Enciclopedia giuridica del praticante

 

Lezioni di procedura civile

Lezione 8 - Il principio di economia processuale - La perpetuatio jurisdictionis

Doc.- L’espletamento dell’attività giurisdizionale costa: voglio dire, costa in tempo e in denari . Allo Stato prima di tutto, che deve pagare: cancellieri, uscieri, giudici...insomma tutte le persone necessarie per “fabbricare” una sentenza (possibilmente giusta) .

E, poi, costa (in giornate di lavoro perse, in spese di viaggio, ecc.ecc.) a consulenti tecnici, a testimoni, alle stesse parti litiganti, a tutti quelli che, volenti o nolenti, nel processo restano coinvolti . Insomma ogni processo, meglio ancora, ogni attività processuale brucia un po’ della ricchezza nazionale . Ecco perché il legislatore tiene sempre presente ed é condizionato nelle sue scelte dall’esigenza di economizzare l’attività processuale .

Disc.- Voi fare un esempio?

Doc.- Ne posso fare più di uno, di esempi ; l’esigenza di economia processuale spiega gli istituti: del litisconsorzio necessario, del simultaneus processus, del divieto di sostituzione processuale – tutti istituti che a suo tempo vedremo ; e spiega anche il principio della perpetuatio jurisdictionis, che, invece, andremo subito ad esaminare.

Disc.- In che consiste questo principio?

Doc.- Te lo dice implicitamente l’articolo 5, che recita: “ La giurisdizione e la competenza si determinano con riguardo alla legge vigente e allo stato di fatto esistente al momento della proposizione della domanda e non hanno rilevanza rispetto ad esse i successivi mutamenti della legge o dello stato medesimo” .

Pertanto, anche se, come vedremo meglio parlando della c.d. competenza territoriale, il legislatore ritiene giusto radicare la competenza nel luogo in cui il convenuto (in giudizio) ha la sua residenza (v. art. 18), se questi (idest, il convenuto), che all’inizio della causa risiedeva a Roma, in corso di causa trasferisce la sua residenza a Napoli, la competenza continua a rimanere radicata a Roma .

Disc.- Il principio della perpetuatio jurisdictionis si applica anche quando, l’elemento modificatosi nel corso del processo, attiene alla competenza per valore e non alla competenza per territorio?

Doc.- Certo, metti che l’oggetto, di cui sia disputata la proprietà, sia un oggetto d’oro il cui valore, il giudice, consultati i mercuriali, aveva (ai sensi e ai fini del capoverso art. 14) valutato pari a cinquemila euro (quindi al limite della competenza del giudice di pace) ; orbene, in corso di causa scoppia una guerra e l’oro raddoppia il suo valore: la competenza rimane sempre radicata nel giudice di pace .

Un esempio interessante di indifferenza della competenza al cambiamento del valore (della causa), te lo dà anche il capoverso dell’articolo 10 (interpretato a contrario sensu) . Tale capoverso, infatti, nella sua ultima parte, stabilisce che, ai fini di determinare il valore di una causa, “ gli interessi scaduti, le spese e i danni anteriori alla proposizione (della domanda) si sommano col capitale” . Da tale disposizione quindi si ricava che, se prima dell’inizio della causa erano già maturati mille euro di interessi e il capitale é cinquemila, il valore della causa va ritenuto pari a seimila (per cui il giudice di pace sarebbe incompetente a giudicare) ; ma si ricava anche (argomentando a contrario sensu) che, se all’inizio della causa il capitale era pari a quattromila e gli interessi eguali a mille (per cui la competenza era del giudice di pace) e, poi, in corso di causa, gli interessi si sono raddoppiati, sono diventati duemila, la competenza per valore non muta (é sempre del giudice di pace anche se il valore della causa é diventato superiore a cinquemila euro).

Disc.- Con ciò hai spiegato in che consiste il principio della perpetuatio jurisdictionis, ma quali sono le ragioni che lo giustificano?

Doc.- Sono essenzialmente due:

La prima é quella di evitare che le parti cambino maliziosamente in corso di causa gli elementi di fatto (su cui si basa la competenza) per sottrarsi al giudice “naturale” (di cui all’articolo 24 Cost.): Rossi é convenuto davanti al tribunale di Napoli perché in tale città ha la sua residenza ; la causa si inizia e va vanti ma, da qualche provvedimento adottato dal tribunale partenopeo, Rossi si accorge che questo é orientato a dargli torto: occorre cambiare di giudice: cosa ci sarebbe di più facile, se non esistesse il principio della perpetuatio jurisdictionis? si cambia la città di residenza (Rossi trasferisce la sua abitazione da Napoli metti a Roma) e con ciò stesso si trasferisce nel luogo della nuova residenza la competenza per il processo . E’ proprio quello che l’articolo 5 non vuole e non permette.

La seconda ragione, la più importante (che giustifica il principio della perpetuatio jurisdictionis) é quella di ridurre al massimo i casi di translatio iudicii riducendo le ipotesi che la possono determinare . Riduzione auspicata dal legislatore per i numerosi inconvenienti che determina la traslazione di un processo da un giudice all’altro, e peggio se da un giudice di una città a quello di un’altra città: il nuovo giudice deve ripetere quello studio della causa che il collega aveva già fatto, le parti (nel caso di spostamento territoriale della causa) possono essere costrette a cercarsi nella nuova sede un nuovo difensore e così via.

Disc.- E, cosa ancora più grave, l’effetto interruttivo della prescrizione (art. 2943 C.C.) con la traslatio iudicii viene annullato e vengono annullate le prove già raccolte.

Doc.- No, quello non si verifica . A impedire che venga eliminato l’effetto interruttivo, provvede il terzo comma dell’articolo 2943 C.C., che recita:

“ L’interruzione si verifica anche se il giudice adito é incompetente” . A impedire, poi, che le prove raccolte cadano nel nulla provvede l’articolo 50, il quale, per il caso di riassunzione della causa entro un dato termine, esclude l’estinzione del processo (quell’estinzione del processo che, quella sì, se non proprio renderebbe tamquam non essent, di certo ridurrebbe l’efficacia delle prove già raccolte – sul punto vedi melius l’art. 310) - e questo recitando: “ Se la riassunzione della causa davanti al giudice dichiarato competente avviene nel termine fissato dall’ordinanza del giudice e in mancanza in quello di tre mesi dalla comunicazione della sentenza di regolamento o della ordinanza che dichiara l’incompetenza del giudice adito, il processo continua davanti al nuovo giudice .– Se la riassunzione non avviene nei termini su indicati il processo si estingue” .

Disc.- Chiarito tutto questo, penso che si possa passare all’esame dell’articolo 10 e, più precisamente, del suo primo comma (dato che il suo seconda comma già é stato da noi esaminato).

Doc.- Più precisamente ancora, prenderemo in esame l’incipit del suo primo comma, il quale afferma: “Il valore della causa, ai fini della competenza, si determina dalla domanda”.

Come primo corollario di tale affermazione, si ha che, per determinare il valore, si deve far riferimento, non al decisum, ma al disputatum: Bianchi domanda al tribunale il riconoscimento di un credito di cinquantamila euro: nella sua sentenza il tribunale gli riconosce solo un credito di cinquemila euro: non é che il tribunale, nel momento stesso che riconosce ciò, deve spogliarsi della competenza a favore del giudice di pace .

Disc.- E invero ciò sarebbe assurdo: sarebbe assurdo che io, legislatore, faccia, prima, la scelta di attribuire la decisione, sulla domanda di Bianchi (“ Il giudice mi riconosca il credito di trentamila ecc.ecc.”), al tribunale, nel timore che la minore capacità professionale del giudice di pace gli impedisca di cogliere l’eventuale errore contenuto in tale domanda (“In realtà Bianchi non ha diritto a trentamila, ma a tremila”) e, poi, proprio quando il tribunale effettivamente rileva l’errore e riduce la domanda, gli impedisca di dirlo in sentenza imponendogli di dichiararsi incompetente e di passare le carte processuali al giudice di pace, così lasciando di nuovo aperta la questione sull’esistenza e la quantità del credito . Il vulnus al principio dell’economia processuale sarebbe veramente grave e inammissibile .

Ciò mi pare chiaro . Altrettanto chiaro, però non mi é se, quando tu parli di domanda, ti riferisci solo alle domande fatte dall’attore nel suo atto introduttivo della causa (nel suo atto di citazione, nel suo ricorso).

Doc.- No, io mi riferisco a ogni domanda – e, bada, a ogni domanda sia di chi (l’attore) ha presa l’iniziativa di fare la causa, sia di chi (il convenuto) é chiamato, più o meno obtorto collo, nella causa (infatti anche il convenuto, come vedremo, può inserire in questa delle domande di giustizia: “ L’attore domanda A e io convenuto domando B”) . Purché, naturalmente, si tratti di domande tempestive e non tardive (di domande, quindi, sulla cui fondatezza il giudice ha il dovere di pronunciarsi).

Disc.-. Ed in effetti é logico che non rilevino, ai fini della competenza, le domande sulla cui fondatezza il giudice non può pronunciarsi ; e infatti che senso avrebbe, metti, che il legislatore costringa il giudice Primus a dichiararsi incompetente (ratione valoris) sulla domanda A (per timore che decidendo commetta un errore) se...il giudice Primus comunque su tale domanda A non può decidere?! che senso avrebbe che il legislatore costringa il giudice Secundus a dichiararsi incompetente (ratione fori, per evitare il disagio che la trattazione della causa presso il giudice Secundus comporta) se...in ogni caso, alla trattazione della causa, il giudice Secundus non può provvedere?!

Però la domanda che io ti voglio porre é un’altra: metti che la parte, in un momento processuale in cui la cosa le é ancora possibile, modifichi nel suo valore la domanda prima proposta e la modifichi in modo da eccedere in più o in meno il valore attribuito alla competenza del giudice adito: prima chiedeva cinquemila e ora chiede cinquantamila oppure, viceversa, prima chiedeva cinquantamila e ora chiede cinquemila: che succede?

Doc.- Se la modifica supera il valore della competenza del giudice adito (prima si chiedeva cinquemila ora si chiede cinquantamila) questi dovrà dichiararsi incompetente e passare le carte al giudice superiore . Non é vero invece il contrario: se al tribunale il Bianchi ha chiesto cinquantamila e poi, in corso di causa, riduce la sua domanda a cinquemila - a un valore, quindi, che la farebbe di per sé rientrare nella competenza del giudice di pace - la causa non passa a questi: lo impedisce proprio quel principio dell’economia processuale che, come abbiamo visto, dà fondamento al principio della perpetuatio iurisdictionis .

Disc.- Altro problemino: nel proporre la sua domanda la parte afferma certi fatti: i fatti, A, B, C . Metti ora che uno o tutti questi fatti, rilevanti per la decisione sul merito, siano anche rilevanti per la decisione sulla competenza: esempio, l’attore chiede la rescissione di una divisione ereditaria sostenendo (al fine di sfuggire al termine di prescrizione dei due anni previsto dall’articolo 763 co.3) che la divisione é stata fatta il 1 marzo 2010 ; e che, proprio in tale data la divisione sia stata fatta, rileva anche ai fini di stabilire la competenza del giudice (dato che la domanda di rescissione della divisione può essere proposta al giudice del luogo dell’aperta successione solo se “proposta entro un biennio dall’apertura della successione” – vedi art. 22 n.2 C.P.C.) . …..

Doc.- ….Scusa se ti interrompo ; ma tu mi stai facendo un caso che esula dalla competenza per valore .

Doc.- Si, però mi pare che la sua soluzione può rilevare, mutatis mutandis, anche per tale tipo di competenza .

Doc.- Va bene, va avanti .

Disc.- Ecco la domanda: il giudice, può decidere sulla competenza indipendentemente dal merito, così, però, inevitabilmente pronunciandosi anche sull’esistenza dei fatti rilevanti anche per il merito? può insomma, per riferirci all’esempio prima fatto, dire “Si, sono competente perché la divisione fu fatta il 1 marzo 2010 – ma mi riservo di decidere sulla intervenuta prescrizione, se del caso cambiando opinione” -?

Doc.- Io lo negherei ; perché così facendo anticiperebbe un giudizio che metterebbe in forse la sua capacità di decidere con imparzialità la questione di merito (nel caso la questione sull’esistenza della prescrizione) -

Disc.- Però nell’articolo 14 co.2 il legislatore prevede la possibilità che il giudice, ai fini della competenza, accerti un fatto rilevante ai fini del merito.

Doc.- Si, però un fatto rilevante sul quantum e non sull’an della domanda .

Disc.-A questo punto, sull’articolo 10 mi pare si sia detto, se non tutto, almeno l’essenziale . Passiamo all’articolo 12 .

Doc.- L’articolo 12 recita: “Il valore delle cause relative all’esistenza, alla validità o alla risoluzione di un rapporto giuridico obbligatorio si determina in base a quella parte del rapporto che é in contestazione” .

Disc.-. La disposizione mi pare più che logica, se si parte, così come si deve, dal presupposto che il legislatore attribuisca la competenza per valore a un giudice in base alla considerazione della gravità del danno, che da un suo errore può derivare: se Bianchi fa valere la compravendita, di un auto da lui pagata ventimila euro, ma solo per ottenere un risarcimento (per vizi in tale auto riscontrati) dell’ammontare di duemila euro, é chiaro che il danno, che può derivare da un errore del giudice, è solo di duemila euro (e non di ventimila euro).

Doc.- Però, bisogna stare attenti di trovarsi davvero di fronte a una talmente chiara non-contestazione (di tutto il rapporto giuridico fatto valere) da escludere un possibile errore del giudice . Io, ad esempio, escluderei l’applicazione dell’articolo 12, non solo nel caso in cui Bianchi chiede diecimila e il convenuto non si costituisce in giudizio né per dire “si” né per dire “no”, ma altresì – e qui so di dire una cosa discutibile – nel caso in cui Bianchi domanda diecimila e il convenuto Rossi ammette di doverne cinquemila (dato che tale ammissione, anche se fosse considerata una prova, sarebbe una prova soggetta a valutazione del giudice e quindi esposta a un suo possibile errore) . In buon sostanza si può parlare di non- contestazione del rapporto fatto valere da una parte, solo nei casi in cui il giudice violerebbe l’articolo 112 (che a suo tempo approfondiremo) qualora, nonostante tale non-contestazione, negasse l’esistenza di tale rapporto .