Enciclopedia giuridica del praticante

 

Domande e risposte

D.- Poniamo che Tizio mi venda un'automobile e io poi, al momento di usarla, venga a scoprire che il motore non funziona , posso chiedere l'annullamento del contratto , così come, parlando dei vizi del consenso, abbiamo visto può farlo chi compra una cosa perché caduto in errore ?

R.- Non vedo perché non potrebbe chiederlo : infatti i presupposti per promuovere l'azione di annullamento ci sarebbero tutti. Senza dubbio lei ha comprato l'auto perché caduto in errore ( se avesse saputo che il motore non funzionava non l'avrebbe comprata ) e tale errore era senza dubbio essenziale ( ai sensi dell'articolo 1429, dato che veniva a cadere su una “qualità dell'oggetto della compravendita che, secondo il comune apprezzamento o in relazione alle circostanze, dovrebbe ritenersi determinante del consenso”) ed era inoltre riconoscibile dal venditore.

 

D. Sul punto che fosse riconoscibile ci sarebbe da discutere : era riconoscibile, se il venditore sapeva che il motore dell'auto non era funzionante, ma se non lo sapeva, l'errore in cui era caduto il compratore non era da lui riconoscibile per la semplicissima ragione che in tale errore anche lui era caduto.

 

R. Allora io concederei all'acquirente, l'azione di annullamento, nel caso il venditore fosse stato a conoscenza del cattivo funzionamento del motore, e l'azione di risoluzione per inadempimento contrattuale, nel caso il venditore non fosse stato a conoscenza del vizio dell'automobile.

 

D. Inadempiente, il venditore che ignorava il vizio, perché ? Si spieghi meglio.

 

R. Perché egli per l'articolo 1476 aveva l'obbligo di consegnare all'acquirente la cosa pattuita, mentre gli ha consegnato una cosa diversa : un'auto perfettamente funzionante é una cosa diversa da un'auto malfunzionante.

 

D.- Le dirò subito che, se a un suo cliente, che avesse acquistato un'automobile malfunzionante per un vizio conosciuto dal venditore, lei consigliasse di percorrere la strada della domanda di annullamento, gli farebbe percorrere una strada, a mio parere giusta, ma infida, perché la proponibilità dell'azione di annullamento, nel caso in oggetto, é discutibile . Valido sarebbe invece il consiglio ( e valido in tutte e due i casi prima fatti : quello del venditore in malafede, in quanto conosce l'esistenza del vizio e quello del venditore in buona fede ) di domandare la risoluzione del contratto , a patto però di tenere conto delle particolare disciplina, che, a tale domanda di risoluzione, il legislatore dà in materia di vizi della cosa compravenduta. Con che istituto, me lo può dire ? Certamente lo sa, non cada in confusione a causa della domanda trabochetto, che le ho fatto all'inizio. L'aiuto: non ha mai sentito parlare di azione redibitoria e di azione estimatoria o quanti minoris ?

 

 

 

R. Che stupida, non ci pensavo : si tratta dell'istituto della garanzia contro i vizi della cosa.

 

D.- Non se la prenda con se stessa, sono io che, con la mia domanda trabochetto, l'ho portata fuori strada. Ma ora la giusta, tranquilla strada da consigliare al cliente l'abbiamo trovata e...parliamo quindi delle garanzie che il venditore deve al compratore : la garanzia contro i vizi della cosa e la garanzia contro l'evizione. Per cominciare mi parli di questa.

 

R.- Sì, la garanzia contro i vizi della cosa é prevista dal legislatore negli articoli 1490 e seguenti. L'articolo 1490 recita nel suo primo comma : “Il venditore é tenuto a garantire che la cosa venduta sia immune da vizi che la rendano inidonea all'uso a cui é destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore”. L'articolo 1492 nel suo primo e secondo comma poi stabilisce : “ Nei casi indicati dall'articolo 1490, il compratore può domandare a sua scelta la risoluzione del contratto ovvero la riduzione del prezzo (…) - La scelta é irrevocabile quando é fatta con la domanda giudiziale”.

 

D. Nell'articolo 1490 il legislatore fa un'eccezione alla disciplina data, negli articoli 1427 e seguenti, all'errore-vizio del consenso e fa un'altra eccezione alla disciplina della domanda di risoluzione fatta nell'articolo 1453 : mi vuole dire in che consistono tali eccezioni ?

 

R.- La prima eccezione va vista nel fatto che la parte, il cui consenso fu dato per errore, ha solo diritto, per l'articolo 1427, di chiedere l'annullamento, non può pretendere di conservare il contratto dopo aver operata una riduzione del prezzo – cosa che invece, per l'art. 1492, può fare l'acquirente di cosa viziata. La seconda eccezione, va vista nel fatto che, mentre l'articolo 1453, nel suo secondo comma, permette alla parte di chiedere la risoluzione anche quando “il giudizio é stato promosso per ottenere l'adempimento” ; l'articolo 1492 tassativamente esclude che, una volta proposta la domanda di riduzione, si possa proporre la domanda di risoluzione ( e secondo la migliore interpretazione non ritiene ammissibile la domanda di riduzione - che implica la scelta di far valere l'esecuzione e l'adempimento del contratto – non solo quando é proposta dopo la domanda di risoluzione ma anche quando é proposta contestualmente , vale a dire nello stesso giudizio, con la domanda di risoluzione ; questo mentre la prevalente interpretazione dell'articolo 1453 ammette la domanda di adempimento se proposta come subordinata della domanda di risoluzione )

 

D. Può l'acquirente domandare il risarcimento del danno ?

 

R. Sì, lo può per l'articolo 1494, se il venditore era a conoscenza dei vizi . E, vi é da notare, che, sempre nell' articolo 1494, il legislatore si preoccupa ( al contrario di quel che fa nell'articolo 1453) di stabilire chiaramente che, non deve essere l'acquirente a provare che il venditore conosceva i vizi, ma deve essere il venditore a

provare che non li conosceva. Infatti l'articolo 1494 recita : “In ogni caso il venditore é tenuto verso il compratore al risarcimento del danno, se non prova di avere ignorato senza colpa i vizi della cosa”.

Quindi il venditore per liberarsi dell'obbligo di risarcimento deve provare sia di aver ignorato i vizi sia di averli ignorati senza colpa.

 

D. Ma a parte tutte queste diversità, ce n'é una veramente fondamentale. Tanto fondamentale da costituire il vero spartiacque tra le varie fattispecie ( contemplate dal legislatore negli articoli 1490 – 1497 ) in cui l'acquirente riceve un “minus” rispetto al pattuito, in quanto riceve una cosa il cui utilizzo non gli dà quei risultati che aveva diritto di aspettarsi ( l'autocarro può trasportare solo 10 mentre é stato acquistato per trasportare venti ) e le altre fattispecie ( contemplate dal legislatore negli articoli 1479 – 1489 ) in cui l'acquirente riceve un “minus” - non già perché l'utilizzo della res non sia in grado di dargli quei risultati economici che aveva diritto di aspettarsi ( Caio che ha comprato quel terreno potrebbe benissimo ricavarvi quei cento quintali di grano su cui faceva conto al momento dell'acquisto ) - ma perché egli non ha sulla res quella pienezza di poteri giuridici che aveva diritto di aspettarsi ( sul campo comprato da Caio grava un diritto di usufrutto per cui Caio non può coltivarlo ).

Mi sa dire lei qual'é questa diversità fondamentale ?

 

R. E' l'ostacolo all'esercizio del diritto di risoluzione e di riduzione del prezzo, che l'acquirente incontra per i termini e le condizioni poste dall'articolo 1495 all'esercizio dell'azione redibitoria ( cioé all'azione diretta a provocare la risoluzione del contratto ) e all'azione estimatoria, anche detta azione quanti minoris ( cioé all'azione diretta alla riduzione del prezzo ). Caio, che ha comprato il terreno su cui grava un diritto di usufrutto ( o un diritto di locazione, o un onere o, addirittura, un diritto di proprietà altrui ), ha tempo, per chiedere la risoluzione o la riduzione del prezzo, dieci anni ; Caio, che ha comprato l'autocarro mancante delle qualità promessigli, ha tempo, per chiedere la risoluzione o la riduzione del prezzo, solo un anno, ma non solo, é soggetto anche all'onere di denuncia dei vizi in un termine di decadenza brevissimo, otto giorni.

Infatti l'articolo 1495 recita nel suo primo e terzo comma: “Il compratore decade dal diritto alla garanzia, se non denuncia i vizi al venditore entro otto giorni dalla scoperta (…). L'azione si prescrive, in ogni caso, in un anno dalla consegna; ma il compratore, che sia convenuto per l'esecuzione del contratto, può sempre far valere la garanzia, purché il vizio della cosa sia stato denunciato entro otto giorni dalla scoperta e prima del decorso dell'anno dalla consegna”. Il che significa che, se la consegna della res é avvenuta il 15 gennaio 2017 e il vizio viene scoperto il 15 febbraio 2018 ( quando cioé l'azione si é già prescritta, infatti il dies a quo per la prescrizione decorre dalla consegna della res, e non dalla scoperta del vizio !), l'acquirente non potrà più agire per far valere la garanzia ( mentre, quello sì, avrà sempre la possibilità di eccepire i vizi ).

 

 

D. Tutto bene. Ma perché gravare l'acquirente di questo cortissimo termine di decadenza e di prescrizione ?

 

R. La brevità del termine di decadenza é dovuta al timore che, più il tempo passa, più sia difficile accertare con sicurezza se il vizio o la mancanza di qualità della res erano già presenti al momento della stipula del contratto ( melius, al momento della consegna della res ) o se invece si sono verificati ( non rivelati! ) per un fatto intervenuto dopo la consegna, in particolare per il cattivo uso della res fatto dall'acquirente.

La brevità del termine prescrizionale si spiega evidentemente con l'interesse pubblico a far cessare il prima possibile lo stato di incertezza di una persona ( nel caso, del venditore ) su quelli che sono i suoi diritti e i suoi obblighi : e infatti, se io, venditore, so che l'acquirente si limiterà a chiedermi la riduzione Tot del prezzo di vendita, mi metto da parte la somma tot e basta, se invece debbo temere che mi chieda in restituzione la somma Tot + Tat mi preoccupo di mettere da parte ( quindi lascio inutilizzata, con danno mio e della società tutta ), non solo la somma Tot, ma anche la somma Tat.

 

D. Ma non é questa un'esigenza comune a tutti i rapporti giuridici ?

 

R. Certo, sì, lo é. L'interesse pubblico vorrebbe che sempre, non solo nel caso di Caio che ha comprato l'autocarro con un vizio al motore, ma anche nel caso di Sempronio che ha comprato un terreno su cui grava una servitù non aedificandi, i termini prescrizionali fossero brevissimi. Però questo interesse pubblico il legislatore non lo può realizzare di solito, perché di solito deve tenere conto, di due fatti ostativi a ciò : I- il fatto che, chi ha un diritto, non é detto che sia pressato dall'esigenza di esercitarlo subito ( Sempronio non é detto che sia pressato dall'esigenza di edificare subito sul terreno da lui acquistato) : II- il fatto che chi non é pressato dall'esigenza di esercitare un diritto, é portato a rimandare l'esercizio dell'azione, volta a farlo valere giudizialmente, al momento più favorevole ( il momento in cui avrà i soldi per pagare le spese del processo, il momento a cui avrà a disposizione la documentazione comprovante il suo diritto...).

Ora entrambi tali fatti ostativi vengono a mancare nel caso di vendita di cosa viziata ( o mancante delle qualità “promesse o essenziali per l'uso a cui é destinata”) : tu, agricoltore, che hai comprato l'autocarro per trasportarvi i sacchi di grano del tuo raccolto, appena comprato l'autocarro, hai subito l'esigenza di usarlo, e se , messolo alla prova, esso non ti dà le prestazioni su cui avevi diritto di contare, subito ( perché subito hai bisogno, che l'autocarro sia riparato o di comprarne un altro ) sarai pungolato a esercitare l'azione di garanzia. E se, non la eserciterai entro l'anno, questo dovrà ben far pensare che il vizio da te lamentato in realtà....non esiste.

 

D. Quindi la domanda, che noi giuristi dobbiamo porci quando sorge il busillis, se un quid minus, che abbiamo ricevuto dal venditore, costituisce un “vizio”, oppure no , é : l'omessa denuncia in tempi brevi di tale quid ostacolerà l'accertamento della sua esistenza ? E se la risposta a tale domanda é negativa, possiamo con tranquillità escludere, che la fattispecie vada risolta tenendo presenti le norme sulla garanzia contro i vizi.

 

R. Cosa per cui, se il mio cliente Caio avrà acquistato un terreno gravato da una servitus non aedificandi, non gli dirò di fare la denuncia di ciò al suo venditore né di far valere da garanzia entro un anno della consegna dell'immobile, infatti l'esistenza della servitù potrà essere benissimo accertata anche se da molti anni egli avrà cominciato a utilizzare il suo terreno e, d'altronde, l'esistenza della servitù non gli impedisce per nulla di cominciare tranquillamente a utilizzare il terreno per la semina e il raccolto.

 

D - A questo punto possiamo passare a una domanda sull'articolo 1497 : nel caso il venditore consegni aliud pro alio é applicabile tale articolo ?

 

R. No. Anzi si può dire che la teoria dell'aliud pro alio nasce da una interpretazione giurisprudenziale volta ad impedire un'applicazione letterale dell'articolo in questione; interpretazione letterale che porterebbe a vere e proprie assurdità.

Mettiamo che Caio abbia comprato un autocarro e si veda poi consegnare una corriera, non sarebbe assurdo dichiarare inammissibile la sua azione, diretta a far dichiarare la risoluzione del contratto, solo perché non ha denunciato, entro otto giorni, la mancanza di qualità della res consegnatagli? Certo che lo sarebbe : infatti tale denuncia serve impedire che, un ritardo nella sua effettuazione, renda difficile l'accertamento se il difetto delle qualità nella res esisteva al momento della consegna o sia sorto dopo di questa : ma forse che, nel caso, anche se l'accertamento avvenisse dopo dieci anni, avrebbe ragion d'essere il sospetto che la res abbia le qualità di una corriera e non di un autocarro per....... qualche fatto intervenuto dopo la sua consegna ?

 

D. Cosa per cui - quando sorge per noi giuristi il busillis, se la azione di risoluzione ( o riduzione del prezzo ), fondata sulla “mancanza di qualità”, rientri, o no, nella previsione dell'articolo 1497 - un metodo semplice per risolvere tale busillis é il domandarsi, se l'accertamento della diversità o del difetto di qualità diventerebbe più difficile , se ritardato ( oltre gli otto giorni ) nel tempo.

 

D. L'articolo 1497 non dà diritto al compratore di chiedere una riduzione del prezzo : perché ?

 

R. Non c'é un perché : probabilmente si tratta di una dimenticanza del legislatore. A tale dimenticanza si può rimediare chiedendo a titolo di risarcimento la somma corrispondente alla riduzione del prezzo : forse che la riduzione del prezzo non é in definitiva una forma di risarcimento ?

 

D. Tu sai che, per l'art. 1455, “se l'inadempimento di una delle parti ha scarsa importanza”, il contratto non si può risolvere e la controparte può chiedere solo l'esatto adempimento e naturalmente il risarcimento del danno. Questa regola vale anche in materia di vizi o mancanza di qualità delle cosa compravenduta ?

 

R.- Non c'é nessuna norma espressa che permetta di dare risposta positiva a tale domanda.

Dal fatto invece che l'articolo 1490 conceda la garanzia solo per i vizi che “rendano inidonea la cosa all'uso a cui é destinata” e solo se “diminuiscano in modo apprezzabile il valore” della cosa stessa, sembrerebbe doversi dedursi che l'esistenza di certi vizi e precisamente quelli che non “rendono inidonea la cosa all'uso” ( quindi, verrebbe da pensare, vizi di carattere estetico : un colore mal dato, ad esempio ) non giustifichino neanche una riduzione del prezzo e il risarcimento. Mutatis mutandis la stessa osservazione può ripetersi per l'articolo 1497 e “la mancanza di qualità”.

 

D.- Hai detto della garanzia per i vizi : ora parlami della garanzia per l'evizione.

 

R.-Prima di tutto debbo dire che l'evizione può essere totale o parziale.

E' totale quando la cosa, di cui il compratore intendeva acquistare la proprietà, era in realtà, non del venditore, ma di un terzo.

E' parziale, quando la cosa acquistata dal compratore risulta in parte di proprietà altrui : Caio ha comprato da Tizio un fondo di mille metri quadrati, ma in realtà 200 metri quadrati di tale fondo sono di proprietà di Sempronio ( caso ritenuto simile: Caio ha comprato un fondo credendolo di proprietà esclusiva di Tizio, mentre invece Tizio ne é solo comproprietario con Sempronio ).

 

D. A questo punto dimmi : quali diritti il compratore può vantare in caso di evizione totale e quali in caso di evizione parziale.

 

R.- In caso di evizione totale i diritti ( almeno i principali diritti ) che il compratore può vantare verso il venditore sono quelli, alla risoluzione del contratto, alla restituzione del prezzo e al risarcimento del danno.

In caso di evizione parziale , il compratore ha diritto alla risoluzione del contratto quando deve ritenersi che non avrebbe acquistata la cosa senza quella parte di cui non é diventato proprietario. Altrimenti ha diritto solo a una riduzione del prezzo. In entrambi i casi ( cioé sia che abbia diritto alla risoluzione sia che abbia solo diritto a una riduzione del prezzo ) ha diritto al risarcimento del danno. Tutto questo risulta dal combinato disposto degli articoli 1480 e 1484.

 

D. Il compratore evitto ha diritto anche al risarcimento del lucro cessante ?

 

R. Certamente, sì, dato che l'articolo 1479 ( che si riferisce, sì, solo all'evizione totale ma che é richiamato dall'articolo 1480 che si riferisce all'evizione parziale ) fa “salvo il disposto dell'articolo 1223”. Di conseguenza, se Tizio ha comprato un quadro, con il progetto di rivenderlo a Sempronio a un maggior prezzo, ha diritto , in caso di evizione, a titolo di risarcimento del lucro cessante, a una somma pari alla differenza tra il prezzo di acquisto del quadro e quello maggiore a cui l'avrebbe rivenduto .

 

D. Per ottenere il risarcimento, l'acquirente deve provare la colpa del venditore?

R.- Secondo l'interpretazione che ritengo migliore, bisogna distinguere tra i danni menzionati nell'articolo 1479 ( spese sostenute dall'acquirente per il contratto, spese necessarie e utili fatte per la cosa – ad esempio, la riparazione del tetto ) e gli altri danni. Relativamente ai danni menzionati nell'articolo 1479, sussiste un obbligo al risarcimento del venditore a prescindere da una sua colpa.

Occorre invece la colpa del venditore perché l'acquirente ottenga il risarcimento degli altri danni. Ma, sempre secondo l'interpretazione che ritengo migliore, si deve ritenere - in forza dell'art.1218, mancando per la garanzia per l'evizione una disposizione come quella data dall'art. 1494 per la garanzia per i vizi - che incomba al venditore l'onere di provare la sua mancanza di colpa.

D.- L'acquirente può perdere il suo diritto alla garanzia ?

R.- Sì, in base al disposto dell'art. 1485, può perderlo in due casi.

Primo caso : quando convenuto in giudizio, non fa la chiamata in causa del venditore e questi, poi, prova che “esistevano ragioni sufficienti per far respingere la domanda”.

Secondo caso : “quando ha riconosciuto spontaneamente il diritto del terzo” e “non prova che non esistevano ragioni sufficienti per impedire l'evizione”.

Più precisamente l'articolo 1485 recita :

“Il compratore convenuto da un terzo che pretende di avere diritti sulla cosa venduta, deve chiamare in causa il venditore. Qualora non lo faccia e sia condannato con sentenza passata in giudicato, perde il diritto alla garanzia, se il venditore prova che esistevano ragioni sufficienti per far respingere la domanda. - Il compratore che ha spontaneamente riconosciuto il diritto del terzo perde il diritto alla garanzia, se non prova che non esistevano ragioni sufficienti per impedire l'evizione”.

D. Ma metti il caso che ci sia Tizio, che, sì, si vanta di essere proprietario della cosa, che Caio ha comprata da Sempronio; ma con tutto ciò non agisce giudizialmente per la rivendica. Che può fare Caio di fronte al pericolo, che per lui si sta profilando, di essere evitto ?

R. Se questo pericolo é effettivamente reale, può sospendere il pagamento del prezzo. Questo in forza dell'articolo 1481, che recita : “Il compratore può sospendere il pagamento del prezzo, quando ha ragione di temere che la cosa o una parte di essa possa essere rivendicata da terzi, salvo che il venditore presti idonea garanzia”.

D. Sì, ma così verrà a determinarsi una stressante situazione di stallo : il compratore dovrà vivere per tutti i lunghi anni che portano alla sua usucapione del bene, con la spada di Damocle di una evizione ?

R. Certamente, no. Io penso che egli potrà esercitare l'azione negatoria prevista dall'articolo 949 ( avendo la cautela di chiamare in causa il venditore).

D. Questa é certamente una soluzione accettabile. Ma dimmi, l'esercizio della garanzia per l'evizione é soggetto agli stretti termini di decadenza e di prescrizione previsti per l'esercizio della garanzia per i vizi ?

R. No. In caso di evizione, il compratore non ha nessun obbligo di denuncia e il termine di prescrizione, che egli ha per domandare la risoluzione del contratto o la riduzione del prezzo, é quello ordinario di dieci anni.

D. Hai detto che il compratore può far valere la garanzia contro l'evizione anche quando la cosa acquistata risulti in parte di proprietà di un terzo. Ma mettiamo che la cosa sia integralmente di proprietà del venditore, ma sia gravata da un diritto reale ( ad esempio, un diritto di usufrutto, una servitù di passo) o metti anche, da un semplice diritto di locazione o da un onere ( ad esempio, vi é una irregolarità edilizia nell'appartamento comprato e quindi il proprietario ha l'onere di sanarla pagando una sanzione ) , che succede ? anche in tal caso il compratore può domandare la risoluzione o la riduzione del prezzo ?

R. Sì, la può domandare . Infatti l'articolo 1489 recita : “ Se la cosa venduta é gravata da oneri o da diritti reali o personali non apparenti che ne diminuiscono il libero godimento e non sono stati dichiarati nel contratto, il compratore che non ne abbia avuta conoscenza, può domandare la risoluzione del contratto oppure una riduzione del prezzo secondo la disposizione dell'art. 1480. - Si osservano inoltre, in quanto applicabili, le disposizioni degli articoli 1481, 1485,1486,1487 e 1488”.

D. Se Caio, il compratore, al momento del contratto sapeva che il bene compravenduto non era di Tizio, il venditore, ma di un terzo, Sempronio, o sapeva dell'esistenza di un diritto del terzo Sempronio sul bene o anche dell'esistenza di un onere sul bene, ebbene é chiaro che egli nessun diritto alla risoluzione o a una riduzione del prezzo potrà vantare. Ma metti che egli non sapesse, ma che con l'ordinaria diligenza potesse sapere : anche in questo caso non avrebbe diritto alla risoluzione o alla riduzione del prezzo ?

R. No, in questo caso egli, alla risoluzione e alla riduzione del prezzo, avrebbe diritto. La colpa dell'acquirente non rileva né in caso di garanzia per l'evizione né in caso di garanzia per i vizi. E questo perché in un certo senso viene compensata dal dolo o dalla colpa del venditore. Dato che i casi sono due : o il venditore sapeva del diritto del terzo ( e non ha informato di quel che sapeva l'acquirente , mancando a un preciso suo obbligo di correttezza!) ed allora il suo dolo compensa a iosa la colpa dell'acquirente. Oppure non sapeva , ma in tal caso la sua ignoranza deve ritenersi ( in base al id quod plerumque accidit ) più colpevole di quella del compratore e pertanto tale anche qui da compensare sicuramente la colpa del compratore.

D- Ma allora come spiega, che l'articolo 1489 riconosca la garanzia, solo quando la cosa “é gravata da oneri o da diritti reali o personali non apparenti” ?

R. Effettivamente il legislatore fa nell'articolo 1489 una deroga al principio anzi detto . A dir il vero una deroga inesplicabile : perché non si comprende perché il legislatore riconosca la garanzia nel caso il bene sia gravato da un diritto di proprietà (“apparente” – metti Tizio, il reale proprietario, possiede e coltiva alla luce del sole il fondo venduto da Caio); e, invece, non lo riconosca nel caso il bene sia gravato da un diritto di usufrutto (“apparente”) . Purtuttavia la deroga c'é, ancorché assurda e illogica, per cui, la sola cosa che l'interprete può fare, é di ridurne la portata. Come ? Interpretando la norma come se là, dove é scritto “apparente”, fosse scritto “evidente” Cosa per cui dovrà ritenersi che il compratore non abbia diritto alla garanzia, quando l'esistenza del diritto o dell'onere che grava il bene, risultava da segni evidenti, tali cioé da non sfuggire anche ad una superficiale ispezione del posto.