Enciclopedia giuridica del praticante

 

Le prove civili

Lezione 3: Il giudice deve decidere iuxta allegata – Il principio di disponibilità delle prove.

Doc.- Vige nel nostro Ordinamento il principio che il giudice deve decidere iuxta allegata. E ciò significa che un giudice non può ritenere provato un fatto A, se tale fatto A non é stato proposto da lui o, più probabilmente , da una delle parti, come factum probandum .

 Disc.- Perché questo ?

Doc.- Questo per evitare che la parte, la quale avrebbe potuto dimostrare la irrilevanza del fatto A ( “ E' inutile provare il fatto A, dato che non é vero, quel che sostiene l'avversario : che cioé faccia presumere il fatto B”) oppure avrebbe potuto dedurre delle prove ( sull'inesistenza del fatto A ), da ciò si astenga, perché non sensibilizzata sulla rilevanza attribuita , al fatto A, nella ricostruzione della vicenda controversa.

 Disc.- Da quali norme risulta il principio in questione ?

Doc.- In primo luogo, dall'art. 115, che recita : “ ( Disponibilità delle prove ) Salvi i casi previsti dalla legge, il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte ( bada , “proposte” e non semplicemente “dedotte” ) dalle parti  e dal pubblico ministero  nonché i fatti non specificatamente contestati dalla parte costituita”.
In secondo luogo dall'articolo 101; e infatti io ritengo che il principio in questione si possa ricavare anche dal secondo comma di tale articolo – secondo comma, che recita:  “Se ritiene di porre a fondamento della decisione una questione rilevata d'ufficio, il giudice riserva la decisione, assegnando alle parti, a pena di nullità, un termine, non inferiore a venti e non superiore a quaranta giorni dalla comunicazione, per il deposito in cancelleria di memorie contenenti osservazioni sulla medesima questione”.

 Disc.- Non é un po' troppo forzata l'argomentazione ?

Doc.- Io direi di no : la norma non distingue tra quaestiones facti quaestiones iurisubi lex non distinguit nec nos distinguere debemus.

 Disc.- C'é però una ( sottile ) differenza tra il ”dedurre il fatto A come factum probandum”  e il porre semplicemente sul tappeto del dibattito processuale la questione “ se il fatto A possa considerarsi un factum probandum”.

Doc.- Questo é giusto ; ma é implicito nel discorso legislativo che il giudice, una volta sentite le parti,  se riterrà di porre come thema probandum il fatto A, lo dovrà dichiarare espressamente.

 Disc.-Se il giudice deve fare oggetto di discussione la questione se il fatto A deve diventare, o no, un thema probandum ; logica vuole che egli debba anche fare oggetto di discussione la questione se dal fatto B (la cui esistenza, metti, é pacifica tra le parti ) possa inferirsi, in via di presunzione, il fatto A ( la cui esistenza naturalmente non é pacifica ).

Doc. Giusto : così vuole la ratio dell'articolo 101.

 Disc. Ma se il giudice ha, diciamo così, l'onere di porre sul tappeto la questione se dal fatto B si può dedurre il fatto A ( così sensibilizzando le parti sulla rilevanza sia di B che di A), anche le parti avranno l'onere di “allegare” i fatti ( sia pur pacifici in causa ) da cui intendono inferire in via di presunzione altri fatti.

Doc.- Giusto : anche questo  a mio parere vuole l'osservanza del principio diallegazione.

 Disc. Ma la parte ha l'onere di allegare anche i fatti che la controparte non contesta ? Faccio un esempio : Tizio dice nel suo atto di citazione che, quella tal apertura che orna la casa di Caio, non é munita di inferriate . Caio nella sua comparsa di risposta non contesta : Tizio ha l'onere di allegare il fatto che l'apertura del vicino é priva di inferriate ?

Doc. Sì, se vuole giovarsi del disposto nell'ultima parte dell'articolo 115 che recita : “(Il giudice deve porre a fondamento della decisione anche ) i fatti non specificatamente contestati dalla parte costituita”. Questo perché la ratio di tale disposizione é che l'inerzia della parte permette di dedurre ( prova ) l'esistenza del fatto.  Ma perché tale deduzione sia veramente logica e fondata occorre che Caio ( per rifarci all'esempio da te introdotto ) sia sensibilizzato sulla rilevanza del fatto ( mancanza di inferriate ) dedotto dalla controparte, da Tizio. Il che può avvenire  appunto  - non con una semplice enunciazione  che esiste il fatto A, inserita metti in una prolissa narrativa – ma con la esplicita deduzione comethema probandum del fatto A.

 Disc. Ma se Tizio ha allegato il fatto A e Caio non l'ha contestato, allora, sì, che il giudice può porlo a base della sua sentenza : vero?

Doc.- Io sarei più preciso : il giudice può porre a base della sua sentenza il fatto A, purché non sia stato specificatamente contestato ( non basterebbe quindi una contestazione generica ) e purché la parte, che non ha contestato , non sia contumace.

 Disc. Ma il giudice può prendere l'iniziativa di assumere una prova ? Tizio dice che l'inferriata c'é, Caio dice che non c'é, ma nessuno si muove, nessuno deduce dei testi : allora ci penso, io ,  giudice, e dispongo che vengano a testimoniare davanti a me il Bacciccia e la Manuela, che mi risultano vicini di Caio.

Doc. No. Il giudice non potrebbe fare questo per il principio di “disponibilità delle prove” ( solo dalle parti ), che risulta dalla prima parte dell'articolo 115. Ricordi cosa diceva ?

 Disc.- Certo che lo ricordo; ma in verità essa non dice che il giudice  deve assumere solo le prove proposte dalle parti o dal pubblico ministero, bensì che “il giudice deve porre a fondamento della sua decisione le prove proposte ecc.ecc.”.

Doc. Ciò é dovuto a un lapsus del legislatore. Del resto sarebbe assurdo che il giudice potesse assumere delle prove anche di sua iniziativa, ma, poi, non le potesse porre a fondamento della sua decisione in quanto non “proposte dalle parti o dal pubblico ministero”.

 Disc. Ma il giudice non può di sua iniziativa assumere la prova di quei fatti ( penso ai fatti determinanti la nullità di un contratto ) che potrebbe “rilevare d'ufficio”?

Doc.- No, non lo può. Certo però egli può sempre sollecitare il p.m. a che eserciti il  potere di intervento nella causa concessogli dall'ultimo comma dell'art.70. E sarà il p.m. intervenuto nella causa a decidere se richiedere o no l'assunzione di questa o quella prova.

 Disc.- Ma una volta che una prova, come che sia, é stata acquisita, il giudice può utilizzarla, anche se non é sta proposta dalle parti ? Metti, il consulente tecnico di ufficio, andato sui luoghi per misurare le distanze, ha anche visto che quella famosa apertura era munita di inferriate e l'ha scritto nella sua relazione ( forse non doveva farlo, perché debordava dalle sue mansioni, ma l'ha fatto ): il giudice può basarsi su quanto scritto dal consulente per ritenere l'apertura munita di inferriate ( e quindi, una luce e non una veduta ) ?

Doc.- Nonostante la lettera della legge, la risposta deve essere positiva : il giudice non può essere costretto a scrivere una sentenza contraddetta dalle prove in suo possesso.

 Disc. Ma qual'é il fondamento del principio in questione ?.

Doc. IL principio in questione é un semplice corollario del principio di economia processuale : il legislatore presume che sia sprecata un'attività diretta all'assunzione di una prova, che, i più diretti interessati ad acquisirla, ritengono destinata a fallire: perché perdere tempo a sentire il Bacciccia e la Manuela, se le stesse parti in causa ritengono che nulla di attendibile uscirà dalle loro bocche ?!