Enciclopedia giuridica del praticante

 

Lezioni tratte dal libro II di "diritto civile ragionato"

Poniamo che D1 e D2, i quali hanno bisogno, ciascuno, di cinque quintali di patate, per comprarle si rechino insieme da C1 (che in patate commercia all’ingrosso). La cosa più naturale é che, sia D1 che D2, prima l’uno poi l’altro, trattino e concludano separatamente, ciascuno, l’acquisto della merce di cui hanno bisogno (cinque quintali di patate, metti per il prezzo di 500).

Ma può anche capitare che C1 accetti di vendere solo se gli acquirenti, D1 e D2, gli riconoscono il diritto di chiedere a ciascuno di loro il prezzo relativo (non a soli cinque quintali, ma) a tutti i dieci quintali : “ il prezzo di 10 quintali é 1000 e, io, C1, posso chiederlo sia a te, D1, che a te, D2 (naturalmente, ça va sans dire, il pagamento di D1 avrà effetto liberatorio per D2 e viceversa)”. Chiari i vantaggi che il creditore C1 si riserverebbe in questa seconda ipotesi : egli otterrebbe una semplificazione nella riscossione dei crediti (invece di bussare a due porte potrebbe limitarsi a bussare solo a una) e una maggiore sicurezza di poter effettivamente riscuotere il credito (dato che é un po’ come se D1 e D2 concedessero, ciascuno, a C1 una fideiussione (1) per il debito dell’altro).

Si tratta, come si può vedere, di vantaggi per niente disprezzabili ; ma non mancano ipotesi in cui il creditore, riservandosi il diritto di costringere ciascuno dei suoi debitori “all’adempimento per la totalità” (per usare le parole dell’art. 1292 di cui tra poco meglio parleremo), verrebbe ad acquisire altri ancor più vitali vantaggi. Pensiamo al caso in cui D1 e D2, invece delle patate, acquistino da C1 un immobile (il fondo Corneliano): nel caso, se C1 (il venditore-creditore) non avesse l’avvertenza al momento del contratto di riservarsi il diritto di chiedere la totalità del prezzo a ciascuno dei due acquirenti, un inconveniente, molto grave per lui, si potrebbe verificare, in caso di inadempimento di uno dei suoi debitori : D1, metti, non paga; egli (il creditore) ovviamente (art. 1453) esercita il diritto di risoluzione (“Almeno riduciamo il danno ripigliandoci il bene così malauguratamente venduto!”), sennonché amaramente si accorge che tale diritto ( di risoluzione ) é per lui come menomato: il suo esercizio non gli restituisce il bene aliena- to, ma un quid aliud: aveva alienata la piena proprietà del fondo Corneliano ed ora gli viene restituita (non la piena proprietà, ma) la comproprietà insieme a D2 (2) del fondo Corneliano (3). Come si vede, nel caso e in casi simili, l’essersi il creditore riservato il diritto di chiedere tutto il debito a ciascuno dei debitori, non solo gli garantisce una più facile esazione del credito, non solo gli rende tale esazione più sicura, ma (ulteriore van- taggio) gli conserva integra l’efficacia del diritto di risoluzione.

Naturalmente un creditore é libero di riservarsi o di escludere i vantaggi di cui ora si é parlato: su questo non c’é problema. Il problema nasce (ed é il problema centrale in subiecta materia, la materia delle obbligazioni solidali), quando ci si trova, da una parte, una persona che ha un diritto, dall’altra, delle persone che hanno dei correlativi obblighi; e, se alla prima competa il diritto de quo (il diritto cioè di chiedere la totali- tà del debito a ciascuna delle seconde), non si può nè dire né negare, in base a quanto risulta dal titolo (che del diritto e dei correlativi obblighi é la fonte) o dalla norma giuridica (che tali diritti ed obblighi ha fatto nascere) (4).

Ovviamente, in tali casi, spetterebbe al legislatore risolvere il busillis (dire se al credi- tore il diritto de quo compete) intervenendo con una norma . Norma che potrebbe limitarsi a riconoscere al creditore il diritto a chiedere “l’adempimento totale” solo nei casi in cui più gravi sarebbero per lui le conseguenze del disconoscimento di un tale diritto (che sono, poi, i casi in cui verrebbe menomato il suo diritto alla risoluzione) o potrebbe giungere a riconoscere tale diritto (all’adempimento totale) anche nei casi in cui meno gravi sarebbero le conseguenze di un suo rifiuto (in quanto esse si ridurreb- bero a una minore facilità e a una minore sicurezza dell’esazione del credito, conse- guenti al venir meno di quella sorta di reciproca fideiussione tra i condebitori di cui sopra abbiamo parlato).

E, se si tiene presente che l’attività normativa del Legislatore – almeno quando i dirit- ti e gli obblighi delle parti nascano da un “titolo” – non potrebbe che basarsi sulla loro presumibile volontà e che certo non sarebbe presumibile che esse abbiano accettato di garantire (con una sorta di fideiussione) il debito di persona a cui non le leghi un rap- porto in qualche modo fiduciario, vien facilmente di concludere che il Legislatore potrebbe spingersi tanto oltre da riconoscere il diritto del creditore “all’adempimento totale” (da parte di ciascuno dei debitori) pur nei casi in cui non vi fosse pericolo di una menomazione del suo diritto alla risoluzione, solo quando potrebbe pensare che tra i debitori un tale rapporto fiduciario esista (5).

Tanto premesso (de jure condendo), non resta che vedere qual é stata sul punto (de jure condito) la volontà del nostro Legislatore.

Sarebbero funzionalmente destinati a chiarirci tale volontà gli artt. 1293 e 1294; che, ahimè! però non riescono per nulla ad adempiere la funzione loro assegnata, di tal chè la volontà legislativa in subiecta materia, lo diciamo subito, é praticamente come se non avesse trovata espressione.

Verifichiamo la cosa partendo dall’art. 1294. Questo bravamente ci dice sia la quaestio a cui intende dare soluzione (con tutta evidenza é : la questione di quando due debito- ri “siano tenuti in solido” e quando no), sia come va risolta: due debitori sono “tenuti in solido” quando sono “condebitori” e se “dalla legge o dal titolo non risulta diversa- mente”; ma lo dice facendo uso di due concetti (il concetto di “condebitori” e il con- cetto di “essere tenuti in solido”) che dovrebbero entrambi essere chiariti (da altra o da altre disposizioni) mentre invece non lo sono. Non é, a dir il vero, che manchi l’arti- colo a questo chiarimento delegato: é con tutta evidenza l’art. 1292 (6). Ma questo articolo – a prescindere che opera, con inammissibile confusione, una contaminatio tra le definizioni dei due concetti (7) – costruisce quella relativa al concetto di condebito- re (la più importante) in maniera del tutto inadeguata. Infatti da esso si ricava (indiret- tamente!) solo che sono condebitori (e quindi possibili titolari di un’obbligazione in solido) le persone tenute “tutte per la medesima prestazione “: e questo dovrebbe bastare all’interprete per stabilire quando due debitori sono in solido e quando no? é chiaro che no: D1 e D2 sono entrambi obbligati a dar del danaro (cioè a una prestazio- ne della medesima qualità) (8) in cambio delle patate ricevute, li dovrò solo per questo ritenere condebitori e quindi “tenuti in solido”?! Sarebbe ben... eccessivo!

Nè servirebbe a integrare in modo soddisfacente il requisito della eadem res debita, quello, introdotto (arbitrariamente!) dalla Dottrina, della eadem causa obligandi (9); se non altro perché, come abbiamo già avuta occasione di spiegare (10), non esistono obbligazioni di due diversi debitori che non abbiano la loro fonte in due diversi fatti, in due diverse causae debendi.

Conclusione, nel silenzio del legislatore (11), secondo noi la soluzione migliore é quel- la di ritenere la solidarietà tra due obbligazioni : A) quando non ammettendola si avrebbe (come più sopra si è esemplificato) (12) i1 pericolo di una menomazione del diritto del creditore alla risoluzione del rapporto; B) quando (anche a prescindere dell’esistenza del pericolo sub A) tra i due debitori risulta (dal contesto del contratto da loro stipulato) un rapporto di particolare fiducia (che può giustificare la presunzione che l’uno voglia garantire al creditore la obbligazione dell’altro) (13).
A tali ipotesi, in cui va riconosciuto il diritto del creditore a chiedere la totalità del debito, lo studioso deve aggiungere (idealmente) quelle di cui noi faremo menzione nel paragrafo successivo (ancorché catalogate dalla Dottrina – a torto o a ragione qui non importa stabilire – tra le obbligazioni indivisibili e non tra le obbligazioni solidali).

Ci siamo finora riferiti all’ipotesi di un rapporto con più debitori, da una parte, e un creditore, dall’altra, (ipotesi c.d. di solidarietà passiva); ma un rapporto può essere soggettivamente complesso non solo dal lato passivo, ma anche dal lato attivo (14): cioè vi possono essere più creditori da una parte, e un solo debitore dall’altra (ipotesi di solidarietà attiva).

Più chiaramente l’art. 1292 (nella sua seconda parte) definisce la solidarietà attiva cosi: “(Si ha solidarietà attiva) (15) quando tra più creditori ciascuno ha diritto di chiedere l’adempimento dell’intera obbligazione e l’adempimento conseguito da uno di essi libera il debitore verso tutti i creditori “.
Chiaramente la funzione della solidarietà attiva é semplicemente quella di agevolare la riscossione del credito. Quindi, in caso di rapporto soggettivamente complesso dal lato attivo, gli inconvenienti, del non ritenere la solidarietà, sono minori (16). Ed é probabil- mente per questo che il Legislatore, mentre presume la solidarietà passiva (v. art. 1294), non presume quella attiva.

Poniamo che un debitore in solido abbia integralmente pagato il debito o che un cre- ditore in solido lo abbia integralmente riscosso : il primo non potrà chiedere nessun rimborso agli altri condebitori e il secondo nulla dovrà dare agli altri concreditori? Bisogna vedere (arg. ex art. 1298) se l’obbligazione “sia stata contratta nell’interesse esclusivo” di chi l’ha pagata o riscossa; se così non fosse si creerebbero tra questi e gli altri condebitori o concreditori dei “rapporti interni”, (fatti di obblighi e diritti recipro- ci) che il codice negli artt. 1298 e 1299 così puntualizza.

ART. 1298: “Nei rapporti interni l’obbligazione in solido si divide tra i diversi debito- ri o tra i diversi creditori, salvo che sia stata contratta nell’interesse esclusivo di alcuni di essi. Le parti di ciascuno si presumono uguali, se non risulta diversamente”.

ART. 1299:”Il debitore in solido che ha pagato l’intero debito può ripetere dai condebitori soltanto la parte di ciascuno di essi (...)”. Il Codice, poi, in successivi, numerosi articoli, si sofferma a stabilire l’incidenza di certi fatti ed atti (l’incidenza di una novazione, remissione, compensazione, transazione, prescrizione...), toccanti di per sè direttamente un solo debitore o creditore, sugli altri condebitori o concreditori.

 

1- DOMENICO RUBINO (Delle obbligazioni, in Commentario del diritto civ., a cura di Scialoja- Branca, Bologna-Roma, 1963, p. 141) ritiene che “la solidarietà passiva” avendo “lo scopo di far sì che il creditore possa soddisfarsi su ciascun debitore anche per la parte cui costui non é tenuto nei rapporti interni”, “ per questa parte abbia quindi una funzione analoga a quella della fideiu sione”.

2-L’altro acquirente dell’immobile in regola con i pagamenti.

3-Comproprietà che, ovviamente, non avrà il valore di 500 (la metà del prezzo di tutto l’immo- bile), ma varrà molto meno; dato che la comproprietà al 50% di un bene (specie la comproprietà compartecipata con uno sconosciuto) é molto meno appetibile che la piena proprietà del 50% del bene.

4-E infatti il diritto de quo (il diritto a chiedere la totalità del debito) può trovare la sua fonte, sia nella volontà delle parti che in quella della Legge e (così si sostiene) del giudice: “E cosi, accan- to ad ipotesi in cui la solidarietà é legislativamente prevista (ad esempio, artt. 1944, 2055, ecc.), vi potranno essere ipotesi di solidarietà individuale per via giudiziale (esemplare può considerarsi il caso della condanna in solido di più parti soccombenti, arg. ex art. 97 c.p.c.)” – così DI MAJO (Obbligazioni solidali, in. Enc. dir., p. 310).

5-Ad esempio, perché comproprietari (dato che il sorgere e comunque il perdurare di una com- proprietà tra due persone, fa supporre tra di loro una particolare intesa e fiducia). O anche perché hanno redatto gli atti di acquisto nello stesso documento (che, metti, così anodinamente suonasse: “D1 e D2 acquistano da C1 10 quintali di patate per il prezzo di 1000; restando inteso che cinque chili saranno di D1 e cinque di D2”: infatti, anche se 1’obbligo di ciascun debitore avrebbe pur sempre la sua fonte in un autonomo fatto (l’obbligo di D1, nella sua dichiarazione di voler acquista- re, l’obbligo di D2, nella sua dichiarazione di voler acquistare) la reciproca rinuncia al segreto potrebbe, di per sè, essere presa a indice di una particolare fiducia tra di loro. Mentre al contrario sarebbe difficile immaginare un tale rapporto di fiducia tra D1 e D2 che, per puro caso, si fossero ritrovati alla stessa ora nel negozio di C1 a comprare, ciascuno, cinque quintali di patate.

6-Art. 1292: “L’obbligazione è in solido quando più debitori sono obbligati tutti per la medesima prestazione, in modo che ciascuno può essere costretto all’adempimento per la totalità e l’adempi- mento da parte di uno libera gli altri; oppure quando tra più creditori ciascuno ha diritto di chiede- re l’adempimento dell’intera obbligazione e l’adempimento conseguito da uno di essi libera il debitore verso tutti i creditori “.

7-E la contaminatio é data dal fatto che, quando noi domandiamo all’art. 1292 la definizione di “obbligazione in solido”, esso ci risponde inserendo nella sua risposta un elemento (quello di eadem res debita) che attiene, non alla definizione di obbligazione in solido, ma di “condebitore”. Infatti l’incipit dell’art. 1292 recita: “L’obbligazione é in solido quando più debitori sono obbligati tutti per la medesima prestazione, in modo che ciascuno può essere costretto ecc.” . Il Legislatore invece avrebbe dovuto dirci, in una norma, cosa significa che due debitori sono tenuti “in solido” (significa che ciascuno può essere costretto all’adempimento ecc. ecc.) e, in un’al- tra norma, avrebbe dovuto dirci il perché due debitori sono tenuti in solido (perché “sono obbligati tutti per la medesima prestazione”). 

8-E con ciò diamo all’espressione “medesima prestazione” il significato meno assurdo. Infatti sarebbe assurdo attribuirle invece il significato di “prestazione che ha la sua fonte in un identico fatto”: le obbligazioni di due debitori avranno sempre, inevitabilmente, la loro fonte in fatti diversi: D1 e D2 possono anche essersi obbligati a comprare le patate in un medesimo contesto e con un medesimo contratto, ma le loro obbligazioni hanno pur sempre la loro fonte in due diversi fatti: le loro due diverse dichiarazioni di voler consentire al contratto. Vedi anche la successiva nota. E’ peraltro discusso se “sia possibile pattuire la solidarietà passiva per le obbligazioni di conte- nuto diverso” – cfr. ANGELO CHIANALE, Obbligazione Digesto – Diritto civile, XII, 1995, p. 350. Dà risposta positiva a tale dubbio, BIANCA (Diritto civile, IV, L’obbligazione, Milano, 1990, 707 ss.); gli dà risposta negativa, RUBINO ( Delle obbligazioni, cit., 135 ss.).

9-Il RUBINO (Delle obbligazioni, cit., p. 133 ss) richiede, a che si possa parlare di obbligazione solidale, tre requisiti: 1) pluralità di soggetti, 2) eadem res debita (“Se con unico atto Tizio e Caio si obbligano verso Sempronio, ma ciascuno ad una prestazione completamente diversa dall’altro, non si ha obbligazione solidale” – ivi, p. 133); 3) eadem causa obligandi (“cioè, onde aversi obbli- gazione solidale occorre che per i più debitori o creditori l’obbligazione sorga dal medesimo fatto giuridico, o almeno da fatti volutamente collegati dalle parti con nessi tali che valgano a farli con- siderare come un complesso unitario all’effetto del vincolo che ne deriva”).Noi riteniamo che il criterio dell’identità del fatto sia (come spiegato nella precedente nota 144) erroneo e il criterio dei “fatti volutamente collegati” sia tanto nebuloso da essere assolutamente inservibile.

10-Nella precedente nota 144.

11-Da alcuni Autori (ARCHI, Sul concetto di obbligazione solidale, in Conferenze romanistiche a ricordo di G. Castelli, Milano, 1940, 256 ss; Adolfo DI MAJO, Obbligazioni solidali, in Enc. dir., cit., p. 310) si parla della obbligazione solidale come di uno “schema astratto” (ARCHI, ivi) o di una “forma astratta” (DI MAJO, ivi) che può applicarsi a casi tra di loro di natura diversa”. Tale impostazione é accettabile, se con essa si vuol dire che bisogna distinguere il fatto oggettivo che un debitore sia gravato dalla (forzosa) fideiussione di un debito altrui, dal motivo che ha indot- to il Legislatore a imporre (al debitore) tale gravame (di una forzosa fideiussione).Deve essere, però, ben chiaro, che il giurista non può limitarsi all’osservazione che un certo tipo di obbligo o di gravame (nel caso, il gravame della fideiussione forzosa) può essere imposto dal Legislatore ... per vari motivi, ma deve individuare il motivo per cui con quella specifica norma (nel caso con l’ art. 1294) il legislatore ha imposto quel dato gravame ; o almeno indicare i motivi che potrebbero giustificare quel gravame.

12-Si ricordi l’esempio di D1 e D2 che acquistano insieme il fondo Corneliano.

13-In generale si riconosce che la funzione della solidarietà é quella “di rafforzare il credito” (cfr. DI MAJO, Op. cit, p. 306). Con più precisione AMORTH (L’obbligazione solidale, Milano, 1959, p. 150) ritiene che tale funzione debba essere ricercata, sia nello scopo di tutelare il creditore contro l’alea dell’inadempimento sia nello scopo di facilitargli l’escussione del credito. Il che si può accettare; anche se secondo noi sarebbe meglio dire che la solidarietà in alcuni casi (casi da noi indicati nel testo sub B) mira ad evitare l’indebolimento del credito. Autorevolmente si sostiene ancora che sarebbe opportuno distinguere tra “funzione” e “fonda- mento” della solidarietà: la funzione della solidarietà sarebbe quella di rafforzare il credito, mentre il suo fondamento sarebbe “costituito dalle ragioni per le quali la legge ritiene opportuno di raffor- zare il credito mediante la solidarietà” (in tal senso, Rubino, Delle obbligazioni, cit., p. 150). Anche questo in teoria é accettabile; in pratica, però, è come inaugurare con grandi solennità e speranze una strada destinata a interrompersi (senza particolari vantaggi) ... pochi metri dopo il suo inizio. Infatti alla domanda “Per quale ragione il legislatore si preoccupa di rafforzare il credito?”, il giurista non  può che  rispondere molto  semplicemente così:  “Perché corrisponde  all’interesse generale (all’interesse dei traffici e del commercio) che si rafforzi il credito, tutte le volte che i mag- giori gravami, di cui si carica di conseguenza il debitore, trovano una seria giustificazione”. E’ questa una risposta banale, ma giusta. E che sia giusta risulta anche dal fatto che, chi ha cercato di individuare le ragioni “per cui é rafforzato il credito”, ha finito poi per cercarle e trovarle sempre nella particolare posizione dei debitori e più precisamente nel loro “comune interesse”. Infatti. In che cosa trova il “fondamento” della solidarietà il Ministro Guardasigilli nella sua Relazione? Nella “comunione di interessi”. Più precisamente il Ministro giustifica l’introduzione nel Codice della presunzione di solidarietà tra condebitori col fatto che “assai di frequente, là dove più debitori sono obbligati per un solo debito, essi sono legati intimamente da una comunione di interessi” (Relazione al Codice Civile, n. 597).
E in che cosa trova “il fondamento” della “solidarietà” la Giurisprudenza? Ancora nella “comu- nione di interessi” dei debitori. Infatti nelle sentenze si ripete tralatiziamente il principio secondo cui “l’identità della prestazione corrisponde normalmente ad un interesse comune e questo a sua volta giustifica la solidarietà del vincolo” (v. per tutti, Cass. 28 luglio 19S9, n. 2403; Cass. 11 luglio 1966, n. 1839, in Giur. it., 1966, I, 1, 814).E’ interessante che nella relazione al progetto del quarto libro del codice civile (Obbligazioni e contratti, Roma, 1936, 33), si giustifichi la solidarietà, nel caso di più debitori “obbligati tutti per la medesima prestazione”, col fatto che “si tratta in tal caso di un affare al quale ciascuno di essi ha una parte di interesse”. Tali parole, se riferite a un (preteso) comune interesse dei debitori alla pro- pria prestazione, non ci pare che abbiano senso; mentre ne acquistano uno, se riferite al comune interesse dei debitori alla prestazione dovuta dalla loro controparte (idest, se riferite alla prestazio- ne dovuta dal loro creditore: l’obbligo di C1 di dare le patate – per riferirci all’esempio già intro- dotto). In effetti (se non in tutti) in molti casi (ad esempio, nel caso di debito contratto da più con- domini per la riparazione della 
res comunis) si può parlare di un interesse comune dei debitori a che sia eseguita nella sua totalità la contro prestazione. Comunque tale interesse comune giustifica la fideiussione reciproca tra i condebitori solo indirettamente e in quanto fa pensare a una loro reci- proca fiducia.

14-E addirittura si può pensare a un rapporto soggettivamente complesso sia dal lato attivo che passivo.

15-Vero è (ed e questo un altro indice della maldestra tecnica legislativa in subiecta materia) che, seguendoilfilodeldiscorsolegislativo,   ladisposizionecosìassurdamentesuonerebbe:“L’obbligazione è in solido quando tra più creditori ciascuno ha diritto ecc.”.

16.Di quelli che si avrebbero in caso di rapporto soggettivamente complesso dal lato.