Enciclopedia giuridica del praticante

 

Cliente chiede risarcimento

03. Sezione II (continuazione) Titolo secondo : Danni alla capacità lavorativa

6 - Calcolo del danno derivante dalla ( causata) incapacità lavorativa.

 

Doc.- Va prima di tutto detto che non sempre la perdita della capacità lavorativa determina di per sé un danno : lo determina solo se essa sarebbe stata utilizzata per produrre un reddito : se l’avvocato Cicero alla frequentazione del Foro , prefererisce

( giustamente ) quella di qualche bella signora , egli potrà lamentarsi , sì , della perdita della sua mano destra , ma solo in quanto lo ha privato del piacere di accarezzare le fulve chiome della sua amante e non già perché lo ha privato di un reddito professionale , che mai si sarebbe curato di procacciarsi .

Vi è da aggiungere ancora che , pur quando l’infortunato svolge una redditizia attività lavorativa , la riduzione della capacità a svolgerla se molto leggera, non può essere considerata produttiva di una riduzione del reddito ; questo in quanto è da ritenersi che la riduzione della capacità lavorativa possa venire facilmente compensata da una più intensa applicazione nel lavoro : al falegname Gepetto è stata asportata la falange di un dito ? certo egli ci metterà un po’ più di tempo , ci metterà dieci ore anziché nove , ma continuerà come prima a fabbricare dieci sedie al giorno.

 

Disc.- Però sacrificando quell’ora , ch’egli avrebbe dedicato al relax , alla partita a carte con i suoi amici ! Non è giusto che tale sacrificio trovi un compenso pecuniario?

 

Doc.- Certo, è giustissimo ; ma il danno da Gepetto subito , danno , si ripete , non incidente sul reddito lavorativo , ma sulla “pienezza di vita” , danno biologico quindi, gli verrà risarcito equitativamente ( art. 1226 C.C. ).

 

Disc.- Quand’è ch il danno può considerarsi tanto leggero da non influire sul reddito lavorativo ?

 

Doc.- Secondo la nostra giurisprudenza , quando la riduzione della capacità lavorativa , in cui consiste , non supera il dieci per cento . 

 

Disc. Torniamo all’esempio , fatto all’inizio , dell’avvocato Cicero che…non fa l’avvocato . Tu dici : siccome non lavora , non subisce nessuna perdita di un reddito lavorativo, quindi nessun risarcimento ( per tale voce ) gli spetta. Però l’avvocato Cicero , che oggi non lavora , potrebbe essere costretto in un futuro a cercare lavoro , ( metti perché ha perso gli immobili il cui reddito gli permetteva il dolce far niente ) ; ora per lui , con la invalidità che gli ha procurato il sinistro , con una mano in meno, potrebbe essere ben difficile trovarlo , un lavoro .

 

Doc. L’osservazione è giusta : in effetti un’invalidità rappresenta sempre un danno anche per chi non lavora per sua libera scelta , determinando una diminuzione delle sue chanches di trovare lavoro nel caso in futuro lo volesse o lo dovesse cercare . Pertanto io riterrei giusto riconoscere anche in tal caso un risarcimento all’invalidato ; sia pure determinato in via equitativa, ai sensi dell’art. 1226 C.C. Temo però che tu troveresti pochi giudici disposti a condividere questa mia opinione.

 

Disc.- Mettiamoci ora nel caso di chi non lavora , ma non perché dedito al dolce far niente come il nostro avvocato Cicero, ma perché il lavoro lo cerca e non lo trova o perché non lo cerca al momento ( ma lo cercherà in futuro quando avrà acquisita una particolare qualificazione lavorativa) : il caso insomma dell’operaio temporaneamente disoccupato e dello studente.

 

 Doc.- In tale caso di molto probabile reddito futuro perso ( in tutto o in parte ) in seguito alla incapacità lavorativa residuata dal sinistro , certamente il danno va riconosciuto e risarcito. Unicamente nel calcolarlo bisognerà avere due avvertenze.

Prima avvertenza : siccome ( come meglio vedremo in seguito ) il risarcimento viene attuato con una somma che rappresenta la capitalizzazione dei redditi futuri ma viene pagata subito ( l’incidente è avvenuto nel 2010 , l’incidentato percepirà il futuro suo reddito solo a cominciare dal 2015 , ma la somma viene pagata , non nel 2015 , ma nel 2010) , bisognerà tenere conto che l’incidentato gode di una locupletazione ( in quanto si trova a poter disporre e a poter mettere a reddito subito somme che avrebbe percepito solo in futuro : nell’esempio il sinistrato può disporre della somma risarcitoria nel 2010 senza dover aspettare il 2015 ) : tale locupletazione va eliminata operando una detrazione sulla somma rappresentante la capitalizzazione dei redditi futuri .

Seconda avvertenza : bisognerà tener conto che il reddito futuro per il sinistrato è probabile , ma non sicuro , e , pertanto , dovrà essere operata , sulla somma di cui prima , un’ulteriore riduzione , tanto più forte quanto minore è la probabilità che il reddito futuro venga percepito ( o quanto minore è la probabilità che venga realmente percepito il tipo di reddito a cui aspira il sinistrato : sì , questi è figlio di un ingegnere e studia per diventare un ingegnere , ma lo diventerà effettivamente o diventerà un facchino e percepirà solo il reddito di un facchino ?!).

 

Disc.- Nella nostra società accanto a persone che lavorano e percepiscono un reddito come dovrebbe essere la regola, vi è l’anomalia di persone che lavorano ma non percepiscono un reddito : mi riferisco alle casalinghe . Si riconosce a loro un diritto al risarcimento, nel caso un sinistro riduca la loro capacità lavorativa ?

 

Doc – Certamente e giustamente , sì. E tale risarcimento , che non potrà essere riferito a un lucro cessante ( per la semplice ragione che la casalinga non gode di nessun reddito , anche se al suo proposito è invalso l’uso di dire che gode di un “reddito figurato” ) , dovrà essere riferito alle nuove spese a cui il sinistro costringe la casalinga ( o il nucleo famigliare , nel caso non si tratti di una casalinga single ma di una casalinga inserita appunto in un nucleo familiare ) – spese originate dalla necessità in cui la casalinga ( il nucleo familiare ) si trova di richiedere una collaborazione mercenaria e che ovviamente saranno da ritenersi tanto più forti quanto più la collaborazione necessitante sarà qualificata ( la Beppa , non può più rifare i letti e pulire per terra , ma può ancora cucinare e andare a parlare col commercialista per le pratiche di famiglia? la spesa sarà tot; la Beppa invece non riesce neppure più a cucinare , anche se riesce ancora ad andare dal commercialista? la spesa sarà due volte tot ; neanche ad andare dal commercialista la Beppa riesce? la spesa sarà tre volte tot ).

 

Disc.- Nel caso di casalinga single ( o casalingo single , dato che ovviamente il discorso che stiamo facendo può essere riferito sia a un uomo che a una donna ) , non c’è nessun problema : il diritto al risarcimento spetta alla casalinga incidentata ; ma nel caso di casalinga inserita in un nucleo familiare ?

 

Doc.- La questione che tu vieni a porre non è di quelle la cui soluzione sia…facilissima. A rigore nel caso il danno lo subisce il nucleo familiare ( ancor più a rigore, siccome il "nucleo familiare" è un’entità fittizia : il danno lo subiscono pro quota i vari membri del nucleo familiare : quelli che naturalmente contribuiscono alle spese del collaboratore domestico o , per evitare tali spese, si sobbarcano ai lavori del familiare infortunato ). E’ chiaro , però , che , se si volesse uniformare a tale conclusione , il risarcimento dei sinistri , già ora complicato , diventerebbe ancor più complicato ; basta pensare alla difficoltà di accertare le quote di risarcimento spettanti ai vari componenti il nucleo familiare. Quindi è giocoforza riconoscere in capo al casalingo infortunato il diritto al risarcimento .

 

Disc.- L’incapacitazione di una persona , di solito , va considerata un danno per la società , che tanto più è prospera quanto più forti e sani sono i suoi membri. Però vi sono due categorie di persone la cui incapacitazione potrebbe essere considerata benefica per la società : mi riferisco alla categoria delle persone dedite a delinquere ( come i contrabbandieri, i rapinatori…) e a quella delle persone dedite ad attività turpe ( come le prostitute) . Anche agli appartenenti a tali categorie va riconosciuto il diritto al risarcimento per il lucro perduto per non essere più in grado di svolgere la loro attività delinquenziale o turpe. ?

 

Doc.- Certamente la risposta deve essere negativa per chi è dedito ad attività deliquenziale ; e questo per la semplicissima ragione che si deve presumere che egli ( diventato " buon cittadino" grazie all'opera rieducativa conseguente alle sue precedenti condanne ) si astenga nel futuro di violare la legge .

 

Disc.- Anche Gennaro Tagliagole che è già stato condannato per rapina ?

 

Doc-Sì, anche lui , dato che lo Stato che gli ha dato 4,5 anni per l'ultima rapina da lui comopiuta, calcolando che una tale pena fosse sufficiente a "rieducarlo" , non può contraddirsi ritenendo , che dopo l'esecuzione di tale pena, in futuro avrebbe commesso ancora reati ( percependone il relativo reddito!).

 

Disc. E per quel che riguarda Carmela la Sciantosa che sempre ha fatta la prostituta e senza dubbio , se non ci fosse stato l’incidente , la prostituta avrebbe ancora continuato a fare ?

 

Doc.- Fino a quando si riterrà che il prostituirsi sia un’attività turpe ( ed è ben possibile che nel futuro anche prossimo ciò più non ritenga la società e quel che più conta il legislatore ) si deve presumere , per quella fiducia che si deve nella capacità di tutte le persone di redimersi , che in futuro la prostituta incidentata avrebbe trovata la forza di non essere più tale : quindi le si deve negare il risarcimento, preteso per il venir meno del lucro dovuto al meretricio.

 

Disc.- Quindi , se arrotati da un’auto , il Gennaro Tagliagole e la Carmela Sciantosa dei precedenti esempi non avranno diritto a nessun risarcimento?

 

Doc.- No , a prescindere dal risarcimento per il danno biologico , avranno pur sempre diritto al risarcimento per la perdita della capacità di fare un lavoro ( onesto) ; infatti, come si deve presumere che in futuro non avrebbero più svolto attività contra legem e e contra bonos mores , così si deve ritenere probabile che in futuro avrebbero cercato un lavoro onesto ( anche se si deve anche tenere conto delle scarse probabilità, dati i loro precedenti, che avrebbero avuto di trovarlo ) .

 

- Sempre sul calcolo del risarcimento per la perdita della capacità lavorativa : la quantificazione del reddito. 

 

Disc.- Risarcire Caio del lucro per lui cessante in seguito al sinistro di cui è stato vittima ( metti nel 2010) , significa risarcirlo dei redditi che lui avrebbe percepito negli anni futuri ( nel 2011 , nel 2012, nel 2013….) : ora come si calcolano questi reddititi futuri ?

 

Doc.- Nel caso di lavoratori subordinati e di lavoratori autonomi si calcolano pari al più elevato tra i redditi percepiti nei tre anni antecedenti a quello in cui è avvenuto il sinistro ( altresì presumendosi , salva prova contraria , che tali redditi corrispondano , per i primi ( idest, per i lavoratori subordinati ) , a quel che risulta

“ dalla apposita certificazione rilasciata dal datore di lavoro ai sensi delle norme di legge” , per i secondi ( idest, per i lavoratori autonomi ) , alle dichiarazioni da loro fatte "ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche"). Questo risulta dall'art. 137 del Codice Assicurazioni , che recita : "Nel caso di danno alla persona quando agli effetti del risarcimento si debba considerare l'incidenza dell'inabilità temporanea o dell'invalidità permanente su un reddito di lavoro comunque qualificabile , tale reddito si determina , per il lavoro dipendente , sulla base del reddito di lavoro, maggiorato dei redditi esenti e al lordo delle detrazioni e delle ritenute di legge , che risulta più elevato tra quelli degli ultimi tre anni e, per il lavoro autonomo , sulla base del reddito netto che risulta il più elevato tra quelli dichiarati dal danneggiato ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche negli ultimi tre anni ovvero , nei casi previsti dalla legge , dall'apposita certificazione rilasciata dal datore di lavoro ai sensi delle norme di legge. 2- E' in ogni caso ammessa la prova contraria....(omissis)...3- In tutti gli altri casi il reddito che occorre considerare ai fini del risarciemnto non può essere inferiore a tre volte l'ammontare annuo della pensione sociale".

 

Disc. Ma “ negli altri casi” di cui parla il 3° comma dell’art.137 come si calcola il reddito ?

 

Doc.- In tali “ altri casi” , se la persona , che al momento non percepisce un reddito , è probabile che ( come lo studente, l’operaio in cerca di lavoro…) in futuro lo percepisca   ( e superiore al triplo della pensione sociale ) si deve far riferimento al reddito che può dare la attività lavorativa che probabilmente in futuro tale persona eserciterà ; se invece la persona incidentata non ha un reddito né probabilmente in futuro l’avrà (disoccupato volontario….) , il problema del calcolo del reddito …non si pone : si fa riferimento al triplo della pensione sociale , come detto nel 3° comma da te ora citato.

 

Disc.- Da quel che ho capito tu ritieni applicabile il 3° comma , non solo alle persone che svolgono un’attività lavorativa anche se produttiva di un reddito infimo , ma anche a chi non svolge un’attività lavorativa e non ha reddito ( quindi anche al disoccupato volontario ).

 

Doc.- Si , è così : con che logica si attribuirebbe il beneficio ( che tale in sostanza è ) di vedersi attribuito un risarcimento per incapacitazione all’attività lavorativa a chi , mi metto in un caso limite, ha un reddito mensile di cento euro e non a chi ha un reddito mensile di dieci euro o…di zero euro. Voglio dire , se il legislatore avesse voluto riservare il “beneficio” di cui al 3° comma solo a chi percepisce un reddito , avrebbe dovuto , per non cadere nelle assurdità ora dette, fissare anche un reddito minimo , sotto il quale tale beneficio non sarebbe concedibile.

 

Disc-. Ma torniamo al lavoratore subordinato e autonomo : non si tiene conto dei possibili miglioramenti economici nello sviluppo della carriera ?

 

Doc.- Al contrario , se ne tiene conto , e secondo il calcolo delle probabilità che si realizzino . A tale “aggiustamento” ( in melius ) del più elevato dei redditi percepiti nei tre anni precedenti non osta il 1° comma dell’art. 137 prima citato , dato che il secondo comma dello stesso articolo fa salva “ la prova contraria”.

 

Disc.- Si computano nel reddito le ritenute previdenziali e assicurative ?

 

Doc - Sì , e , invero , se un lavoratore accantonasse parte delle somme mensilmente guadagnate per pagare eventuali prestazioni mediche ( e , in genere , eventuali prestazioni del tipo di quelle offerte delle assicurazioni sociali ) chi non computerebbe nel reddito , tali somme accantonate ? Ora , solo perché l’accantonamento di tali somme è forzoso , è logico adottare soluzione diversa e non computarle nel reddito ? Chiaramente , no !

Giustamente , quindi , il nostro Legislatore ( nell’art. 137 sopra riportato ) impone di determinare il reddito “ al lordo delle detrazioni e delle ritenute di legge” ( e le ritenute previdenziali assicurative rientrano pacificamente in quest’ultime ) .

 

Disc.- Si computano nel reddito i ratei per indennità di anzianità ?

 

Doc.- Sì . A tale conclusione si deve pervenire in base ad un ragionamento analogo a quello sopra svolto per le ritenute previdenziali.

 

Disc.- Si detraggono i redditi esenti da imposta ?

 

Doc .- No , per una precisa disposizione del 1° comma art. 137 . Disposizione più che giusta e logica : invero , il fatto che un reddito sia esente da imposta non esclude per nulla che la sua perdita rappresenti un danno ( anzi , semmai rappresenta un…danno doppio ).

 

Disc.- Si detraggono le imposte che colpiscono il reddito ?

 

Doc.- No , dato che anche le somme percepite poi a titolo di risarcimento , saranno colpite , sia pure attraverso altri congegni , dal Fisco.

 

Disc.- Si detraggono gli assegni familiari ?

 

Doc .- No ; e poco importa che tali somme fossero destinate al mantenimento della moglie e dei figli a carico ( del resto , forse che l’infortunato non ha diritto al risarcimento di quel suo reddito , che da lui fosse stato idealmente destinato al pagamento dei suoi debiti ? ).

 

Disc.- Se l’infortunato ricavava il suo reddito da due attività tra di loro “incompatibili” ( ad esempio, attività di avvocato e di commercialista ) si tiene conto del reddito di tutte e due le attività o di una sola ?

 

Doc.- Del reddito di una sola : logicamente quella che dava il maggior reddito. E questo per considerazioni analoghe a quelle che ci hanno portato ad escludere il risarcimento della perdita del reddito dovuto ad attività illecite.

 

Disc. - Si detrae il ricavato da lavori extra – impiego ?

 

Doc – No , se essi hanno carattere abituale , costituiscono insomma un secondo , legittimo, lavoro .

 

Disc.- Si detrae il lavoro straordinario ?

 

Doc.- No, se è provato che l’azienda ricorre abitualmente all’ausilio di prestazioni extra – orario da parte dei suoi dipendenti .

 

Disc .- Si detraggono le gratifiche , le mance ?

 

Doc- No , se tali somme ancorché da considerarsi aleatorie guardando al singolo mese , possono considerarsi sicure ( così com’è di solito ) considerando tutto l’arco di tempo in cui si sarebbe potuta svolgere l’attività lavorativa dell’infortunato .

Se l’importo di tali somme varia da mese a mese , ne va fatta naturalmente la media.

 

Disc.- Si tiene conto dei corrispettivi in natura ?

 

Doc. - Sì , della eventuale percezioni di prestazioni in natura ( vitto e alloggio gratuito delle domestiche, mensa gratuita degli operai…) si tiene conto . Ovviamente.

 

Disc – Si detrae il capitale investito per produrre il reddito ?

 

Doc.- Sì , quando il reddito è frutto di capitale + lavoro , quella sua parte derivante dal capitale deve detrarsi .

Qualora l’infortunato sia un imprenditore , bisognerà ancora distinguere il caso in cui la sua attività sia fungibile ( caso in cui si riterrà il risarcimento = prezzo di un lavoro mercenario sostitutivo di quello dell’infortunato ) , da quello in cui la sostituzione dell’infortunato riduca i profitti dell’impresa ( caso in cui il risarcimento comprenderà , oltre il prezzo del lavoro mercenario , anche tale riduzione dei profitti).

 

Disc.- Si detraggono le spese necessarie per compiere l’attività lavorativa ?

 

Doc.- Si , e non si detraggono esse sole ; si detraggono anche le spese corrisposte ( a lavoratori subordinati , commessi viaggiatori , mediatori…) a titolo di “ rimborso spese”.

 

8 - "Formula" del calcolo del risarcimento per perdita del reddito lavorativo-

 

 Disc – Abbiamo visto quando ci si trova davanti ad un reddito risarcibile e come lo si quantifica, dobbiamo ora vedere come si opera il  risarcimento della sua perdita .

 

Doc-  D'accordo , ma al perdita del risarcimento può essere "permanente" o "temporanea" ( vedi voci relative nel "Minidizionario dell'infortunistica" ) : cominciamo a dire del risarcimento della prima o della seconda ?

 

 Disc.- Cominciamo dalla prima : dimmi come si opera il risarcimento della “permanente” .

 

Doc.- E’ chiaro che risarcire il danno a Tizio – che il 1° gennaio 1974 , mentre percepiva un reddito annuo di 100mila e aveva ancora davanti a sè una vita lavorativa di 20 anni , subì una permanente del 25% ( cioè una lesione che riduceva permanentemente il suo reddito lavorativo del 25% ) – significa assicurargli un introito annuale , pari alla quota perduta di reddito lavorativo , per il numero di anni in cui avrebbe potuto svolgere una proficua attività lavorativa ( 20 anni ) . Per raggiungere tale fine , due sistemi , in teoria , sono adottabili.

Il primo sistema ( e il solo contemplato espressamente dal nostro legislatore , v. art. 2057 C.C. ) consiste nella annuale corresponsione a Tizio di una somma pari alla quota perduta di reddito lavorativo ( 25mila ) per tutta la durata della sua vita lavorativa ( 20 anni ). Il secondo sistema ( in pratica l’unico applicato nelle nostre aule di giustizia ) consiste nell’attribuzione una tantum a Tizio di una somma .

Questa somma di certo non potrebbe semplicisticamente determinarsi moltiplicando la quota perduta di reddito lavorativo ( 25mila ) per il numero di anni di residua vita lavorativa ( 20anni ) . Non bisogna infatti dimenticare che , se , metti caso , il 1° gennaio 1975 , cioè un anno dopo l’incidente , a Tizio si danno tutte in una volta 500mila ( 25mila x 20 = 500mila ) con ciò stesso gli si vengono a dare anticipatamente le somme corrispondenti a quei redditi lavorativi che egli avrebbe percepito solo nel 1976 , 1977 , 1978 e così via. Siccome Tizio può mettere a frutto tali somme , anticipatamente corrispostigli , ricavandone degli interessi , se si vuole impedire che Tizio venga ad avere , con il risarcimento , una somma maggiore di quella che avrebbe conseguita se l’incidente non si fosse verificato , bisogna concludere che : somma capitale ( spettante a titolo di risarcimento ) = reddito lavorativo ( perduto )  x  numero degli anni per cui sarebbe stato percepito – somma degli interessi che il danneggiato viene a locupletare per l’anticipato risarcimento delle future quote di reddito lavorativo .

 

Disc.- Un calcolo non semplice !

 

Doc.- Ma che ti viene facilitato dalla c.d. “tabella per l’anticipata capitalizzazione”

( v. voce relativa nel “ Minidizionario della infortunistica” ).

 

Disc.- Tu hai detto che a base del calcolo del risarcimento , si prende , non il reddito mensile , ma quello annuo : vuoi dirmi come questo si calcola ?

 

Doc.- Si calcola ovviamente moltiplicando il guadagno giornaliero x il numero dei giorni lavorativi in un mese e , quindi , moltiplicando il risultato per il numero di mensilità spettanti al sinistrato.

Esempio : reddito giornaliero , 8.500 ; mensilità , 13 ; pertanto , reddito annuo = 8.500 x 26 ( giorni lavorativi ) = 221mila x 13 ( mensilità ) = 2.960.000 .

 

Disc.- Si calcolano tanti anni quanti ne decorrerebbero dalla data dell’incidente alla data di probabile morte del danneggiato ?

 

Doc.- No, di certo ; dato che è nozione di comune esperienza che la vita lavorativa , nella normalità dei casi , non dura quanto la vita fisica della persona , ma è più breve .

Il cosiddetto “scarto tra vita fisica e vita lavorativa” varia in relazione : alle condizioni sociali , all’ambiente , e , soprattutto , alla professione ( un avvocato cessa di lavorare più tardi di un operaio ) .

Di esso il giudice tiene conto operando , in base ai poteri discrezionali derivatigli dal combinato disposto degli artt. 2056 – 1226 C.C. , una riduzione del risarcimento calcolato nello ( erroneo ) presupposto che la percezione del reddito continui per tutta la vita fisica . Tale riduzione ( operata dal giudice ) aumenta con l’aumentare degli anni del sinistrato ; questo perché il calcolo basato sullo ( erroneo ) presupposto che la percezione del reddito continui per tutta la vita fisica , è tanto più viziato quanto più il sinistrato è avanti negli anni .

A titolo orientativo si può dire che per un lavoratore manuale , la percentuale di riduzione è : del 10% per i primi anni di attività ; del 15% , dai 25 ai 35 anni ; del 20% , dai 35 ai 45 ani ; del 30%, dai 45 ai 55 anni.

 

Disc.- Molto spesso , per non dire sempre, la permanente è preceduta da una temporanea : in tal caso gli anni da tenere presenti per il calcolo della permanente da quando decorrono ?

 

Doc.- Ovviamente dal momento in cui cessa il periodo di “temporanea “ assoluta e/o relativa. Esempio : il povero Rossi il 1 marzo 1974 è investito da un’auto ed é portato all’ospedale dove vi sta 60 giorni ( quindi temporanea assoluta = 60 giorni ); dopo tali 60 giorni viene dimesso e può ricominciare , sia pure a ritmo ridotto del 50% , la sua attività lavorativa , questo per altri 30 giorni ( quindi temporanea relativa = 30 giorni ); dopo tali 30 giorni i medici gli dicono : “ Caro signor Rossi quel che potevamo fare l’abbiamo fatto , purtroppo un ulteriore miglioramento della sua salute è da escludersi, deve rassegnarsi ad un’invalididità del 20 per cento per tutta la vita”. Orbene in un caso simile la permanente ( del 20% ) andrebbe calcolata dal 29 maggio 1974 .

 

Disc.-Da quel che hai detto risulta che , per il calcolo del risarcimento, se è importante conoscere l’ammontare del reddito ( percepito dall’infortunato ) non meno importante è conoscere la percentuale di invalidità che determina , nella sua capacità lavorativa , la lesione da lui subita ( dato che , se la percentuale di inabilità fosse del 25% , anche la perdita del reddito dovrebbe ritenersi del 25% : è quasi lapalissiano ). Ora come si fa a conoscere tale percentuale di inabilità ?

 

Doc.- In pratica due sono i modi per conoscerla : rivolgersi a un perito oppure consultare le apposite “tabelle” che i periti hanno elaborate . La più consultata di tali tabelle è quella , dai periti studiata , per gli infortuni sul lavoro ( v. voce “ Tabelle” nel “Minidizionario dell’infortunistica”) .

 

Disc.- Ora che ci siamo chiarite abbastanza le idee sui vari elementi necessari per operare il calcolo di una “permanente” vogliamo dare la “formula” di tale calcolo e un esempio pratico di sua applicazione ?

 

Doc.- La “formula” per il calcolo del risarcimento del danno permanente alla capacità lavorativa è la seguente : risarcimento = reddito annuo x percentuale di inabilità x coefficiente di capitalizzazione ( ricavabile, ricordiamo, anche da apposite tabelle – v. “Tabella A” in voce “Tabelle” del “Minidizionario della infortunistica”) – scarto tra vita fisica e vita lavorativa.

Esempio di applicazione della formula : data incidente , 1° gennaio 1973 ; data liquidazione , 1° gennaio 1974 ; reddito giornaliero , 8.500 ; mensilità , 13 ; percentuale di inabilità , 29 ; anni del sinistrato ( al momento dell’incidente ) , 61 ; percentuale di svalutazione , 10 ; pertanto il risarcimento = 2.860.000 ( reddito annuo ricavato così : 8.500 x giorni 26 = 221.000 x mesi 13 ) x 29/100 ( grado di inabilità ) = 829.400 ( risultato di 2.860.000 : 100 x 29 ) x 10.102 ( coefficiente di capitalizzazione vitalizia) = 8.378.598 – 3.351.439 ( somma che si deve sottrarre in considerazione dello scarto tra vita fisica e vita lavorativa , comportante una riduzione del 40/100 ; infatti , 8.378.598 : 100 x 40 = 3.351.400 ) = 5.027.198. La somma così risultante dovrà essere rivalutata e maggiorata dagli interessi , come diremo in un successivo paragrafo.

 

Disc.Tu , parlando di quando la perdita di un reddito è risarcibile , hai detto che può essere risarcita anche quella di un reddito futuro ( e pertanto “virtuale”) : il figlio di un ingegnere , che viene investito , metti , a quattordici anni quando è ancora studente , ha diritto a vedersi risarcita la perdita di quella parte di reddito che , quando avrebbe ( nel futuro ) iniziato , come il padre , a fare l’ingegnere , avrebbe guadagnata e che invece a causa delle lesioni riportate nel sinistro non potrà guadagnare. Deduco da ciò , a rigore di logica , che il numero di anni di mancata percezione del reddito ( da tenere presente nel calcolo del risarcimento per perdita di un reddito “virtuale” ) deve farsi decorrere , non dalla data dell’incidente , ma dalla (presumibile ) data in cui l’infortunato inizierà la sua attività lavorativa. E’ giusta questa mia deduzione ?

 

Doc. Giustissima : nel caso dell'esempio da te fatto , se il sinistro si é verificato nel 1974 , ma la data di presumibile inizio dell'attività va collocata nel 1984 , é dal 1984 che vanno calcolati gli anni su cui basare il calcolo del risarcimento.