Enciclopedia giuridica del praticante

 

Domande e risposte

D. Che cosa sono i “diritti della personalità” ?

R.- Sono un gruppo di diritti, come tali riconosciuti dalla generalità, direi, degli studiosi, in base alle seguenti due affermazioni ( di carattere ideologico, quindi da accogliersi..... con beneficio di inventario ): prima, che vi sono interessi connaturati all'essere umano (come, l'interesse alla salute, l'interesse a esprimere liberamente il proprio pensiero....) e che quindi ogni uomo ha, indipendentemente che sia ricco o povero, giovane o vecchio ecc. ; seconda ( affermazione ) che la tutela di tali interessi non può essere omessa senza sacrificare fondamentali valori della Costituzione .

D.- Ma la tutela di tali interessi ha comunque la sua base nel diritto positivo , cioé in una volontà espressa dall'organo legislativo ?

R.- Alcune volte la tutela di tali interessi si basa su precise disposizioni del codice civile, di leggi speciali, di convenzioni internazionali ( come la convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali approvata nel 1950, per iniziativa del Consiglio d'Europa e ratificata dall'Italia con l. 848/1955 ) ; altre volte viene ricavata dalla Costituzione.

D. In che senso viene ricavata dalla Costituzione, nel senso che viene operata una interpretazione estensiva o analogica di una norma costituzionale ?

R. Ciò potrebbe considerarsi perfettamente ammissibile ; però alcune volte, la tutela di certi interessi viene dedotta dalla semplicistica considerazione che essi sono tutelati da una norma costituzionale. Senza considerare, però, che, la tutela costituzionale di un interesse,, non esclude di per sé che a tale interesse possano essere posti dei limiti. Ad esempio : il legislatore costituzionale mostra con varie norme ( vedi l'art.14 Cost. che stabilisce che “il domicilio é inviolabile”; vedi l'art. 15, che stabilisce la segretezza della corrispondenza ) di tutelare l'interesse che ogni uomo ha a non rendere pubblici certi suoi comportamenti : ma la tutela di tale interessa va spinta al punto di proibire che una persona venga fotografata sulla pubblica strada ? Se un giudice risponde “sì” a tale quesito, egli certamente viene a tutelare un interesse che la costituzione tutela , ma potrebbe venire a tutelarlo oltre quel limite che il legislatore ordinario avrebbe senza dubbio il potere ( costituzionale) di porre : é chiaro quindi che il giudice nel caso si arrogherebbe un potere che per la Costituzione spetta solo all'organo legislativo. E con ciò farebbe cosa inammissibile.

D. Sia come sia : noi fermiamoci qui alla constatazione che, ammissibile o no che sia, alcuni diritti della personalità sono di “creazione giurisprudenziale” e andiamo oltre : ha senso parlare di diritti che tutelano la personalità ?

R.- No, non ha senso, per la semplice ragione che parlare di “personalità” é parlare di una cosa evanescente, che nessuno sa che cosa sia.

D.-Vero é però che alcuni comportamenti ( vietati in quanto si assume conculchino la personalità ) ad esempio spiare quel che uno fa nel suo domicilio, che cosa dice per telefono, se ammessi potrebbero rendere stressante la vita di una persona, o, con altre parole, potrebbero mettere in crisi la sua persona.

R.- Questo é vero ; ma é anche vero che così non é per alcuni, anzi, direi, per la maggior parte dei così detti diritti della personalità : ad esempio non si comprende come potrebbe mettere in crisi la personalità di un attore famoso, l'abbinare la sua immagine, a scopo pubblicitario, a un dentifricio.

D.-Sia come sia, a questo punto mi pare più pratico passare ad esaminare i vari diritti della personalità.

R. Omettendo il diritto alla vita, alla libertà e altri che interessano soprattutto il penalista passerò in rapida rassegna quei diritti della personalità che interessano soprattutto il civilista , e cioé : 1) il diritto all'onore; 2) il diritto all'identità; 3) Il diritto al nome; 4) il diritto all'immagine; 5) il diritto alla riservatezza; 4) il diritto alla salute e alla integrità fisica.

D.- Cominciamo dunque dal diritto al identità

R.- Le azioni che compie una persona sono un po' il suo biglietto da visita : in base alle azioni che ha compiute sarà apprezzato ( metti come professionista) da certe persone o da altre disprezzato. E una persona ambiziosa nella giusta maniera si sforza di compiere certe azioni e non altre, proprio perché vuole esibire al pubblico una certa “carta da visita” : ad esempio, il professionista avvocato Cicero si sforza di studiare bene le cause in modo da poter esibire alla sua clientela un pedegree di tutto rispetto ( la vittoria nelle cause, A,B,C...), il politico onorevole Arruffone si sforza di tenere una linea politica coerente, per non deludere il suo elettorato; e così via. E' chiaro che tali sforzi sarebbero vanificati se qualcuno venisse ad attribuire all'avvocato Cicero una causa finita male per la difesa e al politico un azione non coerente con la sua ideologia. Ecco perché una persona “ambiziosa nel modo giusto” ha interesse che non vengano attribuiti alla sua paternità e comunque collegati alla sua persona, se non fatti che veramente da essa sono stati compiuti o in cui davvero essa é stata coinvolta.

D.- Ma se a una persona venissero attribuiti dei fatti positivi? Ad esempio, all'avvocato Cicero fosse attribuita la difesa in una causa dall'esito insperabilmente positivo ?

R. Non importa, una persona “ambiziosa nel modo giusto” vuole essere apprezzata per i suoi meriti e non per i meriti altrui.

D. Se si tratta di una persona “ambiziosa nel modo giusto”....

R.- Ma il legislatore deve partire sempre da questo presupposto.

D.-Ma qual'é la norma che provvede alla tutela del interesse alla propria identità ?

R.- Una norma che provveda chiaramente a tale tutela non esiste. Per cui può ben dirsi che il diritto all'identità é un tipico diritto di creazione giurisprudenziale. Però c'é una normativa che dà una base a tale creazione ed é la normativa che riconosce alla persona il diritto al nome e all'immagine..

D.Parliamo del diritto al nome.

R. Com'é noto, ogni persona ha diritto a un nome costituito da un prenome ( Luigi ) e da un cognome (Sanguineti ). Nome e cognome che nono attribuiti dalla legge attraverso determinati criteri : il prenome deve essere quello attribuito da chi fa la dichiarazione di nascita ( all'anagrafe ), il cognome per il figlio legittimo deve essere lo stesso del padre, per il figlio nato fuori dal matrimonio deve essere quello del genitore che per primo l'ha riconosciuto , il cognome della moglie é composto dal cognome che aveva da nubile più il cognome del marito, e così via.

E la legge ( precisamente il terzo comma dell'articolo 6 ) non ammette modifiche al nome se non con le procedure e le autorizzazioni da essa prescritte.

D. Perché questo ?

R.- Perché l'immutabilità del nome permette alla società di memorizzare i fatti compiuti o subiti o che comunque vedono coinvolta una persona. Io vedo una persona sparare una rivoltellata a Pinco Palino e, se ne conosco il nome, se so che questa persona si chiama Bianchi, mi é facile denunciare il fatto alla Polizia ( “Ieri ho visto Bianchi sparare a Rossi”), se, invece, non ne conosco il nome, la cosa diventa per me ( e per la polizia ) assai più difficile. Inoltre, anche dopo dieci, venti anni dopo il fattaccio, chi tratterà con Bianchi, sapendo che il suo nome é ( appunto!) Bianchi, avrà presente ( se la “memoria sociale” ha ben funzionato) che egli ha fatto questo e quest'altro.

Tutto questo ci fa comprendere perché la legge non ammetta che uno cambi il suo nome.

Ma se la legge non vuole che una persona possa agire sotto un falso nome, tanto meno ammetterà che una persona possa agire utilizzando un nome altrui. In questo caso infatti, non solo si impedisce il funzionamento della memoria sociale, ma la si falsifica con danno di un terzo : Rossi usurpa il nome di Verdi , e, con il nome così usurpato, compie una truffa , che sarà così registrata nella memoria sociale come compiuta da Verdi.

R.- Proprio per questo il secondo comma dà diritto alla persona, che “possa risentire pregiudizio dell'uso che altri indebitamente faccia ( del proprio nome ) di chiedere giudizialmente la cessazione del fatto lesivo”.

D.- E a me pare che, il fatto che il legislatore ritenga inammissibile che Rossi finisca per attribuire falsamente a Bianchi un dato fatto (buono o cattivo che sia!) col sistema di usare il suo nome, giustifichi pienamente il passaggio logico compiuto dalla giurisprudenza col ritenere inammissibile che Rossi falsamente attribuisca tout court a Bianchi un fatto ( buono o cattivo che sia ).

Però mi sembra che la disposizione di legge da te citata vada oltre.

R. E infatti l'anodinità dell'avverbio “indebitamente” usato dal legislatore ( quando mai vi é un uso “indebito” di un nome? certo vi é quando la persona, a cui tale nome non compete, compie un'azione sotto la sua copertura; ma vi é solo in tal caso?) apre uno spazio che viene riempito dagli Studiosi del diritto.

D. Come viene riempito ?

R- Viene riempito ritenendo uso indebito di un nome l'attribuzione, a chi porta tale nome, di fatti veri ; pensa a una reclame del tipo “Vieni a soggiornare nell'hotel A. Un hotel che ha avuto tra i suoi ospiti l'attore Verdi” ( ci si pone nel caso che effettivamente l'hotel A abbia avuto tra si suoi ospiti l'attore Verdi).

D. Ciò mi pare giusto : l'attore Verdi ha faticato per farsi un”nome” e quindi é naturale e giusto che voglia pretendere dei soldi da chi lo vuole usare.

R. Non discuto, ciò potrebbe essere giusto, ma a dirlo dovrebbe essere il legislatore e invece egli non lo dice ( almeno direttamente : mentre indirettamente una volontà legislativa in tal senso potrebbe ricavarsi dalla normativa sul diritto all'immagine di cui parleremo postea ) : il legislatore si limita a dichiarare inammissibile l'uso “indebito” del nome, cioé che frustra le finalità per cui il legislatore attribuisce un nome diverso a ogni diversa persona : finalità che consistono nella identità di una persona. Mentre, nell'esempio fatto a essere frustrata é semplicemente l'interesse di una persona a lucrare sull'uso del proprio nome.

D.- E se i fatti attribuiti, usando il nome di Rossi, fossero veramente veri, ma nocivi alla sua fama ? Penso a una reclame del tipo : “Bomba, il whisky preferito dall'attore Rossi” ( e infatti l'attore Rossi potrebbe tenerci a non essere considerato un amico di ...Bacco).

R. In tal caso entra in gioco un altro fattore, la tutela del diritto all'onore di una persona : tale tutela, nella normativa penale, si limita a interdire solo le offese al “onore e decoro” ; però , con un salto logico ( a dir il vero non piccolo ) potrebbe, in civile, essere estesa fino a interdire l'attribuzione a una persona quei fattii che, sia pur veri, la caratterizzano in una maniera, che a lei può essere non gradita.

D. Abbiamo visto che il legislatore ritiene inammissibile l'usurpazione del nome altrui. Ma se Rossi, non utilizza il nome di Bianchi, ma, ponendo in dubbio il diritto di Bianchi a usarlo , e così facendo sorgere nel pubblico il dubbio sul diritto di Bianchi di usarlo, di tale nome, almeno parzialmente, lo priva ?

R. Anche un tale comportamento viene dal legislatore ritenuto inammissibile . Infatti, il primo comma dell'articolo 7, dà diritto anche alla persona “ alla quale si contesti il diritto all'uso del proprio nome” “ di chiedere giudizialmente la cessazione del fatto lesivo”.

Dunque due sono le aggressioni al nome che il legislatore reprime : la contestazione e l'usurpazione del nome.

D. Ma alla tutela di un nome ha diritto solo il suo legittimo titolare ?

R. No, anche chi a tale tutela ha interesse – però, bada, non un interesse qualunque ma un “interesse fondato su ragioni familiari degne di essere protette” : pensa alla vedova, nel caso il nome violato sia quello del marito defunto. Più precisamente l'articolo 8 recita . “ Nel caso previsto dall'articolo precedente, l'azione può essere promossa anche da chi, pur non portando il nome contestato o indebitamente usato, abbia alla tutela del nome un interesse fondato su ragioni degne d'essere protette”.

D.- E quando oggetto dell'aggressione é uno pseudonimo ?

R. Se tale pseudonimo “avesse acquistata l'importanza del nome” anche ad esso si estenderebbe la tutela al nome attribuita. Più precisamente l'articolo 9 recita “ Lo pseudonimo, usato da una persona in modo che abbia acquistato l'importanza del nome, può essere tutelato ai sensi dell'articolo 7”.

D.-Ma in definitiva in che cosa consiste la tutela offerta dal legislatore ?

R.- L'articolo 7 concede al titolare del nome i seguenti tre rimedi ( di cui può giovarsi per il disposto dell'art.8 anche chi agisce “per ragioni famigliari” ) : 1)L'inibitoria, cioé un provvedimento del giudice che ordina all'aggressore di cessare il comportamento lesivo; 2) la pubblicazione del provvedimento in uno o più giornali; 3) il risarcimento del danno.

D.- Passiamo ora a parlare del diritto all'onore : da che norme si ricava ?

R.- L'esistenza di un diritto ( un po' riduttivamente , come vedremo) qualificato come diritto all'onore, si ricava da due norme del codice penale : l'articolo 594 che punisce “chiunque offende l'onore e il decoro di una persona presente” e l'articolo 595, che punisce “chiunque ...comunicando con più persone, offende l'altrui reputazione”.

L'interesse tutelato dalle norme in questione, possiamo sintetizzarlo dicendo che é l'interesse che ha una persona a che le altre persone nei suoi confronti si comportino “con rispetto”, cioé così come se fosse una persona d'onore ( vale a dire, una persona che si conforma alle regole morali generalmente accettate nella società in cui vive) e capace di rendersi socialmente utile specie nella sua professione (quindi, capace di essere un buon avvocato, se é un avvocato, capace di essere un buon idraulico, se é un idraulico ).

D.- Che ci si debba comportare verso una persona come se fosse una “persona d'onore” risulta senz'altro dall'articolo 594, dato che questo articolo punisce chi offende l'onore altrui; ma da tale articolo non mi pare che risulti che ci si debba comportare verso una persona come se fosse professionalmente competente : se io dico a Sempronio “ Lei é un avvocato incompetente” non mi sembra di offenderne l'onore, dato che si può essere un avvocato incompetente ma onesto.

R. E in effetti che ci si debba comportare verso una persona come se fosse professionalmente competente ( più in genere, come se fosse capace di rendersi utile nella società ) risulta, non dall'articolo 594 ( salvo quel che diremo postea in merito alle offese al decoro ) ma dall'articolo 595, che punisce chi lede la “reputazione” ; dove con la parola “reputazione” si indica l'opinione, che noi abbiamo interesse che gli altri abbiano nei nostri confronti, dato che tale opinione é il presupposto a che esse ci frequentino e con noi contrattino fiduciosamente ( ad esempio, che bussino allo studio di me, avvocato, fiduciosi che li difenderò bene, che bussino alla porta di me, elettricista, fiduciosi che saprò bene riparare l'impianto elettrico della loro casa...). Tuttavia va detto che, se il porre in dubbio o negare la competenza professionale di una persona, normalmente rientra solo nella previsione dell'articolo 595 - per cui costituisce reato e, per quel che qui più interessa, lede un diritto della personalità, solo se avviene “comunicando con più persone” -; esso però viene a rientrare anche nella previsione dell'articolo 594, quando, per la aggressività con cui avviene, costituisce un'offesa al decoro. Infatti si ha un'offesa al decoro di una persona quando si tiene verso di lei un comportamento, che fa vedere che ci si considera in diritto di prendersi, con lei, quelle “libertà” che ci si può pretendere solo con un “emarginato” un “paria” della società.

D. Mi sembra di capire cosa si intenda per offesa al decoro, ma dammi un altro esempio.

R.- Pensa a Tizio che dà a Caio del “morto di fame” : forse che essere povero é cosa contraria all'onore ? Certamente no, ma, il fatto che sia aggredito verbalmente, fa pensare che Caio non sia degno di stima perché...non ha “onore”.

D. Ma se effettivamente non ha “onore” : fosse un ladro, un truffatore...?

R- Anche in tal caso meriterebbe tutela il suo interesse, ad andare per la strada, ad entrare in un ristorante, a muoversi insomma nella società, sicuro che nessuno gli mancherà di rispetto e gli farà uno sgarbo. A prescindere che é anche interesse della società metterlo nelle condizioni di guadagnarsi onestamente il pane e rifarsi una vita ( in altre parole l'interesse di Caio all'oblio dei suoi trascorsi delittuosi corrisponde anche all'interesse della società ).

D.- Ma la società ha anche diritto di difendersi.

R.- Nessuno nega ciò. Se tu sei comproprietario di un immobile con Caio e Sempronio, e questi propone di venderlo a Cornelio, che tu conosci come un perfetto truffatore, nessun reato di diffamazione commetti a informare di ciò i tuoi comproprietari ( perché stai esercitando il tuo diritto di difesa – art. 52 C.P. ).

D.- Ma perché io mi difenda dal truffatore Caio, bisogna che io sappia che Caio é un truffatore; e normalmente io posso sapere ciò solo leggendo i giornali o vedendo la televisione.

R.- Ma nessuno impedisce ai mass media di informare il pubblico delle malefatte di una persona ; infatti essi così facendo esercitano un diritto costituzionale : il diritto di cronaca.

Diritto però che incontra seconda la giurisprudenza i seguenti tre limiti :

primo: la notizia fornita dal giornalista deve essere vera o, se falsa, deve essere stata ritenuta vera in buona fede – c.d “verità putativa” – dopo adeguati controlli ;

secondo (limite): la notizia deve corrispondere a un apprezzabile interesse sociale ( in quanto riguarda ad esempio chi ricopre un pubblico ufficio );

terzo ( limite) : la notizia deve essere data con la dovuta “continenza” ( cioé evitando inutili aggressioni verbali ).

D.- A questo punto passiamo a parlare di un quarto diritto della personalità : il diritto all'immagine.

R.- Bisogna distinguere l'interesse di una persona a che la sua immagine non sia ripresa, dall'interesse di una persona a che una sua immagine non sia esposta agli sguardi del pubblico

D Cominciamo a parlare del primo interesse. Penso che tu ti riferisca a una riproduzione fatta con strumenti meccanici, per intenderci, con un apparecchio di ripresa fotografica o televisiva.; e non a una ripresa fatta con matita e pennello da un pittore.

R. E' così. Infatti il legislatore non contempla il caso di un ritratto fatto a mano: evidentemente perché questo non può avere quella pretesa di fedeltà ai fatti, che ha invece la fotografia.

D.- Chiarito questo veniamo al punto : il legislatore permette la ripresa fotografica di una persona ?

R. Certamente no, quando essa si trova nel suo “domicilio”. Ciò risulta dal comma primo dell'art. 615bis, che punisce“chiunque, mediante l'uso di strumenti di ripresa visiva....si procura indebitamente ...immagini attinenti alla vita privata svolgentisi nei luoghi indicati nell'art. 614”.

D.- Quindi chi fa la fotografia dell'attore famoso, mentre nel suo giardino si beve tranquillamente un tè, commette un reato

R.- Sì, ma attento, non bisogna confondere l'interesse che uno può avere a non vedere ripresa fotograficamente la propria persona, con l'interesse che può avere alla privacy. Nell'esempio da te fatto é leso, sì, il primo interesse ma soprattutto il secondo.

D.- Quel che importa é che anche il primo interesse viene leso. Andiamo avanti. Ma se chi ha diritto allo ius escludendi ( dal suo domicilio) ha consentito alla fotografia ?

R. Se chi é fotografato é la stessa persona che ha lo ius excludendi, chiaramente nessun illecito vi é. E bada : il consenso può essere dato anche implicitamente : Caio e Caia in un balcone, che dà su una pubblica via frequentatissima, si baciano: chiaro che nel caso il reato é escluso. Se invece chi viene fotografato é un ospite ( di chi, avendo lo ius excludendi, ha dato il consenso ), ebbene in tal caso un dubbio é lecito

D- Ma veniamo al caso che Caio fotografi un attore famoso mentre questi passeggia nella pubblica strada o comunque é in un luogo pubblico ( in un bar, in un ristorante...). In un tal caso io escluderei, non solo ovviamente il reato di cui all'art. 615bis, ma anche la lesione di un diritto della personalità, dal momento che, chi va in un luogo pubblico, con ciò stesso accetta di esporsi allo sguardo del pubblico.

R- Probabilmente la soluzione da te proposta é quella giusta. Però io non la farei così semplice come la fai tu. Un conto é accettare di esporsi allo sguardo del pubblico, un conto accettare di farsi fotografare. Chi mi vede baciare una ragazza nella pubblica strada, sa, sì, che io ho baciato una ragazza, ma non può provare a un terzo ( metti, a mia moglie ) che ho baciata una ragazza. Ciò ti fa comprendere che un legislatore potrebbe anche spingersi, nella tutela del diritto all'immagine, fino a stabilire l'inammissibilità di fotografare i fatti svolgentisi in luogo pubblico. Questo tanto più quando la ripresa fotografica si presenta chiaramente prodromica al compimento di un fatto ( la pubblicazione della fotografia ), che é illecito se avviene contro il consenso del fotografato.

D.- Parliamo dunque di quando é lecita la pubblicazione di una immagine.

R. Sul punto vi é una abbastanza precisa disciplina legislativa - che é data dall'articolo 10 del C.C. e dagli artt. 96, 97 Legge 27 aprile 1941 n.633 ( c.d. Legge sui diritti d'autore) – i quali così recitano:

Articolo 10 C.C. : “ Qualora l'immagine di una persona o dei genitori, del coniuge o dei figli sia stata esposta, o pubblicata fuori dei casi in cui l'esposizione o la pubblicazione é dalla legge consentita, ovvero con pregiudizio al decoro o alla reputazione della persona stessa o dei detti congiunti, l'autorità giudiziaria, su richiesta dell'interessato, può disporre che cessi l'abuso, salvo il risarcimento del danno”.

Art. 96 L.A. : “Il ritratto di una persona non può essere esposto, riprodotto o messo in commercio senza il consenso di questa, salve le disposizioni dell'articolo seguente.

Dopo la morte della persona ritratta si applicano le disposizioni del secondo, terzo e quarto comma dell'art. 93”.

Art. 97 : “Non occorre il consenso della persona ritratta quando la riproduzione dell'immagine é giustificata dalla notorietà o dall'ufficio pubblico coperto, da necessità di giustizia o di polizia, da scopi scientifici, didattici o culturali, quando la riproduzione é collegata a fatti, avvenimenti, cerimonie di interesse pubblico o svoltisi in pubblico.

Il ritratto non può tuttavia essere esposto o messo in commercio, quando l'esposizione o messa in commercio rechi pregiudizio all'autore, alla riputazione ed anche al decoro della persona ritratta”.

D.- Come si spiega che il legislatore abbia subordinato al consenso del ritrattato la pubblicazione della sua immagine ?

R.- Si spiega in primo luogo col fatto che il legislatore ha ritenuto meritevole di tutela l'interesse che ha una persona a “passare inosservata”; cosa che la pubblicità della sua immagine può rendere evidentemente difficile : io voglio poter andare a passeggiare per le vie di Roma senza essere oggetto della curiosità dei passanti : cosa ben difficile se la mia immagine é stata pubblicata come quella del famoso scrittore del libro vattelapesca.

In secondo luogo, il subordinare al consenso del ritrattato la pubblicità della sua immagine, si giustifica con la volontà di tutelare la identità e l'onore di una persona. Infatti l'immagine di questa potrebbe essere pubblicata in associazione ad altre immagini o scritte, che potrebbero ledere il suo onore, la sua reputazione o falsare la sua identità.

In terzo luogo, il divieto di pubblicazione di una immagine mira ad impedire che divengano di pubblico dominio i fatti ( poco importa se lesivi o no della reputazione e del decoro ) che riguardano la vita di una persona : io vado a braccetto con una bionda per le strade di quella certa cittadina e certo tutti gli abitanti di tale cittadina lo possono vedere, ma non voglio che lo vedano gli abitanti di tutte le città di Italia.

Come si vede in tutti questi casi le disposizioni in esame ( art. 10 C.C. Art.96 L.A eccetera ) sono in linea con le norme che tutelano diritti della personalità..

La giurisprudenza ritiene, però, che, con le disposizioni in esame, il legislatore abbia anche ritenuto meritevole di tutela un quarto interesse , del tutto diverso da quelli sopra detti ( relativi alla tutela dell'onore, dell'identità eccetera ) e la cui tutela, se effettivamente esistente, dovrebbe richiamarsi a considerazioni del tutto diverse da quelle che giustificano la tutela di tali interessi ( relativi alla tutela dell'onore, della reputazione eccetera ) : tale quarto interesse sarebbe quello che ha una persona a monetizzare la fama raggiunta : l'attore Pinco Pallino, divenuto celebre, pretende dei soldi dalla ditta, che vorrebbe associare la sua immagine a un suo prodotto per reclamizzarlo, e il legislatore, ancorché la pubblicità della immagine non possa nuocere nè alla privacy dell'attore, la cui immagine é già diffusissima, né al suo onore o alla sua identità, riterrebbe giusto anche in tal caso il subordinare la pubblicità dell'immagine al consenso del ritrattato.

A noi questa sembra un'interpretazione azzardata. Anche se, ci rendiamo conto, che diventerebbe difficile negare la tutela in oggetto, dal momento che é difficile ( ma non sempre impossibile ) dimostrare il motivo che spinge una persona a negare il suo consenso alla pubblicità della sua immagine.

D.-Dal secondo comma dell'articolo, sembrerebbe che la pubblicità di una immagine, che rechi pregiudizio alla reputazione, all'onore e al decoro di una persona, non sia ammissibile, anche se questa, alla pubblicità, consente. Ma una persona - come può confessarsi pubblicamente autrice di fatti che la disonorano, ne offendono la reputazione, ne ledono il decoro - perché non potrebbe consentire alla pubblicazione della sua immagine, anche se questa provoca per lei tale negative conseguenze ?

R In effetti é difficile comprenderlo.

Diverso però é il caso , effettivamente caduto sotto l'esame della giurisprudenza, di Tizio, che dà il suo consenso alla pubblicità della sua immagine e poi la vede associata a altre immagini o a scritte o a un commento sonoro in modo tale, che il tutto viene a offendere effettivamente il suo onore, la sua reputazione, il suo decoro. Ma é chiaro che, in tale caso, non si può parlare di un consenso, voglio dire di un consenso a quella pubblicità della immagine.

D Non é strano che, mentre , in ossequio al diritto di cronaca, si ammette la pubblicazione di notizie che riguardano persone ricoprenti cariche pubbliche, anche se sono offensive del loro onore, non si ammetta poi la pubblicità di immagini riguardanti persone che ricoprono pubblici uffici, se contrarie al loro onore, alla loro reputazione o decoro ? Non é strano che mentre l'articolo 94 autorizza la pubblicità di un corrispondenza epistolare, anche senza il consenso dell'autore, quando ciò é necessario “ai fini di un giudizio civile o penale” , l'articolo 97 non permetta la pubblicità di una immagine ( offensiva dell'onore eccetera o in difetto del consenso del ritrattato ) anche se tale pubblicità é dettata “ da necessità di giustizia o di polizia”?

R - Certamente ciò é molto strano e fa sorgere il sospetto che la normativa sul diritto all'immagine soffra di un difetto di coordinamento.

D - Comunque sia, passiamo a parlare del diritto alla privacy, detto anche diritto alla riservatezza.

R Noi abbiamo già visto parlando del diritto all'immagine un aspetto che può assumere tale tutela : un aspetto tutto particolare, perché la riservatezza viene tutelata facendo in modo che fatti, che pure avvengono in pubblico, passino inosservati dal pubblico ( lo scrittore tal dei tali, la sua immagine non essendo da nessuno pubblicata, può circolare per le vie di Roma senza che nessuno lo noti ), però più numerose sono le norme che mirano a impedire che fatti privati divengano di dominio pubblico o anche più semplicemente vengano a conoscenza di terzi.

Ne facciamo un elenco.

I- Le norme che tutelano “la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione” : vedi in primis l'art. 15 della costituzione e tutta una lunga serie di norme penali ( artt. 616 e seguenti del codice penale, che puniscono : la violazione di corrispondenza, l'illecita presa di cognizione di conversazioni telefoniche o telegrafiche, l'intercettazione di comunicazioni informatiche o telematiche....).

D.- Quindi commette un illecito Caio che intercetta la telefonata tra Lucrezio e Cornelio o che legge la corrispondenza intercorsa tra Lucrezio e Cornelio.

Ma Cornelio può fare leggere a Caio la corrispondenza intercorsa tra lui e Lucrezio.

R. Quello, sì. Commetterà una scorrettezza ma non un illecito. Un illecito però Cornelio commetterebbe, se rendesse pubblica la corrispondenza da lui avuta con Lucrezio, qualora tale corrispondenza avesse “carattere confidenziale o si riferisse alla intimità della vita privata” ( art. 93 L. 27.04.1941 n.633).

D.-E se Cornelio incide la telefonata che ha avuta con Lucrezio e la rende pubblica fa cosa illecita?

R.- La cosa é discutibile, ma io direi di sì.

D.- E Se Cornelio si limita a far ascoltare a Caio la telefonata che gli sta facendo Lucrezio oppure registra tale telefonata e la fa ascoltare a Caio ?

R.- In tal caso fatto io non vedrei nessun illecito