Enciclopedia giuridica del praticante

 

Lezioni di procedura civile

Lezione 6 - Competenza per valore

Doc.- Gli organi deputati ad amministrare giustizia in primo grado (giudice di pace, tribunale) sono come strumenti capaci di prestazioni qualitativamente diverse . E questo per il fatto che sono formati da magistrati di diversa preparazione, hanno strutture diverse, giudicano con procedure parzialmente diverse . Volendo fare una graduatoria inversamente proporzionale alla probabilità di errori nelle loro sentenze, si dovrebbe mettere, prima, il tribunale e, poi, il giudice di pace.

Non potendo attribuire tutte le pratiche giudiziarie all’organo più capace (il tribunale) - dato che esso non riuscirebbe a smaltire il carico di lavoro così attribuitogli – ed imponendosi una loro distribuzione tra i due diversi organi (il tribunale e il giudice di pace), con quale criterio tu la opereresti, se tu fossi il legislatore?

Disc.- Ovviamente attribuirei le cause, che presentano una più difficile problematica, al giudice più bravo, il tribunale, e quelle, che presentano una problematica meno difficile, al giudice meno bravo, il giudice di pace .

Doc.- Il criterio, da te proposto, é senz’altro logico, ma non é praticamente utilizzabile, dato che a priori é estremamente arduo, se non impossibile, individuare quali cause siano più e quali meno difficili . Dì un’altro criterio .

Disc.- Dovendo adottare un altro criterio, adotterei quello dell’entità del danno, che ricadrebbe sulla parte soccombente in caso di errore ; e di conseguenza affiderei al giudice più bravo le cause la cui erronea decisione causerebbe un danno particolarmente grave .

Doc.- Ed é proprio questo criterio che in buona sostanza adotta il legislatore ; però operandone una correzione o, se vogliamo, una semplificazione .

Disc.- Perché mai una correzione e una semplificazione si rendono necessarie a un criterio, che tu stesso dici essere logicamente perfetto .

Doc.- Perché tale criterio “ logicamente perfetto”, se applicato rigorosamente, diventerebbe in pratica inutilizzabile . E te lo spiego con un esempio . Metti che Tizio domandi la condanna di Caio alla restituzione di diecimila euro – diecimila euro ch’egli pensa di utilizzare poi nell’acquisto di quella tal merce la cui rivendita gli assicurerebbe un’entrata di ben cinquantamila euro . Ebbene, é chiaro che nel caso il danno, in caso di soccombenza, sarebbe dato (non dai diecimila euro, ma) dai cinquantamila euro ; però é anche chiaro che, se l’autorità giudiziaria, solo per determinare la competenza, dovesse sobbarcarsi a indagini così laboriose, come nella fattispecie la ricerca dell’utile ricavabile dalla rivendita della merce (prima acquistata da Tizio), ebbene, sarebbe sopraffatta dal carico di lavoro e non riuscirebbe che a risolvere una piccola parte del contenzioso .

Ecco perché il legislatore adotta, sì, il criterio della gravità del danno, che potrebbe derivare a una parte in causa da un errore nella decisione del giudice, ma, semplificando, fa l’equazione: gravità del danno = valore della res domandata (e che erroneamente dal giudice potrebbe essere negata) . Per cui, se Tizio domanda che Caio sia condannato a dare mille, il valore della causa sarà di mille (reputandosi uguale a mille la perdita di Tizio se il suo credito, pur esistendo, fosse negato, e di Caio, se il suo debito, pur non esistendo, fosse affermato) .

Disc. Però determinare il valore di una causa non é sempre così facile come nell’esempio da te fatto: io penso a una causa di apposizione di termini, penso a una causa relativa a uno status (di figlio legittimo, metti): come si fa ad attribuire un valore a tali cause?

Doc.- L’osservazione é giusta e il problema é effettivo. Però il legislatore dà soluzione a tale problema in due diverse maniere .

Prima di tutto, attribuendo la competenza, non più in base al valore, ma in base alla “materia” (id est, in base al tipo di causa) . E così, leggendo al numero 1 del terzo comma dell’articolo 7, tu vedrai che al giudice di pace viene attribuita la competenza per “le cause relative alla apposizione di termini ed osservanza delle distanze stabilite dalla legge” “ qualunque ne sia il valore” .

Disc.- Vieni alla seconda soluzione adottata dal legislatore (per ovviare alla difficoltà nella determinazione del valore di una causa) .

Doc.- Tale soluzione consiste nell’operare delle semplificazioni (più o meno soddisfacenti!) . Te ne porto di seguito alcuni esempi .

L’articolo 12 nel suo terzo comma dispone: “Il valore delle cause per divisione si determina da quello della massa attiva da dividersi” . E’ una semplificazione: infatti é chiaro che, se tre sono i condividenti (e metti in parti uguali) del bene A, anche se per assurdo il giudice attribuisse questo ad uno solo di loro, il danno di ciascuno degli altri due, non sarebbe dato dal valore di tutto il bene A, ma solo da un terzo di tale valore .

L’articolo 13, nel suo primo comma, dispone: “ Nelle cause per prestazioni alimentari periodiche, se il titolo é controverso, il valore si determina in base all’ammontare delle somme dovute per due anni” . Anche questa é una semplificazione, dato che, invece, é ovvio che il danno per l’alimentando sarebbe maggiore (delle somme dovute per due anni), se maggiore fosse il tempo in cui il suo stato di bisogno durasse e, minore, se minore fosse quel tempo . E mutatis mutandis il discorso va ripetuto per l’alimentante .

L’articolo 14 stabilisce che “ nelle cause relative a somme di denaro o a beni mobili il valore si determina in base alla somma indicata o al valore dichiarato dall’attore” . Nulla da eccepire sull’equazione fatta dal legislatore: somma richiesta = valore della causa . Chiaramente discutibile é invece che il valore di una causa avente ad oggetto un bene mobile corrisponda sempre a quello dichiarato dall’attore (e, se é vero che nel suo secondo comma, l’articolo 14 ammette il convenuto a contestare il valore come dichiarato dall’attore, in tal caso imponendo al giudice di accertarlo, é anche vero che tale accertamento va da questo compiuto “ in base a quello che risulta dagli atti e senza apposita istruzione”, cioè sommariamente – vedi melius l’art. 14 specie per l’ipotesi che il valore non sia dichiarato dall’attore).

L’articolo 15 stabilisce che il valore delle cause relative a beni immobili é determinato moltiplicando il reddito dominicale e la rendita catastale per una certa cifra (diversa a seconda che il diritto fatto valere sia un diritto di proprietà, di usufrutto, di servitù ecc) . Senonché é ben difficile che il valore così determinato corrisponda all’effettivo prezzo di mercato dell’immobile.

L’articolo 17 dispone che il valore delle cause di opposizione all’esecuzione forzata si determina dal credito per cui si procede . Ma non sempre é così (non sempre il danno che il creditore opposto subisce, in caso di accoglimento dell’opposizione, corrisponde all’ammontare del credito fatto esecutivamente valere e non sempre, a tale ammontare, corrisponde il danno che l’opponente subisce in caso di rigetto dell’opposizione) ; ad esempio non é così, quando l’opposizione é fondata su il difetto di un titolo esecutivo che l’opposto potrebbe in seguito procurarsi (in tal caso il danno di questi sarà dato solo dalla perdita di tempo e di denaro necessari per procurarsi il titolo); ancora non é così (e qui guardiamo al problema dal punto di vista dell’opponente) quando il credito é di diecimila e il bene esecutato é di mille.

Disc.- Però anche adottando tali semplificazioni, tali escamotages, ben vi sono delle cause che restano di valore indeterminabile, perché non hanno ad oggetto né una somma di denaro né il diritto su un bene mobile o immobile, ma, metti, l’esistenza di uno status, di un diritto onorifico, il diritto al nome et similia .

Doc.- E il legislatore in effetti si faceva carico del problema che tu ora segnali col secondo comma dell’articolo 9 – secondo comma con cui attribuiva “ ogni causa di valore indeterminabile” al tribunale .

Disc.- Perché dici “ attribuiva” e non “attribuisce”? il secondo comma dell’articolo 9 é stato abrogato?

Doc.- Formalmente no: esiste sempre ; però non esiste più il problema da te segnalato per la semplice ragione che gli organi giudiziari in cui va divisa la competenza per materia e per valore, una volta soppresso l’ufficio del pretore (prima previsto dall’art.8), restano solo il giudice di pace e il tribunale ; e siccome le cause di competenza del primo sono tassativamente indicate (nell’articolo 7), ne risulta che tutte le altre cause (poco importa se di valore indeterminabile o no), sono di competenza del tribunale.

Disc.- Ma tu ti sei diffuso a fare dei bei discorsi sulla ratio della competenza per valore ecc. però non mi hai ancora detto qual’é la competenza del giudice di pace di modo che, sapendo questa, possa anche sapere anche quella del tribunale.

Doc. La competenza per valore del giudice di pace ti risulta dai primi due dei tre commi dell’articolo 7 (mentre il terzo ti dà la competenza del giudice di pace per materia) . Tali due commi recitano: “Il giudice di pace é competente per le cause relative a beni mobili di valore non superiore a cinquemila euro quando dalla legge non sono attribuite alla competenza di altro giudice – Il giudice di pace é altresì competente per le cause di risarcimento del danno prodotto dalla circolazione di veicoli e di natanti purché il valore della controversia non superi ventimila euro”.

Come già ti ho detto la competenza del tribunale viene definita de residuo dal codice e precisamente viene così dal comma uno dell’articolo 9 indicata: “ Il tribunale é competente per tutte le cause che non sono di competenza di altro giudice” .