Enciclopedia giuridica del praticante

 

Lezioni tratte dal libro I di "diritto civile ragionato"

Lezione 1: L'interesse dello Stato allo sfruttamento ottimale dei beni

Doc. Lo Stato, qualsiasi Stato, sia rosso, verde o nero, ha interesse che mercati e negozi siano ben riforniti dei beni, di cui la popolazione desidera fruire e godere. Quindi ha interesse che i campi non siano lasciati incolti e ferme non siano lasciate le macchine delle fabbriche.

Questo perché l’aumento della ricchezza nazionale é per uno Stato un aumento di potenza (aumentando la ricchezza, aumenta il prelievo fiscale e quindi i soldi e quindi i mezzi con cui lo Stato può attuare i suoi scopi); e, a parte questo, una popolazione soddisfatta é, per uno Stato, una forza e una sicurezza (le pance piene non fanno rivoluzioni).

E allora il problema: a chi affidare la gestione dei beni costituenti gli strumenti per aumentare la ricchezza nazionale?

Questo problema, é noto, viene dal nostro stato risolto con l’articolo 42 della Costituzione, che recita:

La proprietà privata é pubblica o privata. I beni economici appartengono allo Stato, ad enti o a privati.

La proprietà privata é riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti”.

I modi con cui i beni vengono distribuiti tra i vari soggetti, di cui parla il primo comma dell’art.42 or ora citato, sono detti dall’articolo 922 del Codice civile, che recita:

“Modi di acquisto (della proprietà)La proprietà si acquista per occupazione (923 ss.), per invenzione (927 ss.), per accessione (934 ss.), per specificazione (940), per unione e commistione (934 ss., 939), per usucapione (1158 ss), per effetto di contratti (1321 ss., 1376 ss.) per successione a causa di morte (456 ss,470 ss), e negli altri modi stabiliti dalla legge (1153 ss)”.

(I numeri che seguono ai vari “modi di acquisto” si riferiscono agli articoli del codice civile che li disciplinano e sono stati da noi messi per permettere allo studioso una prima ambientazione nella sistematica del codice).

E’ noto che lo Stato dà al soggetto, a cui ha attribuito in proprietà un bene, l’esclusivo godimento del bene stesso, contando così che egli da ciò sia pungolato a disporre di questo bene per renderlo al massimo grado produttivo e godibile.

Questa esclusività, che il Legislatore riserva al proprietario nel godimento e nella disposizione del bene, risulta evidenziata nell’articolo 832 del C.C., che così definisce il contenuto del diritto di proprietà: “ Il proprietario ha diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo, entro i limiti e con l’osservanza degli obblighi stabiliti dall’ordinamento giuridico”.

Disc. Sì, ma qual’é il perché di questa esclusività nel potere di disposizione di un bene?

Doc. Il perché é che due poteri assoluti di disposizione su una stessa cosa si bloccherebbero e paralizzerebbero a vicenda: Tizio vuole coltivare il campo a grano, Caio lo vuole coltivare a segala: il campo rimane incolto.

Disc. Però il legislatore pone dei limiti ai poteri del proprietario.

Doc. Sì, non é che il diritto di proprietà é quello che dà al suo titolare tutti i possibili e immaginabili poteri sulla res; no, esso é semplicemente quel diritto che dà al suo titolare il massimo di poteri su una res, che il legislatore ritiene di conferire a una persona. Il diritto di proprietà é semplicemente tra gli iura in re (i vari tipi di diritti di disposizione e godimento di una cosa che, come ci riserviamo di vedere meglio in seguito, lo Stato ritiene possibili) quello che conferisce al suo titolare i maggiori poteri.

Disc. Ma i limiti che il legislatore pone ai poteri del proprietario da che cosa sono dettati.

Doc. Possono essere dettati dalle più varie considerazioni (alla volontà del legislatore, almeno alla volontà del legislatore costituzionale, non si possono mettere restrizioni). Ma qui riteniamo opportuno far notare che la massima parte di tali limiti sono posti nell’interesse della stessa classe dei proprietari. Mi spiego meglio con un esempio: il legislatore fa obbligo al proprietario Tizio di permettere l’accesso nel suo fondo al vicino, Caio, che ne abbia necessità per riparare un muro (vedi meglio l’art. 843), e questo é senz’altro un limite posto a Tizio nel godimento del bene; però é un limite che giova anche a Tizio, dato che anche questi può trovarsi, per compiere delle riparazioni al suo fondo, nella necessità di accedere in quello del vicino.

Disc. Tu hai detto che il legislatore conferisce a una persona, a Tizio, la libera disponibilità di un bene (meglio, la più libera disponibilità compatibile con l’interesse pubblico), nella speranza che questi renda al massimo produttivo un bene; ma se questa speranza é mal riposta, se Tizio per nulla si occupa del bene, per nulla lo rende produttivo?

Doc. A questa domanda Ti risponde l’articolo 838, che recita: “ (…..) quando il proprietario abbandona la conservazione, la coltivazione o l’esercizio di beni che interessano la produzione nazionale, in modo da nuocere gravemente alle esigenze della produzione stessa, può farsi luogo all’espropriazione dei beni da parte dell’autorità amministrativa, premesso il pagamento di una giusta indennità”.

Disc. Il Legislatore ci va cauto prima di ordinare la espropriazione dei beni che il proprietario non si cura di gestire; io sarei più drastico: “Tu, proprietario di un terreno, non lo coltivi? Te ne esproprio”.

Doc. E facendo così....faresti il danno dell’economia nazionale, dato che é fisiologico che chi possiede un patrimonio sia costretto a trascurare la gestione di un bene che lo compone: Tizio ha due campi: il campo A e il campo B; ma non ha i soldi per gestire convenientemente tutti e due i campi (o non ha braccia tanto forti da coltivare tutti e due campi): ha bisogno che la coltivazione del campo A gli renda tanto da poter investire, col suo reddito, anche nella coltivazione del campo B (o che il figlio ancora bambino cresca tanto da aiutarlo nella coltivazione del campo B). Se tu non gli dai tempo e respiro, qualsiasi mastro Don Gesualdo, che come una bestia lavora per accumulare un patrimonio, sarebbe da ciò disincentivato dal pericolo di essere espropriato di uno o più beni da lui così faticosamente acquisiti, solo che si trovasse in temporanea difficoltà di gestirli.