e 1359, che recitano:
il primo (l’articolo 1359): “Colui che si é obbligato o che ha alienato un diritto sotto condizione sospensiva ovvero lo ha acquistato sotto condizione risolutiva, deve, in pendenza della condizione, comportarsi secondo buona fede per conservare integre le ragioni dell’altra parte”;
il secondo (l’articolo 1359): “La condizione si considera avverata qualora sia mancata per causa imputabile alla parte che aveva interesse contrario all’avveramento di es-sa”.
Disc. Il secondo articolo da te riportato (l’articolo 1359) sembra partire dal presuppo-sto che solo una delle due parti nel contratto, solo Caio o solo Sempronio, possa avere interesse al non verificarsi della condizione. Invece a me sembrerebbe che entrambe le parti potrebbero avere un tale interesse. Chiarisco il mio pensiero portando questo caso: Caio propone l’acquisto del fondo A a Sempronio, il quale accetta pretendendo, però, che sia inserita nel contratto la clausola, secondo cui questo avrà efficacia solo quando arriverà in Italia quel certo suo parente portando quel certo bel pacco di dol-lari a cui lui, Sempronio, potrà attingere per pagare il prezzo. Ebbene, nel caso, sia Caio che Sempronio, potrebbero avere un ripensamento, che li porterebbe ad impedi-re l’efficacia del contratto (Sempronio potrebbe pensare col senno del poi “Chi me la fa fare di vendere per cento, come ho pattuito con Sempronio, dal momento che Fla-vio mi dà duecento” e Sempronio, a sua volta. potrebbe pensare “Chi me la fa fare di dare cento per quell’immobile che, a pensarci bene, non vale neanche cinquanta”. Dico bene?

Doc. Dici benissimo e il legislatore si esprime molto male: solo se il mancato avve-rarsi della condizione sarà dovuto a Sempronio, il contratto avrà esecuzione anche se la condizione non si é avverata (imputet sibi, Sempronio, se non avrà i soldi per pa-gare il prezzo: se non voleva esporsi al rischio di inadempienza, non doveva impedire il verificarsi della condizione).
Se al contrario il mancato avveramento della condizione é dovuto a Caio (cioé alla parte che era disponibile a concludere il contratto anche senza la condizione, perché evidentemente pensava che, anche senza di essa, le era possibile eseguire il contratto e trarne vantaggi) naturalmente la condizione non si considererà avverata, e la con-troparte, idest Sempronio, potrà chiedere la risoluzione del contratto, e il risarcimento dei danni a Caio (é infatti chiaro che Sempronio non può essere obbligato ad eseguire il contratto, non essendosi verificato quell’evento, che gli rendeva possibile e vantag-giosa la sua esecuzione).