Enciclopedia giuridica del praticante

 

Lezioni di procedura civile

Lezione 4 - Le spese giudiziali

Doc.- Il signor Bianchi, sentitosi rifiutare dal signor Rossi, quei mille euro che gli aveva dato a mutuo, bussa alla porta del Palazzo di giustizia e lo Stato gli fa avere dal Rossi, bon grè mal grè, i mille euro . Però il signor Bianchi ha dovuto intanto pagare - solo per spese di avvocato, di cancelleria, di notifiche - 300 euro . E’ chiaro che lo Stato non può lasciare sulla sua gobba questa spesa di 300 euro senza perdere di credibilità .

Disc.- Perché perderebbe di credibilità?

Doc.- Ma é chiaro: perché il signor Bianchi, prima di stipulare il contratto di mutuo, si é letto il codice e vi ha visto scritto “ Tu, mutuante, sarai da me, Stato italiano, tutelato nel tuo interesse a riavere indietro i soldi dati a mutuo” ; e solo quando ha visto scritto questo, che lui ha preso (e con ragione!) come una solenne promessa dello Stato, solo allora il nostro signor Bianchi ha sottoscritto il contratto di mutuo . Quindi con ragione ora si aspetta che lo Stato onori la sua promessa.

Disc.- E forse che lo Stato non la onora facendogli riavere i suoi mille euro?!

Doc.- Sì, se i mille euro glieli fa avere “puliti” ; no, se glieli fa avere decurtati dalle spese . Perché allora gli fa avere, non più mille euro, ma settecento euro (1000 – 300 = 700) .

Ciò spiega il disposto del primo periodo co 1 art. 91, che recita: “Il giudice con la sentenza che chiude il processo davanti a lui, condanna la parte soccombente al rimborso delle spese a favore dell’altra parte e ne liquida l’ammontare con gli onorari di difesa”.

Disc.- Ma quid iuris se l’attore, Tizio, ha domandata al giudice la condanna di Caio a 100 e il giudice riconosce fondata solo in parte la domanda (“ Sì, tu, Tizio, hai diritto ad avere dei soldi da Caio, ma non per un ammontare di cento, ma di cinquanta”)? oppure, se Tizio ha proposto le domande A e B, e il giudice accoglie solo la domanda A e rigetta la B, oppure ancora, se Tizio ha proposta la domanda A (la domanda con cui ha rivendicato il fondo Corneliano) e il convenuto Caio ha proposta la domanda B (con cui ha chiesto il rigetto della domanda A e, in subordine, il riconoscimento di un suo diritto di passo sul fondo Corneliano) e il giudice entrambe le ha accolte?

Doc.- In tal caso si applica il secondo comma dell’art. 92, che recita: “Se vi é soccombenza reciproca ovvero nel caso di assoluta novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti, il giudice può compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero”.

Disc. Quindi, se Tizio ha sopportato spese per novanta al fine di far valere la domanda A e Caio per trecento al fine di far valere la domanda B (questo perché, metti, la sua domanda é di triplo valore rispetto a quella di Tizio e gli avvocati, ben si sa,fissano il loro onorario in proporzione al valore della causa in cui difendono), se il giudice non ritiene di condannare ciascuna parte al rimborso delle spese sostenute dall’altra (il che in forza dell’art. 1241 e segg. C.C. si risolverebbe nella parziale compensazione dei due reciproci crediti, di Tizio e di Caio), potrebbe compensare totalmente le spese ; il che però comporterebbe che Caio non si vedrebbe rimborsate le spese sostenute per far valere la sua domanda B – il che mi pare ingiusto: perché mai Caio, se avesse proposto la sua domanda, non in via riconvenzionale, ma autonoma, avrebbe diritto al rimborso totale delle spese e invece solo perché ha, tale domanda, proposta in via riconvenzionale, non se le vede per niente rimborsate?

Doc.- La ingiustizia che tu lamenti il giudice la eviterà compensando parzialmente le spese; il che non si ottiene, come sembri credere tu (e come, lo riconosco, comporterebbe l’applicazione degli articoli del Codice Civile da te citati) con la semplice elisione dei due crediti contrapposti dell’attore e del convenuto, ma con la detrazione da quella che risulta, tra le spese sostenute dalle parti, la maggiore (nell’esempio da te fatto, la spesa di trecento) di una somma, che potrà essere anche minore e ben minore della spesa sostenuta dalla controparte e tanto più minore quanto maggiore fosse stato il costo dell’attività defensionale che Caio (sempre per rifarci all’esempio da te fatto) avesse dovuto spendere per portare alla vittoria la sua domanda (per cui, a voler ragionare con metodo matematico, se la spesa complessiva sostenuta da Caio fosse stata di trecento ma solo cento di queste trecento andassero riferite alla difesa dalla domanda di Tizio mentre duecento fossero state richieste per far valere la domanda B, il giudice da trecento, ammontare complessivo delle spese sostenute da Caio, dovrebbe detrarre solo due terzi delle spese in teoria rimborsabili a Tizio e pertanto dovrebbe condannare questi a pagare 210 (300 – 90 = 210).

Disc. Questo però se i giudici avessero tempo e voglia di mettersi a calcolare quanto di attività defensionale una parte ha speso per difendersi dalla domanda avversa e quanto ne ha speso per far valere la sua domanda . Del che io dubito.

Doc.- D’accordo in pratica la compensazione totale e parziale, dai nostri giudici, si fa....alla carlona.

Disc.- Il secondo comma dell’articolo 92 prevede la compensazione (totale o parziale) delle spese, non solo in caso di “soccombenza reciproca”, ma anche nel caso di “assoluta novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti”. E a me ciò sembra veramente giusto: che colpa ne ha, Caio, se in base alla norma A, molto confusa, sì, ma che sembrava dargli ragione, ha agito o resistito in giudizio?

Doc.- Il tuo ragionamento filerebbe se la condanna alle spese si giustificasse con la colpa del soccombente, ma, come ho detto all’inizio, così non é: la condanna alle spese si giustifica con il dovere, diciamo così, che ha lo Stato di mantenere le promesse fatte ai suoi sudditi: lo Stato ha promesso a Tizio, “ Tranquillo, fai il contratto A in cui Caio si impegna a darti cento e ci penserò io a costringerlo a pagarti tale somma”. A questo punto, poco importa che lo Stato abbia fatto questa promessa con parole confuse e difficilmente intellegibili: se si accerta che la promessa l’ha fatta (che la legge pur confusa va interpretata come se concedesse a Tizio il diritto a cento) deve esattamente mantenerla e obbligare Caio a dare cento e non, cento meno qualche cosa. Se mai, uno Stato serio, dovrebbe sentire il dovere (nel caso che abbia parlato, non con parole chiare, ma con balbettii) di risarcire i danni (alias, di rimborsare a Caio i soldi che ha dovuto pagare, per spese giudiziali, a Tizio).

Disc.- Che dire, se Tizio domanda che Caio sia condannato a centomila, Caio gli fa la proposta, “ Ti dò sessantamila”, Tizio non accetta la proposta e il giudice riconosce Caio debitore solo di sessantamila? Naturalmente mi metto nel caso che la proposta di Caio possa essere considerata “seria” (“Se tu accetti, i sessantamila euro te li dò “sull’unghia”, con assegno circolare”).

Doc.- Occorre vedere se Caio, la proposta, l’ha fatta prima che sia stato notificato l’atto introduttivo del giudizio o dopo. Se la proposta l’ha fatta prima (e lo prova !)siccome Tizio risulterà soccombente nella causa, sarà lui (idest, Tizio) a pagare le spese giudiziali a Caio. Se l’ha fatta dopo l’inizio del processo, andrà applicato il secondo periodo del primo comma art. 91, che recita: “ Se (il giudice) accoglie la domanda in misura non superiore all’eventuale proposta conciliativa, condanna la parte che ha rifiutato senza giustificato motivo la proposta al pagamento delle spese del processo maturate dopo la formulazione della proposta, salvo quanto disposto dal secondo comma dell’art. 92”.

Disc.- Quindi, se Caio, convenuto in giudizio da Tizio, che gli chiede a titolo di risarcimento cento, gli propone “ Ti dò la metà, perché la res danneggiata ha metà del valore che tu le attribuisci” e Tizio rifiuta e pertanto occorre nominare consulenti tecnici, sentire testi ecc. e, alla fine, il giudice sentenzia: “Il danno é solo cinquanta”, ebbene, in tal caso, Caio dovrà, sì, rimborsare a Tizio le spese da lui fatte prima della proposta (spese per l’atto di citazione ecc.), ma, non solo non gli dovrà nulla per le spese a questa posteriori, ma sarà lui ad aver diritto al rimborso delle spese, dopo la proposta, sostenute (spese del consulente ecc.). Ho detto bene?

Doc.- Hai detto benissimo.

Disc.- Sì, ma come si spiega, la riserva fatta in fondo al comma in esame, “ Salvo quanto disposto dal secondo comma dell’art. 92”?

Doc.- Evidentemente, il legislatore, facendo tale riserva, non può aver pensato ai casi di “soccombenza reciproca” - dato che se Tizio ha chiesto cento, Caio ha proposto cinquanta e il giudice ha condannato solo a cinquanta, di soccombenza reciproca non c’é ragione di parlare: il debitore, Caio, é la parte totalmente vittoriosa, e il creditore Tizio, é la parte totalmente soccombente ; evidentemente quindi il legislatore (un legislatore un po’ pasticcione e portato a dire cose superflue) ha pensato ai casi di “assoluta novità della questione trattata o di mutamento della giurisprudenza” di cui parla tale secondo comma dell’art. 92.

Disc.- Tu, parlando di spese processuali, finora ti sei riferito solo agli onorari dell’avvocato, alle spese di cancelleria e per notifiche, ma il signor Bianchi, che é costretto a fare un processo per realizzare il suo buon diritto, non ha dovuto affrontare solo queste spese: egli, per parlare col suo avvocato, si é dovuto spostare dal suo paesello per andare in città e ciò gli é costato tempo e soldi ; egli, per partecipare ad un’udienza, ha dovuto rinunciare ad un lucroso affare e ciò gli é venuto di nuovo a costare dei bei soldini: non sarebbe giusto che il signor Rossi, la parte soccombente, lo risarcisse anche di tali spese?

Doc.- Sarebbe giusto, ma non é possibile . Perché, ammettere questo, ammettere cioé il risarcimento di ogni e qualsiasi tipo di danno derivante dal comportamento del soccombente, finirebbe per ampliare a macchia d’olio la materia del contendere: la causa tra Bianchi e Rossi é iniziata per stabilire se questo deve a quello mille euro, ma, una volta risolta tale questione si verrebbe a porre (se si ammettesse il risarcimento di ogni ecc.ecc.) tutta una molteplicità di questioni di fatto (non facili a risolversi) attinenti al rimborso delle spese processuali (lato sensu intese): é vero che Bianchi, la parte vincitrice . ha speso tot per viaggi? è vero che perse la possibilità di quel lucroso negozio? Questo il nostro legislatore non lo vuole: una causa non deve, come una maligna metastasi, proliferare altre cause. Di conseguenza Egli, nel primo comma dell’articolo 96, riconosce, sì, alla parte vincitrice, il diritto al risarcimento dei danni, ma limitatamente al caso che la parte soccombente abbia agito in giudizio “ con malafede o colpa grave” ; e nel terzo comma sempre dell’articolo 96 dà, sì, al giudice il potere di condannare la parte soccombente (a prescindere da una sua malafede o da una sua colpa grave) a una somma - ma vuole che tale somma sia “equitativamente” determinata.

Più precisamente l’articolo 96 recita: “ Se risulta che la parte soccombente ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, il giudice, su istanza dell’altra parte, la condanna, oltre che alle spese, al risarcimento dei danni che liquida anche d’ufficio nella sentenza (….) In ogni caso, quando pronuncia sulle spese ai sensi dell’articolo 91, il giudice, anche d’ufficio, può altresì condannare la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma equitativamente determinata”.

Disc.- Ma i diritti, al risarcimento, all’indennità equitativa, al rimborso delle spese processuali (stricto sensu intese) possono essere fatti valere dalla parte vincitrice anche in un autonomo processo?

Doc.- No, il legislatore vuole che siano fatti valere nello stesso processo a cui i danni, le spese si riferiscono ; e questo proprio perché vuole evitare che la controversia sulle spese e sui danni diventi una causa nella causa.

Disc.- Il legislatore prevede un comportamento colposo o doloso della parte soccombente. Ma forse che anche la parte vittoriosa non può tenere un comportamento colposo o comunque scorretto?.

Doc.- Certo che lo può; e il legislatore ne tiene conto nel primo comma dell’art. 92, che recita: “ Il giudice, nel pronunciare la condanna di cui all’articolo precedente può escludere la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice, se le ritiene eccessive o superflue; e può, indipendentemente dalla soccombenza, condannare una parte al rimborso delle spese, anche non ripetibili, che, per trasgressione al dovere di cui all’art. 88, essa ha causato all’altra parte”.