Enciclopedia giuridica del praticante

 

Acquisizione della prova

02. Corrispondenza epistolare e informatica

Corrispondenza epistolare : problemi giuridici

I-Mettiamo che una moglie gelosa apra la corrispondenza del marito e legga quel che mai avrebbe voluto leggere : e cioè che l’amato coniuge la tradisce con un’altra donna. Può farne fotocopia e portarla al suo avvocato perché la produca in quel processo di separazione che lei è decisissima a fare ?

 

Avv.- Una domanda interessante. Ma prima di propormela avresti dovuto chiedermi se quella moglie poteva prendere cognizione della corrispondenza del marito.

 

I-Te lo chiedo ora : poteva ?

 

Avv. No, non poteva. Un tempo si , si sosteneva che un coniuge potesse controllare la corrispondenza dell’altro coniuge…

 

I Ci si sarà riferiti al coniuge – uomo : quello che aveva la potestà maritale…

 

Avv. E’ così. Ora non c’è nessuno che sostiene che il marito possa controllare la corrispondenza della moglie.La potestà maritale non esiste più e , come tutti noi sappiamo, la Costituzione solennemente stabilisce nel suo articolo 29 che “ il matrimonio è ordinato sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi”

 

I Ma tale eguaglianza non impedirebbe di ammettere un controllo reciproco tra i coniugi.

 

Av. Si, è vero; ma lo impedirebbe l’alta concezione che ha del rapporto di coniugio il nostro legislatore che lo vuole fondato – così dice espressamente l’articolo 1 della legge sul divorzio - sulla “comunione spirituale e materiale dei coniugi” : chiaramente non si potrebbe parlare di una “comunione spirituale e materiale” tra due persone che si spiano a vicenda. Comunque sia, se lo ficchino bene in testa i nostri mariti e le nostre mogli gelose, è assolutamente pacifico che essi non possono controllare la corrispondenza del coniuge. E per meglio imprimerlo nella nostra e loro testa leggiamo quel che dice il cartellone 1 che prego la regia di far apparire.

Appare il cartellone 1 (Commentario alla costituzione)

 

 “ Le norme costituzionali dedicate all’ordinamento familiare non giustificano limitazioni della libertà e della corrispondenza da parte di un coniuge eni confronti dell’altro”


 

http://www.praticadiritto.it/old/userfiles/1.jpg


I-  Ma un coniuge commette reato se controlla un altro coniuge ?

 

Avv. Ovviamente, no, se lo controlla facendo un pedinamento o un appostamento; si, invece, se, come nell’esempio da te fatto , lo controlla prendendo cognizione della sua corrispondenza. Precisamente, nell’esempio che tu mi hai fatto, cioè di una corrispondenza epistolare, commette il reato di cui all’articolo 616 codice penale – articolo che sarebbe opportuno la regia ci permettesse di visionare

 

Art 616 Cod. Pen.

“( Violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza ). Chiunque prende cognizione del contenuto di una corrispondenza chiusa, a lui non diretta, ovvero sottrae o distrae, al fine di prenderne o di farne da altri prendere cognizione, una corrispondenza chiusa o aperta, a lui non diretta , ovvero, in tutto o in parte, la distrugge o sopprime, è punito, se il fatto non è preveduto come reato da altra disposizione di legge, con la reclusione fino a un anno o con la multa da euro 30  a euro 516.

Se il colpevole, senza giusta causa, rivela, in tutto o in parte, il contenuto della corrispondenza, è punito, se dal fatto deriva nocumento ed il fatto medesimo non costituisce un più grave reato, con la reclusione fino a tre anni.

Il delitto è punibile a querela della persona offesa.



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Avv. ( mentre il cartello è proiettato)Facciano attenzione i nostri studiosi soprattutto al primo e terzo comma.Il primo comma distingue tra corrispondenza chiusa e corrispondenza aperta…..

 

I. Cosa s’intende per corrispondenza aperta ?

 

Avv. S’intende quella corrispondenza del cui contenuto si può prendere cognizione senza necessità di superare una protezione apposta dal mittente : pensa a una cartolina, a un biglietto.

 

I -Scusa l’interruzione: dicevi che l’articolo 616 distingue tra corrispondenza chiusa e aperta..

 

Avv. E questo per stabilire che in caso di corrispondenza chiusa per l’esistenza del reato basta la cognizione che del suo contenuto una persona si procuri; mentre per la corrispondenza aperta occorre , perché il reato sussista , che uno la“ sottragga o distragga” al fine di prenderne cognizione.

 

I. Quindi se io mi limito a prendere conoscenza di una corrispondenza aperta, non commetto reato ?

 

Avv. No, non lo commetti: però bada un reato lo commetti se , sussistendo certi presupposti , ne riveli il contenuto.

 

I Ma quali sono questi presupposti che rendono punibile la rivelazione della corrispondenza aperta ?

 

Avv. Sono indicati dalla disposizione contenuta nell’articolo 618 e in quella contenuta nel secondo comma dell’articolo 616.

 

I.Vogliamo leggerci con calma quel che dicono tali disposizioni?

 

Cartellone ( art.618 e 2 comma art.616 C.P.)

 


Art.618 Cod. Pen.

“( Rivelazione del contenuto di corrispondenza ). Chiunque , fuori dei casi preveduti dall’art. 616, essendo venuto abusivamente  a cognizione del contenuto di una corrispondenza a lui non diretta, che doveva rimanere segreta, senza giusta causa lo rivela in tutto o in parte, è punito, se dal fatto deriva nocumento, con la reclusione fino a sei mesi o con la multa da euro 103 a euro 516.


 Art 616 Cod. Pen.

“( Violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza ). Chiunque prende cognizione del contenuto di una corrispondenza chiusa, a lui non diretta, ovvero sottrae o distrae, al fine di prenderne o di farne da altri prendere cognizione, una corrispondenza chiusa o aperta, a lui non diretta , ovvero, in tutto o in parte, la distrugge o sopprime, è punito, se il fatto non è preveduto come reato da altra disposizione di legge, con la reclusione fino a un anno o con la multa da euro 30  a euro 516.

Se il colpevole, senza giusta causa, rivela, in tutto o in parte, il contenuto della corrispondenza, è punito, se dal fatto deriva nocumento ed il fatto medesimo non costituisce un più grave reato, con la reclusione fino a tre anni.

Il delitto è punibile a querela della persona offesa.
 



Avv. Come vedi l’articolo 618 si applica nei casi che già non rientrano nell’articolo 616, nei casi che cioé già non costituirebbero di per sé il reato di violazione di corrispondenza. Quindi, per quel che interessa il discorso che stavamo facendo, si applica a chi si sia limitato a prendere cognizione di una corrispondenza aperta. Orbene mentre normalmente se io rivelo il contenuto di una corrispondenza aperta dopo averne presa cognizione, ma, si badi, senza averla sottratta o distratta , caso di cui parleremo subito, non commetto nessun reato; nel caso invece che tale corrispondenza contenga qualche cosa che nel pensiero del mittente doveva rimanere segreto , il reato ci sarebbe.

I E una cosa che dovrebbe rimanere segreta sarebbe ad esempio l’appuntamento che un marito fedifrago dà alla sua amante.

Avv Senza dubbio. Ma continuiamo il discorso; come si diceva l’articolo 618 entra in gioco quando non si applica l’articolo 616 e piu precisamente il secondo comma dell’articolo 616. Infatti anche l’articolo 616 prevede la rivelazione del contenuto della corrispondenza per punirla o meglio per punirla più gravemente . Questo nel suo secondo comma che recita, come abbiamo visto, che –“se il colpevole – sto leggendo il secondo comma, - senza giusta causa, (sottolineo, “senza giusta causa”) rivela , in tutto o in parte, il contenuto della corrispondenza, è punito se dal fatto deriva nocumento ed il fatto medesimo non costituisce un più grave reato, con la reclusione fino atre anni”.

 

I Ma questo secondo comma da te ora letto si riferisce al “colpevole”della violazione di corrispondenza di cui al primo comma; cioè a chi ha preso cognizione di una corrispondenza chiusa o ha sottratto una corrispondenza aperta. Per cui si deve concludere che se una persona , senza sottrarla o distrarla , si limita a prendere cognizione di una corrispondenza aperta e la rivela essa non commette reato.

 

Avv……. a meno che riveli cosa che doveva rimanere segreta.

 

I Tu hai detto che commette reato chi prende cognizione di una corrispondenza chiusa. Ma lo commette anche se non apre l’involucro, anche se non apre la busta? Pensa a uno che si limiti a prendere cognizione del contenuto di una busta ponendola contro luce.

 

Avv. Si, anche in tale caso il reato c’è – ed è pacifico. E bada, il reato c’è anche se dentro la busta non ci fosse una lettera, ma metti una fotografia, o ancor più semplicemente un ciuffo di capelli. E infatti anche quando tu prendi conoscenza che Rossi ha spedito a Bianchi un assegno ( un assegno senza lettera di accompagnamento) o un ciuffo di capelli, o un ciondolo, anche in tal caso tu vieni ad acquisire una notizia che il mittente, proteggendo quel che spediva con un involucro , non voleva che altri conoscesse.

 

I Morale della favola, conclusione di questo nostro lungo discorso : la fotocopia che con tanta astuzia la moglie si era procurata, da essa non potrà essere utilizzata come prova.

 

Avv. Conclusione affrettata. E’ vero infatti che l’articolo 618 e il secondo comma dell’articolo 616 puniscono la rivelazione di una corrispondenza ; però solo se la rivelazione avviene “ senza giusta causa”. Per rinfrescarci la memoria sul punto facciamo riapparire gli articoli 616 co.2 e 618.

 


Art 616 Cod. Pen.

“( Violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza ). Chiunque prende cognizione del contenuto di una corrispondenza chiusa, a lui non diretta, ovvero sottrae o distrae, al fine di prenderne o di farne da altri prendere cognizione, una corrispondenza chiusa o aperta, a lui non diretta , ovvero, in tutto o in parte, la distrugge o sopprime, è punito, se il fatto non è preveduto come reato da altra disposizione di legge, con la reclusione fino a un anno o con la multa da euro 30  a euro 516.

Se il colpevole, senza giusta causa, rivela, in tutto o in parte, il contenuto della corrispondenza, è punito, se dal fatto deriva nocumento ed il fatto medesimo non costituisce un più grave reato, con la reclusione fino a tre anni.

Il delitto è punibile a querela della persona offesa.



Cartello ( co.2 art. 616 e art 618)


Art.618 Cod. Pen

“( Rivelazione del contenuto di corrispondenza ). Chiunque , fuori dei casi preveduti dall’art. 616, essendo venuto abusivamente  a cognizione del contenuto di una corrispondenza a lui non diretta, che doveva rimanere segreta, senza giusta causa lo rivela in tutto o in parte, è punito, se dal fatto deriva nocumento, con la reclusione fino a sei mesi o con la multa da euro 103 a euro 516.


 

I Ma quale potrebbe essere un esempio di rivelazione fatta per giusta causa?

 

Avv. Quello che tu hai fatto all’inizio : quello del coniuge che rivela il contenuto della corrispondenza per provare l’adulterio dell’altro coniuge. Più in genere c’è giusta causa della rivelazione quando questa è fatta ai fini della propria difesa in un processo penale o per l’esercizio di un proprio diritto in un processo civile o penale.

 

I Se una persona può rivelare per giusta causa la corrispondenza diretta a un terzo, a maggior ragione, penso, potrà rivelare, producendola in giudizio, la corrispondenza diretta a se stesso: Per ricollegarci all’esempio fatto all’inizio, la moglie gelosa e tradita potrà scaricare nel processo tutte le lettere inviatile dal marito e da cui risulta provato questo e quest’altro.

A. Nel caso da te fatto, direi di si.

 

I Vuoi dire che ci sono dei casi in cui si dovrebbe dire di no? dei casi in cui chi ha ricevuto un lettera non ne può rivelare il contenuto ?

 

A.    Esattamente: di massima il destinatario di una lettera può rivelarne il contenuto; però non lo può rivelare se la lettera ha carattere confidenziale.

 

I Ma quand’è che una lettera ha carattere “confidenziale” ?

 

A Quando contiene notizie che il mittente dà con la fiducia che il destinatario non le riveli – fiducia che naturalmente non deve essere immotivata ma deve essere giustificata dal particolare rapporto,di parentela, di amicizia, di lavoro, di colleganza professionale che tra mittente e destinatario sussiste e che secondo la consuetudine vincola alla riservatezza chi, di tale rapporto, è parte.

 

I Ma questa eccezione alla regola che consente la rivelazione del contenuto della corrispondenza a noi diretta, si ricava da qualche norma, da qualche articolo di legge?

 

A Si, di solito viene ricavata dal primo comma dell’articolo 93 della legge sul diritto di autore, che prego la regia di fare apparire.


L. 22 aprile 1941 , n.633. Protezione del diritto d’autore

Art. 93 . Le corrispondenze epistolari, gli epistolari, le memorie familiari e personali e gli altri scritti della medesima natura, allorché abbiano carattere confidenziale o si riferiscano alla intimità della vita privata, non possono essere pubblicati, riprodotti od in qualunque modo portati alla conoscenza del pubblico senza il consenso dell’autore, e, trattandosi di corrispondenze epistolari e di epistolari, anche del destinatario.

Dopo la morte dell’autore o del destinatario occorre il consenso del coniuge o dei figli, o , in loro mancanza, dei genitori ; mancando il coniuge, i figli e i genitori , dei fratelli e delle sorelle, e , in loro mancanza, degli ascendenti e dei discendenti fino al quarto grado.

Quando le persone indicate nel comma precedente siano più e vi sia tra loro dissenso, decide l’autorità giudiziaria, sentito il Pubblico Ministero.


 

I Ma l’articolo di legge fa riferimento non solo alle corrispondenze “ confidenziali”, come tu hai detto, ma anche alle corrispondenze che , cito testualmente, “si riferiscono alla vita privata”.

 

A Si, e questo potrebbe significare che il legislatore non vuole che siano portati a conoscenza del pubblico i fatti della “ vita privata” ancorché comunicati dal mittente a un destinatario con cui non è legato da un particolare rapporto di fiducia. Insomma se Tizio in una sua lettera con leggerezza viene a dire a Caio - che non è un suo parente, che non è un suo amico di vecchia data, con cui insomma non può esistere nessun rapporto di particolare fiducia - che la figlia ha abortito, ebbene tale notizia non potrà essere portata alla conoscenza del pubblico anche se a rigore non potrebbe dirsi confidenziale, cioè basata su un rapporto che autorizza la confidenza.

 

I L’articolo 93 parla di corrispondenza portata a “conoscenza del pubblico”, e con ciò sembra autorizzare invece la rivelazione del contenuto della corrispondenza fatta, non al pubblico, ma a determinate persone : all’avvocato, al giudice.

 

A Non secondo l’interpretazione che mi sembra prevalente : secondo tale interpretazione - che io non condivido, ma la mia opinione ben poco conta – l’articolo 93 vieta la rivelazione della corrispondenza, nei limiti di cui ora si è detto, anche a determinate persone.

 

I E secondo la tua opinione ?

 

A Secondo la mia opinione è da escludere che il semplice fatto che Caio comunichi a Sempronio una notizia nella fiducia ancorché motivata che Sempronio non la rilevi, possa far nascere in Sempronio l’obbligo di non rivelarla.

 

I Ma se Caio, come spesso accade scrive in bella evidenza “ confidenziale” – il che come è dire “Caro Sempronio devi tenere la bocca chiusa su quel che ti vengo scrivendo” - ?

 

A-    Anche in tal caso escluderei che la unilaterale dichiarazione di volontà di Caio possa far nascere in Sempronio , il destinatario della lettera, l’obbligo di tacere, di non rivelarne il contenuto. Ma come,metti che Caio riveli a Sempronio che sua nuora, mette le corna a suo figlio : solo perché così Caio vuole, Sempronio deve tenere la bocca chiusa , non dire nulla al figlio? E’ assurdo : ci sono segreti che pesano come macigni : non si può far dipendere dalla unilaterale volontà del mittente la loro rivelazione o no.

 

I-      Ma allora quando un avvocato scrivendo a un altro avvocato scrive “questa lettera è da ritenersi confidenziale”, ciò non significa nulla? L’avvocato, che riceve la lettera , può rivelarne il contenuto?

 

A- No, non lo può ; ma tale suo obbligo ha fondamento non nella volontà del mittente la lettera , ma in una precisa norma del codice deontologico.

 

I Ho ben capito che questa è una materia complicatissima piena di “ distinguo” in cui solo voi avvocati che siete abituati a spaccare un capello in quattro vi ci ritrovate. Tiriamo le somme del nostro discorso: mi pare di dover concludere che – secondo   l’opinione dominante dei giuristi – la moglie dell’esempio da me prima fatto non potrebbe produrre in giudizio le lettere scrittile dal marito – almeno la maggior parte di tali lettere , dato che la maggior parte di tali lettere dovrà considerarsi confidenziale.

 

A Anche qui giungi a una conclusione troppo affrettata. Infatti è vero il contrario : anche adottando la interpretazione da me critica dell’articolo 93 a tale conclusione, catastrofica per noi avvocati e per gli amici agenti investigativi , non è necessario giungere : c’è una provvidenza anche per noi. Una Provvidenza che nel caso ha suggerito al legislatore di aggiungere all’articolo 93, un articolo 94 che recita…quel che subito andiamo a vedere solo che la regia faccia apparire il cartellone numero..

Eccolo il cartellone numero …che salva noi avvocati e gli investigatori privati

 


 L. 22 aprile 1941 , n.633. Protezione del diritto d’autore

Art. 94 . Il consenso indicato all’articolo precedente non è necessario quando la conoscenza dello scritto è richiesta ai fini di un giudizio civile o penale o per esigenza di difesa dell’onore o della reputazione personale o familiare”


 

Cartellone. Mentre appare il cartellone avv. legge “ Il consenso indicato nell’articolo precedente – e qui il legislatore si riferisce all’articolo 93 di cui abbiamo or ora peralto – non è necessario quando la conoscenza dello scritto è richiesta ai fini di un giudizio civile o penale o per esigenza di difesa dell’onore o della reputazione personle o familiare”

 

I E’ proprio il caso di dire : tutto è bene quel che finisce bene. Ma allarghiamo un po’ il nostro discorso: quel che finora si è detto, vale anche per la posta elettronica? Perché, non dimentichiamolo, oggi gran parte della corrispondenza si fa tramite computers.

 

Avv. Certamente,si: infatti nel suo ultimo comma l’articolo 616 equipara la corrispondenza informatica o telematica alla corrispondenza epistolare. Rivediamoci quest’ultimo comma dell’articolo 616.

 

Appare il cartellone-


Art 616 Cod. Pen.

“( Violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza ). Chiunque prende cognizione del contenuto di una corrispondenza chiusa, a lui non diretta, ovvero sottrae o distrae, al fine di prenderne o di farne da altri prendere cognizione, una corrispondenza chiusa o aperta, a lui non diretta , ovvero, in tutto o in parte, la distrugge o sopprime, è punito, se il fatto non è preveduto come reato da altra disposizione di legge, con la reclusione fino a un anno o con la multa da euro 30  a euro 516.

Se il colpevole, senza giusta causa, rivela, in tutto o in parte, il contenuto della corrispondenza, è punito, se dal fatto deriva nocumento ed il fatto medesimo non costituisce un più grave reato, con la reclusione fino a tre anni.

Il delitto è punibile a querela della persona offesa.


 

I-Quindi se la nostra sospettosissima moglie, approfittando di una assenza del marito, entra nel suo mail-box e prende cognizione di una e.mail a lui spedita,commette il reato di cui all’articolo 616 ?

 

Avv. Non è detto: bisogna vedere se la posta elettronica del marito era, o no, protetta.

 

 

I- Mettiamoci nel caso più usuale : era protetta nel senso che vi si poteva accedere solo utilizzando una password.

 

Avv. Allora il reato ci sarebbe, perché la e.mail protetta da una password dovrebbe essere considerata posta chiusa e non aperta.

 

In- Ed è rilevante la cosa ?

 

Avv. Certo , perché abbiamo visto che il reato di violazione di corrispondenza epistolare c’è se tu prendi conoscenza di una corrispondenza chiusa, mentre se prendi conoscenza di una corrispondenza aperta il reato non c’è.

 

In- …..E siccome , come abbiamo ora visto, quel che è disposto per la corrispondenza epistolare s’intende disposto anche per quella informatica, prendere visione di una e.mail non protetta , dovendosi essa considerare corrispondenza aperta, non costituisce reato. E nel caso non raro che più persone siano in possesso della password ? Ad esempio, della password sono in possesso sia Caio che sua moglie Caia; oppure della password sono in possesso sia il datore di lavoro Caio che il lavoratori subordinati Tizio e Sempronio.

 

Avv. Ebbene in tal caso la mailbox si considererà non protetta nei riguardi della moglie Caia nel tuo primo esempio, e dei lavoratori subordinati Tizio e Sempronio nel tuo secondo esempio.Ti dirò anche che la nostra Corte Suprema di Cassazione fu chiamata a giudicare sul caso di un datore di lavoro che aveva letta una e.mail spedita a un suo subordinato nel mail box del computer d’ufficio di cui il datore di lavoro possedeva la chiave di accesso.…

 

In. …e che cosa decise la Corte?

 

Avv. Decise che il reato non sussisteva, poiché la corrispondenza doveva considerarsi aperta avendo il datore di lavoro la password necessaria per accedere al mail box.

 

I – Non mi pare, quella della Corte, una sentenza molto rispettosa della privacy.

 

A Non sei l’unico a pensarla così. Però è pur vero che il computer apparteneva all’azienda….

 

I Ragionando a questa maniera si dovrebbe concludere che il datore di lavoro può intercettare le telefonate fatte dal prestatore d’opera nell’orario d’ufficio : forse che il telefono che questi usa non è dell’azienda ? Spero però che fino a tal punto non si sia giunti!

 

A.    E infatti non vi si è giunti : è pacifico che il datore di lavoro o un terzo da lui incaricato – come potrebbe essere un investigatore privato – il quale intercetti la comunicazione fatta da un prestatore d’opera col telefono dell’azienda commette reato. Però mi pare evidente la differenza tra l’intercettazione della telefonata fatta dal dipendente e la lettura delle e.mail spedite e ricevute dal dipendente : nel primo caso c’è un’insidiosità che nel secondo caso manca : insomma il dipendente quando parla al telefono ha tutte le ragioni per pensare che nessun terzo ascolti quel che dice , mentre invece il dipendente che spedisce e riceve e.mail servendosi del computer aziendale ha tutte le ragioni per ritenere che qualcuno prima o poi venga a curiosare nella mailbox.

 

I Quel che a te appare tanto evidente a me non appare evidente affatto. Comunque concedimi che, se si ammette che il datore di lavoro possa accedere nella mail box e controllare la corrispondenza del suo dipendente ( e pertanto controllare da chi ha ricevuto una e.mail e a chi ha spedito una e.mail ) allora per logica si deve ammettere che il datore di lavoro possa lecitamente ricostruire i percorsi di navigazione in internet fatti dal suo dipendente : venendo così a individuare i siti da questo visitati, i forum a cui questo ha partecipato e così via. Tu sai che esistono delle tecniche che permettono di ricostruire i percorsi di navigazione in internet di cui ti sto parlando.

 

A-   Non so in che consistano tali tecniche, ma so che esistono. Quindi anch’io so che il datore di lavoro potrebbe venire a individuare i siti visitati dal suo dipendente . E potrei anche essere d’accordo con te che, una volta che si ammette che il datore di lavoro può entrare in internet per leggere le e.mail dei suoi dipendenti, logica vorrebbe che si ammettesse che il datore di lavoro possa entrare in internet per ricostruire i percorsi di navigazione fatti dai suoi dipendenti .E viceversa se si ammette che il datore di lavoro non possa ricostruire i percorsi di navigazione si deve per logica ammettere che neanche possa leggere le e.mail . Però la mia opinione conta ben poco: quel che conta è che, da una parte, la giurisprudenza, che ti ho citata,ritiene non punibile il datore di lavoro che accede alla mail box del computer aziendale e legge le e.mail dei dipendenti e, dall’altra ,è , se non pacifico, quasi pacifico, che il datore di lavoro che ricostruisce i percorsi di navigazione dei dipendenti è punibile.

I-                  E in base a quale articolo sarebbe punibile : non certo per l’articolo 616 del Codice penale dato che chiaramente così facendo non viene a curiosare nella corrispondenza di nessuno.

A.   Il datore di lavoro che ricostruisce i percorsi di navigazione dei suoi dipendenti in internet si ritiene punibile per il combinato disposto degli articoli 4 e 38 dello statuto dei lavoratori .

I -E non per il codice della privacy?

A - No , il codice della privacy si limita a rinviare negli artt 114 e 171 rispettivamente all’art.4 e all’articolo 38 dello statuto ora citati.

 

. I- Ma che cosa dicono  gli articoli 4 e 38 dello Statuto ?

 

A.   Il primo , cioè l’articolo 4 , vieta i cosiddetti “ controlli a distanza” del lavoratore.

I – Precisamente cosa viene a dire questo articolo ?

A- Quello che ti risulta dalla slide che ora appare
 


L.20 maggio 1970, n. 300


Art.4 –“ ( Impianti audiovisivi ). E’ vietato l’uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori.

Gli impianti e le apparecchiature di controllo che siano richiesti da esigenze organizzative e produttive ovvero dalla sicurezza del lavoro, ma dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, possono essere installati soltanto previo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali, oppure, in mancanza di queste ,con la commissione interna. In difetto di accordo, su istanza del datore di lavoro, provvede l’ispettorato del lavoro, dettando, ove occorra, le modalità per l’uso di tali impianti.


 

 

I-Però non è che il datore di lavoro ricostruisca i percorsi di navigazione dei suoi dipendenti usando impianti audiovisivi o altre apparecchiature : a tal fine si limita semplicemente a usare del computer.

 

A Quel che dici può essere anche giusto. Ma certamente il legislatore all’epoca in cui fu scritto lo Statuto nulla poteva sapere della diffusione dell’uso del computer e delle problematiche che avrebbe creato; quindi saggiamente , anche se stiracchiando un po’ la lettera della legge, si ritiene che dall’articolo 4 siano vietate anche le ricostruzioni dei percorsi in internet di cui stiamo parlando.

 

I-Va bene , accettiamo pure una tale interpretazione estensiva dell’articolo 4, però tale interpretazione porta all’applicazione di sanzioni penali sulla pelle di un datore di lavoro che leggendo l’articolo 4 mai avrebbe potuto pensare di fare qualcosa di illecito ricostruendo i percorsi di navigazione dei dipendenti : almeno sono leggere tali sanzioni ?

 

A -Direi di si, dato che l’articolo 38 punisce la violazione dell’articolo 4 solo con

la pena alternativa dell’ammenda o dell’arresto.

 

I A questo punto   ti faccio una domanda di carattere generale : si può usare il computer altrui senza commettere reato ?

 

Avv. Occorre fare dei distinguo. Se io, aperto il computer, mi limito a scrivere una lettera, così come potrei fare con una macchina da scrivere qualsiasi, oppure anche mi metto a curiosare nella corrispondenza, non ricevuta, ma spedita, tutte cose queste che –mi metto nei casi normali – si possono fare senza usare una password, senza insomma superare una protezione; ebbene in tali casi nessun reato commetto. Infatti un reato c’è solo quando uno si introduce abusivamente “ in un sistema informatico o telematico protetto da misure di sicurezza”. Così recita l’articolo 615ter codice penale che prego la regia di mostrarci.

 

(Cartellone: art. 615ter)
 


Codice Penale

 

Art. 615 ter: “ (Accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico ) . Chiunque abusivamente si introduce in un sistema informatico o telematico protetto da misure di sicurezza ovvero vi si mantiene contro la sua volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo, è punito con la reclusione fino a tre anni.

La pena è della reclusione da uno a cinque anni:

1)     se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio, con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti alla funzione o al servizio, o da chi esercita anche abusivamente la professione di investigatore privato, o con abuso della qualità di operatore del sistema;

2)      se il colpevole per commettere il fatto usa violenza sulle cose o alle persone ovvero se è palesemente armato ;

3)      se dal fatto deriva la distruzione o il danneggiamento del sistema o l’interruzione totale o parziale del suo funzionamento, ovvero la distruzione o il danneggiamento dei dati, delle informazioni o dei programmi in esso contenuti.

Qualora i fatti di cui ai commi primo e secondo riguardino sistemi informatici o telematici di interesse militare o relativi all’ordine pubblico o alla sicurezza pubblica o alla sanità o alla protezione civile o comunque di interesse pubblico, la pena è rispettivamente, della reclusione da uno a cinque anni e da tre a otto anni.


 

In. Quindi se io entro nella mailbox di un computer altrui commetto il reato di cui all’articolo 615ter….

 

Avv. Il reato di “violazione di domicilio informatico” : così viene chiamato, con espressione a dir il vero molto azzeccata e significativa.

 

In Ma oltre che il reato di “violazione di domicilio informatico” di cui all’articolo 615ter commetterò anche il reato di violazione di corrispondenza di cui all’articolo 616.

 

Avv.Non è detto : infatti nella mail box potrebbe mancare della corrispondenza vera e propria e, qualora anche ci fosse , tu potresti anche non leggerla: potresti limitarti a leggere una di quelle tante riviste o uno di quei tanti comunicati che vengono spediti “ a pioggia” dalle case editrici e dagli organizzatori di conferenze, convegni, corsi formativi.

 

In - Ma la e.mail relativa a una rivista non va considerata “corrispondenza” ?

 

Avv.- Io direi di no. Infatti è pacifico che il nostro legislatore penale ha accolto la definizione di corrispondenza che si ritrova nel regolamento postale...

 

In - E come definisce , il regolamento postale, la corrispondenza ?

 

Avv Così : “Si considera corrispondenza epistolare qualsiasi invio chiuso, ad eccezione dei pacchi, e qualsiasi invio aperto che contenga comunicazioni aventi carattere personale e attuale” .Quello che ho ora citato è per la precisione l’articolo 24 del d.P.R. 24.5.1982 n.655 che prego la regia di mostrare.

 

Cartellone articolo 24 d.P.R. 24.5.1982

 

In E da tale articolo 24 risulterebbe che la e,mail relativa a una rivista non costituisce corrispondenza ?

 

Avv. Chiaro che si; dato che alla e.mail relativa a una rivista , per essere considerata corrispondenza, manca il requisito della “personalità”: la rivista, non viene mandata ad personam : chi pubblica la rivista – salvo casi eccezionalissimi -non vuole limitarne la lettura a questa o a quella persona : quante più persone la leggono tanto più l’editore è contento.

 

In E con questo tuo chiarimento penso di poter considerare conclusa la nostra “carellata”, il nostro rapidissimo excursus sulle norme che dobbiamo tenere ben presenti quando vogliamo attingere una notizia dalla corrispondenza .

Ma una notizia può essere attinta, non solo dalla corrispondenza, ma anche da un contratto o da un qualsiasi altro documento. E può trattarsi di una notizia preziosissima per vincere una causa civile o penle. Metti, Tizio piange miseria e dice al giudice della separazione o del divorzio che non può dare alla moglie neanche un centesimo e, invece, da un estratto conto da lui lasciato distrattamente sulla scrivania risulta che ha un conto in banca di centinaia di migliaia di euro. Può la moglie produrre l’estratto conto in giudizio ?

 

 

Avv. Prescindiamo dalla produzione in giudizio che presupporrebbe una sottrazione del documento, quasi sicuramente non punibile, però pur sempre inammissibile. Poniamoci solo la domanda : “ Può la moglie rivelare al giudice il contenuto del estratto conto per ottenere da questo un ordine di esibizione in giudizio del estratto stesso –ordine ovviamente dato dal giudice al marito ?

 

In. Ebbene, che rispondi a tale domanda ?

 

Avv. Rispondo con l’articolo 621. Quest’articolo che si riferisce solo ai documenti che non costituiscono corrispondenza configura come reato la rivelazione del contenuto di un documento solo quando tale contenuto per citare le testuali parole della legge – “debba rimanere segreto”.

 

In - Tale articolo non punisce anche la presa di cognizione del contenuto di un documento, così come abbiamo visto essere per la corrispondenza ?

 

Avv – No, tale articolo punisce solo la rivelazione, e non la presa di conoscenza. E bada bene, anche la rivelazione viene punita solo se non avviene “per giusta causa.

 

In – E per “ giusta causa” penso che si intenderà anche la rivelazione in un processo ai fini di far valere un diritto.

 

Avv. Chiaramente,si. Ma a questo punto diamoci una lettura dell’articolo in questione. Prego la regia di farlo apparire.

 

Cartellone art.621


Codice penale

 

Art. 621 : “ ( Rivelazione del contenuto di documenti segreti ) . Chiunque , essendo venuto abusivamente a cognizione del contenuto, che debba rimanere segreto, di altrui atti o documenti, pubblici o privati , non costituenti corrispondenza, lo rivela, senza giusta causa, ovvero lo impiega a proprio o altrui profitto, è punito, se dal fatto deriva nocumento , con la reclusione fino a tre anni o con la multa da euro 103 a euro 1.032.

Agli effetti della disposizione di cui al primo comma è considerato documento anche qualunque supporto informatico contenente dati, informazioni o programmi.


 

In- . Dunque, dopo la lettura dell’articolo 621 mi pare di poter dire che per l’esistenza del reato di “rivelazione del contenuto di documenti segreti” occorrono i seguenti requisiti:

la cognizione abusiva del contenuto del documento

che tale contenuto debba rimanere segreto ( evidentemente nelle intenzioni di chi ha redatto il documento)

che non si tratti di corrispondenza

che il contenuto sia rivelato o impiegato a proprio o altrui profitto

che non sia rivelato per giusta causa ( mentre evidentemente si dà per scontato che manchi sempre la giusta causa per l’impiego del contenuto a proprio o altrui profitto)

che dalla rivelazione o dall’impiego consegua un nocumento, un danno.

Ora una domanda ovvia dal momento che viviamo nella civiltà dei computers : l’articolo 621 di cui or ora abbiamo presa visione, riguarda anche i files che ho nel mio computer ?

 

Avv. La risposta te la dà il secondo comma dell’articolo 621 che recita . “Agli effetti della disposizione di cui al primo comma è considerato documento anche

qualunque supporto informatico contenente dati, informazioni o programmi”

 

In Dunque un documento informatico viene tutelato contro le rivelazioni abusive del suo contenuto, ma viene tutelato anche contro i comportamenti che mirano a falsificalo?

 

Avv. Qui la risposta te la dà l’articolo 491bis che estende la tutela contro il falso di cui godono i documenti cartacei anche ai documenti informatici

 

In. Vogliamo leggercelo questo articolo 491bis?

 

Avv. Certo : la regia è pregata di mostrare il cartellone..

 

(Cartellone : art. 491bis)


Codice penale
Art. 491 bis : “( Documenti informatici ) Se alcune delle falsità previste dal presente capo riguarda un documento informatico pubblico o privato avente efficacia probatoria, si applicano le disposizioni del capo stesso concernenti rispettivamente gli atti pubblici e le scritture private.”


 

Inn. Quindi i files contenuti nel mio computer sono protetti sia contro le rivelazioni abusive e contro le falsificazioni.

 

Avv. Si, qualora sussistano i requisiti voluti dall’art. 621 e dagli articoli 476 e seguenti codice penale. E soprattutto se i tuoi files possono davvero definirsi un documento.Infatti perché si possa parlare di documento non basta che ci sia una notizia, una dichiarazione supportata da un qualche cosa : foglio di carta, nastro, disco. Occorre che questo qualche cosa che supporta la notizia o la dichiarazione sia destinato a provare e in quanto tale a durare nel tempo.

 

Inn. Ma mi puoi dare un esempio di documento informatico ?

 

Avv. Pensa alla dichiarazione IRPEF che il tuo commercialista manda all’agenzia delle entrate.